Materie prime critiche, ecco la proposta dell’Europa per evitare la dipendenza dall’estero


Articolo
Romolo Tokong

La Commissione europea il 16 marzo scorso, con il The Critical Raw Materials Act, ha proposto una serie di azioni per provare ad attenuare il problema costituito dalle materie prime critiche, ovvero quei materiali di notevole importanza economica caratterizzati da un alto rischio di fornitura, che possono destabilizzare alcuni mercati di beni considerati strategici e appartenenti ad un ampio spettro di industrie come quella digitale, energetica, aerospaziale e della difesa. Gran parte di questi materiali sono prodotti all’estero e spesso in paesi caratterizzati da elevato rischio politico, fattore che ne rende ancora più incerto l’approvvigionamento. Ad inasprire questa situazione ci sono gli ingenti tassi di dipendenza alle importazioni e le macroscopiche proiezioni di domanda futura che riguardano questi materiali. Secondo uno studio di Cassa Depositi e Prestiti, l’Europa evidenzia un affidamento alle importazioni di materie prime critiche che va oltre l’80% e la Commissione europea stima che al 2050 la domanda annua di litio potrebbe aumentare di 56 volte rispetto ai livelli attuali, quella del cobalto di 15, mentre la domanda di terre rare sarà 10 volte maggiore. Con questa proposta la Commissione manifesta l’intento di voler creare le condizioni per alleviare tutti i possibili shock macroeconomici sul lato dell’offerta e garantire la stabilità del commercio nei mercati coinvolti.

I PUNTI SALIENTI DELLA NUOVA PROPOSTA EUROPEA

L’iniziativa è composta da un regolamento e una comunicazione in cui la Commissione europea tenta di concretizzare alcuni aspetti della dichiarazione di Versailles adottata dal Consiglio europeo nel marzo scorso, dove era emerso il ruolo strategico che giocano le materie prime critiche nel costruire una base economica europea più solida e adatta alla transizione verde e digitale. L’obiettivo che sta al cuore della proposta è quello di garantire l’approvvigionamento sicuro e sostenibile di questi materiali. Per stilare la lista di azioni da intraprendere, la Commissione si è avvalsa dell’analisi realizzata dal Centro comune di ricerca (JRC). A seguire si possono trovare i principali passi da percorrere entro il 2030:

  1. Almeno il 10% del consumo europeo annuale di materie prime strategiche deve essere estratto in Europa.
  2. Almeno il 40% di questo consumo annuale deve essere raffinato in Europa.
  3. Almeno il 15% del consumo europeo annuale deve essere riciclato.
  4. Non più del 65% del consumo europeo annuale di ciascuna materia prima critica, in qualsiasi fase della lavorazione, deve provenire da un unico paese terzo.

Questi sono i parametri di riferimento che dovrebbero spronare e rafforzare la capacità di produzione di ogni stato membro o stimolare la diversificazione dell’approvvigionamento di questi materiali. Per giunta, la Commissione enuncia anche una serie di iniziative di contorno che servono a sostenere il raggiungimento di questi benchmark:

  • Con la finalità di favorire una maggiore produzione interna, la Commissione intende ridurre gli oneri amministrativi, e quindi, semplificare le procedure di autorizzazione per i progetti concernenti queste materie (24 mesi per i permessi di estrazione e 12 mesi per quelli di lavorazione). Questi progetti, se soddisfano una serie di requisiti, possono beneficiare dell’accesso a finanziamenti che possono agevolare l’esecuzione dell’opera.
  • Per la prevenzione di una eventuale discontinuità della fornitura di questi materiali, la Commissione prevede di attuare un monitoraggio costante delle dinamiche nelle catene di valore e di promuovere un coordinamento tra gli stati membri delle scorte di materie prime critiche.
  • La proposta potenzia anche il lato ricerca e innovazione per lo sviluppo di nuove tecnologie tramite la formazione di una nuova forza lavoro competente specificatamente nelle materie prime critiche. L’istituzione di un partenariato in larga scala sulle competenze e di una Accademia aiuteranno a raggiungere questo obiettivo.
  • Sempre in ottica di stabile approvvigionamento, la Commissione incoraggia di migliorare la circolarità e la sostenibilità di questi materiali tramite il perfezionamento della raccolta di rifiuti ricchi di materie prime critiche e il loro recupero.

IL CONTESTO

Ci sono una serie di target politici e ambientali che hanno reso sempre più importante la disponibilità di questi materiali e hanno spinto l’Europa a reagire prontamente.

