I troppi casi di porte girevoli nel reportage di Avvenire

Durante la settimana appena conclusa Avvenire ha pubblicato un lungo reportage sul lobbying in Italia e, a seguire, una serie di interviste a rappresentanti del mondo politico e accademico. Il reportage, a firma di Giovanni Grasso, si può leggere qui; mentre qui sono disponibili le interviste a Mario Catania, Enzo Iacopino e Paolo Fontanelli.

Tra i focus affrontati dall’autore a margine dell’articolo principale ce n’è uno sulle “porte girevoli” in Italia. Ecco il testo:

​Il fenomeno delle “porte girevoli” (sliding doors) è ben conosciuto negli Usa e anche in Francia dove lo chiamano pantouflage. In sostanza si tratta di un passaggio rapidissimo (e molte volte sospetto) tra una onorata carriera di alto livello nelle istituzioni o nella pubblica amministrazione e i vertici di aziende e società nello stesso settore nel quale si operava. I casi in Italia non mancano: capi di Stato maggiore o generali a quattro stelle appena pensionati che sono finiti a lavorare per industrie di armamenti; ex ambasciatori che svolgono compiti di relazioni istituzionali per multinazionali; persino parlamentari che, non più rieletti, si dedicano a tempo pieno all’attività di lobbying tra gli ex colleghi di Camera e Senato, sfruttando anche il libero accesso ai palazzi di cui gli ex onorevoli godono. Si tratta, in sostanza, di un conflitto di interessi che continua anche dopo aver lasciato il settore pubblico.

Gianluca Sgueo, giovane giurista, autore tra l’altro di Lobbying & lobbismi. Le regole del gioco in una democrazia reale (Egea, 2012), spiega: «Inserire delle regole per regolamentare e limitare il fenomeno delle sliding doors dovrebbe essere uno dei capisaldi di una legge che intenda occuparsi seriamente della disciplina dell’attività di lobbying». Spiega ancora Sgueo: «Il primo obiettivo è quello di impedire che eventuali conflitti di interesse distorcano la concorrenza tra imprese nel momento in cui l’ex titolare di incarico pubblico si avvale del proprio bagaglio di conoscenze e informazioni (talora riservate) per il beneficio dell’azienda per cui lavora.

Il secondo risponde alla necessità di evitare il rischio che la fuga di cervelli dal pubblico al privato possa influire sull’efficienza delle amministrazioni, che si vedrebbero private di figure chiave senza la possibilità di trovare sostituzioni adeguate in tempi brevi. Certo, introdurre dei divieti totali, previsti in alcuni ordinamenti pe i vertici statali, rischia di limitare il diritto alla mobilità del lavoro. In molti Stati, come l’America o la Francia, sono stati introdotti dei periodi cosiddetti di raffreddamento, uno stop alla possibilità di assumere incarichi privati, che possono andare da sei mesi a due anni. In altri casi si è previsto una sorta di registro in cui vengono pubblicate tutte le informazioni riguardanti i possibili e pregressi conflitti di interesse».

Direttore Area Istituzioni dell'Istituto per la Competitività (I-Com). E’ Professore in “Media, Activism & Democracy” presso la New York University – Florence, e Professore in “Global Advocacy” presso la Vrije Universiteit di Brussels.

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