Come di consueto, è stata pubblicata, la scorsa settimana, l’edizione 2016 del Rapporto Noi Italia di Istat, che scatta una fotografia del nostro Paese sotto i profili più rilevanti della nostra società.
Il quadro energetico che ne emerge rivela, ancora una volta, la dipendenza del nostro Paese dai mercati energetici esteri: se i consumi hanno continuato nel 2014 a diminuire (-3% rispetto al 2013), ancora maggiore è la contrazione della produzione di energia elettrica, che si attesta sui 4.600 KWh per abitante (-4,4%). Stessa dinamica negativa se si analizza l’ultimo decennio: i consumi, dopo una ripresa tra il 2009 ed il 2011, hanno ricominciato a calare, registrando una riduzione del 9% circa rispetto a 10 anni prima; con un andamento sostanzialmente speculare, anche (ed ancor di più) la produzione – sempre un passo indietro rispetto ai consumi, almeno nell’ultimo quinquennio – ha subito un netto calo nel decennio, con una variazione percentuale del 12,5% rispetto al 2004.
Mantiene una dinamica positiva, invece, il contributo delle fonti rinnovabili ai consumi interni: di questi ultimi, infatti, è stato oltre il 37%, nel 2014, a derivare da fonti alternative, un dato superiore rispetto al 2013 (+3,7 p.p.) e più che doppio rispetto al 15,5% di dieci anni prima.
Sebbene ancora piuttosto lontana da Paesi quali Austria e Svezia – dove l’incidenza dell’energia rinnovabile sui consumi complessivi supera il 60%[1] – il posizionamento al di sopra della media europea e l’andamento fortemente crescente degli ultimi tempi restano un segnale positivo e benaugurante.
In particolare, sono le regioni del Nord-Est e del Mezzogiorno a contribuire positivamente, registrando percentuali superiori alla media nazionale. Al di là di Valle d’Aosta e Trentino – che producono con fonti rinnovabili, rispettivamente, oltre il triplo e oltre il doppio di quanto consumino – sono Molise (91%) e Calabria (81%) le regioni più attive in questo senso. Fanalini di coda, nella classifica regionale, Liguria e Lazio, con solo il 10% e 15%, rispettivamente, di energia consumata proveniente da fonti alternative.
Resta deludente, tuttavia, l’incapacità dell’Italia a migliorare sul piano dell’attrazione degli investimenti nel settore: il nuovo indice RECAI (Renewable Energy Country Attractiveness Index) elaborato periodicamente da Ernst&Young – ed aggiornato, per il momento, allo scorso settembre – testimonia, nel giro di soli 6 mesi, la discesa, per l’Italia, di un ulteriore gradino nella classifica internazionale, nonostante un punteggio invariato. Sembrerebbe, dunque, che altri Paesi fanno passi in avanti, mentre l’Italia fa fatica ad avanzare.
[1] Il dato per gli altri Paesi è aggiornato al 2013.