La diffusione di microrganismi resistenti agli antibiotici sta divenendo oggetto di numerose campagne informative: ormai non è raro sentir parlare dei pericoli dovuti all’utilizzo scorretto di questi medicinali da parte dei cittadini o di quelli dovuti ad una scarsa igiene all’interno delle strutture ospedaliere. Risulta invece più probabile che non tutti, nel nostro Paese, conoscano i rischi dovuti all’utilizzo di alimenti contenenti questo tipo di batteri: secondo una recente indagine condotta da Altroconsumo (settembre 2016) su 40 petti di pollo acquistati a Roma e Milano, il 63% del campione presentava il batterio Escherichia Coli antibiotico-resistente (vedi immagine, fonte: Altroconsumo)[1]. L’indagine ha infatti previsto la ricerca di E. Coli portatori di tre specifici meccanismi di resistenza e ben 25 petti di pollo sono risultati positivi, mostrando batteri resistenti a cefepima, cefoxitina, ceftazidima e cefotaxima, antibiotici usati per la cura di infezioni alle vie urinarie e respiratorie anche nell’uomo. Come evidenziato nell’inchiesta, l’E. Coli appartiene alla normale flora batterica di animali e persone, non risultando dunque pericoloso per la salute umana, il vero problema si presenta se il batterio risulta antibiotico-resistente, in quanto, una volta giunto nell’intestino umano, può trasferire l’antibiotico-resistenza ad altri batteri. L’indagine di Altroconsumo evidenzia inoltre che non è stata riscontrata la presenza di microrganismi resistenti ai Carbapenemi, antibiotici usati nella cura di infezioni gravi. La ricerca ha inoltre previsto il controllo della presenza di residui di antibiotici nella carne: il pollo italiano è risultato negativo, fatto che non indica il mancato utilizzo di questi medicinali negli allevamenti, ma che i tempi previsti dalla legge tra la sospensione del medicinale e la macellazione degli animali, i quali hanno avuto modo di metabolizzare bene e smaltire il farmaco, sono stati rispettati. Infine ricordiamo che solo in quattro casi su quaranta sono stati riscontrati problemi di igiene: in un mercato di Milano è stato trovato un petto di pollo con quantità troppo elevate di E. Coli, mentre tre campioni provenienti da Roma sono risultati positivi alla Salmonella, costituendo in questo caso un problema più serio, visti i sintomi (soprattutto gastrointestinali) che il batterio può causare nell’uomo. Vista la facilità con cui il cibo può contaminarsi a causa della macellazione, del trasporto, della temperatura di conservazione e dei tempi di giacenza nello scaffale, si può affermare che il risultato positivo di 4 su 40 campioni risulta quindi abbastanza buono.
Secondo quanto riportato da A. Sorice, Presidente della SIMEVEP (Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva), l’EMA avrebbe registrato una diminuzione dell’utilizzo di questi medicinali negli allevamenti del 29% dal 2010 al 2013, ma non esisterebbero dati ufficiali di consumo distinti per specie. La somministrazione del farmaco al singolo animale o al singolo gruppo parrebbe inoltre difficile da effettuare negli allevamenti: può infatti succedere che, soprattutto negli allevamenti intensivi, spesso non sia facile separare fisicamente i gruppi a cui vengono somministrati mangimi e acqua contenenti i medicinali, dagli animali sani, che si trovano così ad abbeverarsi o mangiare dalle stesse fonti dei primi. Ricordiamo inoltre che i batteri resistenti presenti negli escrementi degli animali possono andare a finire nel terreno e quindi nei concimi e nell’acqua usati per coltivare frutta e verdura, e che gli stessi allevatori possono essere contagiati, divenendo in grado di trasmettere a propria volta i batteri resistenti attraverso i contatti umani.
Maggiori investimenti in termini di controlli dei Servizi Veterinari delle ASL, l’arrivo di strumenti che consentano di tracciare i farmaci e l’introduzione di regole più stringenti potrebbero consentire di migliorare la situazione attuale. Il singolo cittadino, d’altra parte, può ad oggi facilmente difendersi ricordandosi non solo di assumere bene gli antibiotici, ma anche di cuocere bene la carne (per eliminare i batteri eventualmente presenti), lavarsi bene le mani (prima e dopo aver toccato il cibo crudo), lavare bene stoviglie e ripiani che sono stati a contatto col cibo crudo e separare bene i prodotti crudi da quelli cotti (per evitare ulteriori contaminazioni).
[1] S. Villa, “Superbatteri nel pollo, In gran parte della carne analizzata ci sono microrganismi resistenti agli antibiotici, farmaci troppo usati negli allevamenti. Il rischio è che diventino inefficaci per l’uomo”, Altroconsumo, settembre 2016