Finanza sostenibile, la via all’economia verde parte da Bruxelles


Articolo
Chiara Toscano
sostenibile

Gli interventi in materia di finanza sostenibile a livello europeo sono al momento di gran lunga i più competitivi e sorprendenti, per importanza e tempestività, nello scenario internazionale. La condivisione di risorse e sinergie è realizzabile con maggiore semplicità all’interno dell’Unione europea, come dimostrato dalle numerose iniziative promosse dalla Commissione.

Proprio a marzo 2018 è stato annunciato un piano d’azione per esaminare una configurazione sostenibile dei flussi finanziari e promuovere gli investimenti sostenibili, così da legittimare l’Unione quale catalizzatore degli investimenti globali nell’economia verde e, al contempo, rafforzare la finanza degli Stati, titolari di particolari interessi economici meritevoli di tutela. In quel caso, è stata fatta la distinzione tra attività economiche sostenibili e non sostenibili. Il gruppo di esperti della Commissione ha pubblicato a giugno 2019 il suo rapporto tecnico per un sistema di classificazione in cui si ricorda il dovere degli investitori di comprovare che l’investimento, appunto, sia orientato a essere sostenibile e se sono stati osservati appositi criteri di sostenibilità.

In occasione delle stesse pubblicazioni, è stato definito l’indirizzo delle linee direttive concernenti le misure da implementare nelle imprese singole per garantire un controllo sull’impatto ambientale e circoscriverlo quanto più possibile. Un provvedimento, questo, che in generale si inserisce nel quadro delle politiche per mitigare il cambiamento climatico.

Ma non è tutto. Il 9 marzo scorso è stato pubblicato il report finale sulla tassonomia Ue delle attività economiche sostenibili. Si tratta di un documento che ha lo scopo di classificare i principali settori economici in base alla loro capacità di mitigare o di adattarsi ai cambiamenti climatici: quelli ambientalmente sostenibili, definiti low carbon, quelli che inquinano ma di cui non si può fare a meno e a cui si chiede di fare il possibile per avvicinarsi a un’economia a emissioni zero, definiti transition, e quelli che sono utili alle prime due categorie e che consentono quindi ad altre attività di avere performance low carbon o di presentare una significativa riduzione delle emissioni. Questi ultimi sono chiamati enabling.

L’accordo di Parlamento europeo, Consiglio e Commissione definisce un quadro generale per gli investimenti verdi. L’elenco delle attività economiche sostenibili sarà valutato sulla base della relazione del gruppo di esperti tecnici sulla finanza sostenibile e sviluppato mediante atti delegati. Sono stati delineati anche gli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici e di una prevenzione e controllo dell’inquinamento, così da favorire la canalizzazione degli investimenti finanziari verso un’economia maggiormente sostenibile, considerare la sostenibilità nelle procedure per la gestione dei rischi e rafforzare la trasparenza e gli investimenti di lungo periodo.

La Commissione europea sostiene la transizione verso un modello di sviluppo economico circolare, a bassa concentrazione di carbonio e improntato all’efficienza energetica. Secondo i dati della Global Sustainable Investment Alliance, all’inizio del 2018 i capitali investiti a livello globale in Sustainable Responsible Investments (SRI) ammontavano a oltre 30.000 miliardi di dollari. La crescita degli investimenti sostenibili e responsabili è stata del 34% in due anni (contro il 25,2% nel biennio precedente). La maggior parte si concentra in Europa, che rappresenta il 46%, seguita dagli Stati Uniti con il 39.

Il concetto di Sustainable Responsible Investments è stato esteso alle istituzioni che regolano i mercati finanziari e ai soggetti pubblici: da un lato è cresciuta la consapevolezza della rilevanza dei fattori Environmental, Social, and Governance (ESG) per la stabilità economica e finanziaria globale, dall’altro i vantaggi dell’SRI attraggono sempre più attori dell’apparato statale. Lo dimostra l’emissione dei cosiddetti green bond, ossia titoli di debito associati al finanziamento di progetti con ricadute positive in termini ambientali.

Il mercato delle obbligazioni verdi è in costante espansione secondo gli ultimi dati pubblicati dalla Climate Bonds Initiative, la principale organizzazione a livello mondiale per la promozione e il monitoraggio del settore. Si pensi che solo nel 2018 ha raggiunto un valore di 167,6 miliardi di dollari. A tal proposito è utile ricordare la direttiva Ue numero 2019/2034 e il regolamento numero 2019/2033, che modificano la direttiva CRD IV e il regolamento CRR sui requisiti patrimoniali. Nella direttiva viene conferito mandato all’European Banking Authority (EBA) di valutare la potenziale inclusione dei rischi ambientali, sociali e di governance nella revisione e nella valutazione delle autorità competenti. Ma pure di elaborare una relazione in merito all’introduzione di criteri tecnici per le esposizioni relative ad attività che sono sostanzialmente associate a obiettivi ESG per il processo di revisione e valutazione prudenziale. Nel regolamento, invece, viene conferito mandato all’EBA di sviluppare i “technical standards” per la “disclosure” dei rischi ESG, dei rischi fisici e dei rischi di transizione da parte delle istituzioni creditizie quotate di grandi dimensioni e di valutare se un trattamento prudenziale dedicato a esposizioni relative ad attività sostanzialmente associate a obiettivi ambientali e sociali sia giustificato.

Tra le iniziative più significative c’è, però, anche l’European Green Deal Investment Plan (EGDIP), considerato estremamente importante per l’attuazione del Green Deal introdotto l’11 dicembre 2019. L’impegno degli Stati membri sarà rivolto alla limitazione dell’aumento del riscaldamento globale per rendere il continente climaticamente neutro entro il 2050. Un obiettivo condiviso da tutti i leader Ue, d’accordo a ricoprire un ruolo guida nella lotta globale contro i cambiamenti climatici.

Sarà allora determinante il ruolo dell’EGDIP, con il quale si mobiliteranno 1.000 miliardi di euro provenienti soprattutto da InvestEU – l’erede del Fondo europeo per gli investimenti strategici del Piano Juncker – dall’European Bank Investment e dal Just Transition Mechanism, per consentire a privati e settore pubblico di effettuare investimenti sostenibili. Si metteranno a disposizione più di 100 miliardi di euro con lo strumento del Just Transition Mechanism, un sostegno mirato alle regioni più colpite dalla transizione verde in maniera da alleviare gli impatti socioeconomici su quei lavoratori e comunità legati alla catena del valore dei combustibili fossili. Si prevedono, inoltre, un fondo da 7,5 miliardi, un regime dedicato nell’ambito di InvestEU da 45 miliardi e un meccanismo di prestito per il settore pubblico in collaborazione con la Banca europea per gli investimenti da 25-30 miliardi.

All’Europa serve la cooperazione degli Stati membri e dei loro cittadini, veri e propri garanti di una acquisita e versatile sensibilità per la costruzione di un ambiente reale, economico e sociale autenticamente sostenibile.

Ufficio stampa e Comunicazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nata a Roma nel 1992, Giulia Palocci si è laureata con il voto di 110 e lode in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’università Luiss Guido Carli con una tesi sul contrasto al finanziamento del terrorismo nei Paesi del Sud-est asiatico.

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