Ocse: italiani obesi, ma non troppo!

OBESITA-MONDOL’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), ha recentemente pubblicato il rapporto Obesity update 2017, con l’obiettivo di dare un aggiornamento sulla situazione dell’obesità nei Paesi Ocse e a livello mondiale e di fornire delle proiezioni al 2030 di come questa “epidemia globale” – così la definisce l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – evolverà.

Oggi, più di un adulto su due e quasi uno su sei bambini sono in sovrappeso o obesi. Negli ultimi cinque anni l’obesità si è diffusa ulteriormente – anche se a un ritmo più lento rispetto agli anni passati – e le proiezioni mostrano che è destinata ad aumentare ancora in tutti i Paesi analizzati.

Stati Uniti, Messico, Nuova Zelanda e Ungheria sono i paesi in cui si registrano tassi di obesità adulta più alti, mentre in Giappone e in Corea la percentuale di popolazione obesa è inferiore rispetto al resto dell’area Ocse. Anche l’Italia è tra i paesi più virtuosi secondo quanto riportato dall’Ocse, relativamente al 2015.

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Nell’ultimo decennio, il tasso di obesità della popolazione italiana al di sopra dei 15 anni d’età si è stabilizzato, ma da qui al 2030 potrebbe salire dal 9,8%, registrato nel 2015, al 13%. In verità, i tassi di obesità sono destinati ad aumentare ulteriormente in gran parte dei Paesi Ocse e in misura maggiore rispetto a quanto accadrà nel nostro Paese. Si prevedono, infatti, particolari incrementi negli Stati Uniti, Messico e Inghilterra, dove il 47%, il 39% e il 35% della popolazione potrebbe essere obesa nel 2030. L’obesità, inoltre, aumenterà ad un ritmo più incalzante nei Paesi in cui è stata storicamente bassa, ossia in Corea e in Svizzera.

Il rapporto evidenzia come l’obesità sia diffusa maggiormente tra le persone meno istruite e tra le donne – quest’ultimo non è il caso dell’Italia, in cui sono di più gli uomini obesi rispetto alle donne – e abbia una notevole rilevanza dal punto di vista sociale. Infatti, le persone obese hanno prospettive di lavoro minori se confrontate con le persone di peso normale. Inoltre, sono meno produttive a causa del maggior numero di giorni di malattia e del minor numero di ore lavorate e guadagnano circa il 10% in meno rispetto alle persone non obese.

Secondo l’Ocse è necessario mettere in atto politiche di comunicazione finalizzate ad aiutare le persone a fare scelte alimentari più sane e politiche regolamentari e fiscali più ampie, per affrontare efficacemente l’obesità.

Per quanto riguarda le misure fiscali in particolare, è stata implementata negli ultimi anni in un numero di paesi Ocse la cosiddetta “fat tax”, con l’obiettivo di scoraggiare il consumo di prodotti potenzialmente malsani come quelli ad alto contenuto di sale, zucchero o grasso, o delle bevande zuccherine. Questa misura però non sembra avere successo soprattutto per le ricadute, per nulla trascurabili, sul comparto alimentare.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Economia presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con una tesi in Finanza Aziendale Internazionale. Successivamente ha conseguito un master di II livello in “Concorrenza, economia della regolamentazione e della valutazione”, presso la medesima università.

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