Payback ospedaliera: il difficile connubio tra innovazione e sostenibilità

Mentre le aziende attendono una nuova convocazione del tavolo sulla farmaceutica, auspicata a fine settembre dallo stesso Ministro della Salute Beatrice Lorenzin,  il maxi-emendamento alla Legge di Stabilità approvato il 26 novembre dalla Commissione Bilancio del Senato, ha stabilizzato il meccanismo del payback, a decorrere dal Gennaio 2014.  Le Aziende farmaceutiche continueranno quindi a condividere con le Regioni il ripiano del 50% dello sfondamento di tetto della spesa farmaceutica ospedaliera, versandolo alle stesse Regioni e alle Province autonome,  come stabilito dall’art. 15 della Legge 135/2012.

La stessa Spending Review aveva contestualmente innalzato la quota di finanziamento del FSN destinato alla farmaceutica ospedaliera  dal 2,4% al 3,5%, ma questo provvedimento non sembra sufficiente a dissipare dubbi sulla bontà di una strategia orientata solo alla riduzione del budget, tanto più vista la palese inadeguatezza del tetto di spesa rispetto alla spesa storica e al fabbisogno dei pazienti. La spesa farmaceutica ospedaliera  sembra essere bersaglio privilegiato nelle strategie di riduzione del budget della spesa sanitaria adottate sino almeno al 2012.

Solo sulla base del budget provvisorio della spesa ospedaliera diffuso lo scorso settembre da AIFA, risultava nell’anno in corso un superamento del tetto di 800 milioni di euro, e Farmindustria ha stimato che a causa del payback alcune aziende saranno costrette nei prossimi anni a ripianare tra i 40 e i 60 milioni di euro.  A ben vedere sembra una regolazione che si basa su un meccanismo artificioso e soprattutto penalizzante per le aziende, in una fase congiunturale estremamente complessa,  evidenziata da un calo dell’occupazione e degli studi clinici e – per la prima volta nel 2012 – da un calo degli investimenti.

Inoltre il meccanismo di controllo budget company annuale contribuisce a disincentivare gli investimenti proprio sui farmaci innovativi, e non agevola il lancio di terapie innovative nel nostro Paese. Eppure non sembra che vi sia un’inversione di tendenza nelle strategie di governance della spesa ospedaliera. A questo proposito AIFA ha espresso più volte una posizione, anche nelle recenti audizioni svolte presso la Camera dei Deputati nell’ambito delle indagini conoscitive sulla sostenibilità del Ssn. Puntare sulla genericazione e sulla promozione del farmaco biologico, per sostituirlo gradualmente a quello branded, al fine di produrre una contrazione della spesa ospedaliera simile a quella evidenziata per la componente territoriale.

Le aziende sono anche sollecitate a immettere nuovi prodotti che siano in grado di creare impatti positivi sull’outcome sanitario, in termini di efficacia terapeutica, soprattutto per le spesa destinata alle patologie più costose. Questo risultato tuttavia è condizionato a sistemi di valutazione più avanzati che siano mirati a verificare l’impatto complessivo dell’utilizzo di una nuova terapia o di un singolo farmaco. Sembra tuttavia prioritario comprendere l’oggettiva difficoltà – stante gli attuali meccanismi di governance della spesa ospedaliera – di procedere verso un rilancio degli investimenti e la promozione di un’innovazione reale e accessibile, come auspicato non solo dalle aziende e dai cittadini, ma anche dagli stessi decisori politici e dalle autorità regolatorie.

Lo dimostra anche la situazione critica dei tempi medi di pagamento dei debiti maturati da ASL e Aziende Ospedaliere nei confronti delle aziende farmaceutiche. Nel solo primo trimestre del 2013, la media registrata è stata di 222 giorni, a fronte del termine massimo di 60 giorni previsto dalla Direttiva 2011/Ue recepita lo scorso anno. Per questo i rappresentati delle aziende del farmaco chiedono di valutare un sistema di compensazione tra posizioni debitorie e creditorie tra industria e Pubblica Amministrazione. Una soluzione che potrebbe dare respiro al comparto e creare un nuovo clima di fiducia e collaborazione.

 

 

Coordinatore Scientifico Area Innovazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Economia e Gestione delle Aziende Sanitarie dell’Università Cattolica, e un MA in European Economic Studies al College of Europe di Bruges.

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