Innanzitutto, la transizione energetica. Sono due gli obiettivi da conseguire: acquisire maggiore indipendenza dai combustibili fossili russi e promuovere la produzione di una energia che deve essere pulita e nel rispetto dell’ambiente. Questi due obiettivi si possono raggiungere tramite tre azioni che l’Unione Europea delinea nel REPowerEU: efficienza energetica, accelerazione della diffusione di energia verde e diversificazione delle forniture energetiche. Attualmente, gli stati europei si stanno muovendo per aumentare la quota di fonti rinnovabili, in particolare focalizzando gli sforzi per incrementare l’energia fotovoltaica ed eolica nel mix energetico. Le turbine eoliche e le celle fotovoltaiche sono quei beni strategici che richiedono materie prime critiche come le terre rare o il germanio per la loro fabbricazione.

A ciò si aggiunge la decarbonizzazione del settore dei trasporti e il contributo che il settore automobilistico deve fornire per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, e quindi facilitare il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, impegno giuridicamente vincolante in Europa. Per fare un esempio, la strategia italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni di gas serra propone una maggiore elettrificazione del consumo energetico nel settore dei trasporti, da coniugare con una massiccia diffusione di fonti energetiche pulite. Oltre ad aumentare la generazione di elettricità proveniente da fonti rinnovabili e rendere più robusta l’infrastruttura della rete elettrica, il parco circolante dovrà subire un cambiamento essenzialmente qualitativo in termini di alimentazione, il che significa avere un maggiore quota di auto elettriche o ibride. Essendo beni durevoli, il processo di rinnovamento sarà lungo ma rimane comunque lecito pensare a un aumento di domanda di mezzi a trazione elettrica e quindi di batterie che richiedono essenzialmente la presenza di materie prime critiche fondamentali come litio e cobalto.

Infine, la trasformazione digitale tanto ambita dall’Unione europea promuove la diffusione di dispositivi elettronici e la necessità di avere un’infrastruttura di rete che possa sostenere non solo lo sviluppo di internet, ma possa costituire anche la base per favorire la crescita dei nuovi prorompenti ecosistemi come l’intelligenza artificiale, internet of things e industria 4.0, aspetti che richiederanno alla base l’ausilio di materie prime critiche.

CONCLUSIONI

Il conflitto russo-ucraino ha fatto conoscere ai cittadini europei l’estrema fragilità del sistema energetico e l’elevata dipendenza alle importazioni energetiche russe. La reazione europea è stata di accelerare verso una maggiore autonomia energetica che, tuttavia, ha fatto emergere un altro serio problema, l’enorme dipendenza dalle importazioni estere per il rifornimento di materie prime critiche, essenziali per trainare la transizione energetica. La proposta, nel complesso, mira ad alleviare questa situazione tentando di rendere sempre più europea la filiera produttiva che realizza la materia prima strategica finale. Questo significa aumentare le estrazioni in Europa e concentrarvi gran parte della raffinazione. Tuttavia, tenendo conto che l’Europa occupa molto spesso una posizione marginale nelle varie fasi delle catena di valore che riguardano questi materiali, la sfida si presenta più ardua del previsto. Il caso recente delle terre rare è lampante: il Vecchio continente possiede pochi giacimenti di terre rare e ha pochi centri di raffinazione, fattori che giustificano l’elevato tasso di dipendenza alle importazioni che si aggira intorno al 100%, gran parte di provenienza cinese. In casi limite come questi, sarà difficile raggiungere i parametri suggeriti dalla Commissione. Ad ogni modo, l’Europa non potrà mai essere completamente indipendente dai paesi terzi, e questo per una ragione strettamente connessa alla morfologia del suolo che può essere povero o completamente privo dei materiali in questione. Fondamentale, invece, è la semplificazione burocratica che la Commissione propone per i progetti di estrazione. Infatti, ridurre i tempi di autorizzazione per l’avvio all’estrazione in seguito alla scoperta assodata di un giacimento può non vanificare gli enormi sforzi realizzati dall’esplorazione mineraria e può contribuire ad assecondare le incalzanti esigenze del mercato. Per fare un esempio, la recente scoperta del più grande giacimento europeo di terre rare in Svezia rischia di essere inutile in un contesto in cui la twin transition deve proseguire a ritmo spedito, a causa dei lunghi tempi di attesa per l’ottenimento di autorizzazioni, circa 10-15 anni secondo quanto afferma la stessa società che ha fatto la scoperta. Congegnare un modo per accorciare i tempi morti che separano il giacimento dall’inizio della estrazione, che con la nuova proposta della Commissione può ridursi ad un minimo di due anni nel migliore dei casi, potrebbe essere di grande aiuto per evitare momenti di stallo. Ciò detto, la proposta deve ancora essere discussa e approvata in Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea.

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