L’IMPRESA DELL’IA. Come le PMI italiane possono diventare più competitive grazie all’intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale (IA), da quella predittiva e generativa, all’apprendimento automatico e l’elaborazione del linguaggio naturale, può essere considerata la tecnologia abilitante più rilevante dei nostri tempi, elemento imprescindibile nell’evoluzione e nei progressi della produttività e competitività delle imprese. Grazie alla capacità di autoapprendimento, adattamento e miglioramento continuo degli algoritmi, i processi produttivi e di business stanno subendo una rivoluzione senza precedenti, diventando più affidabili e tracciabili. Vista la portata di questa trasformazione, è fondamentale per la competitività del sistema produttivo italiano studiare e comprendere come procede la diffusione dell’IA nelle nostre imprese, in particolare nelle PMI che rappresentano la spina dorsale del tessuto economico italiano.

  • Il sistema produttivo italiano sta compiendo passi in avanti nell’adozione dell’IA. Nel 2024, l’8,2% delle imprese con almeno 10 addetti ha dichiarato di aver usato almeno una tecnologia IA, rispetto al 5% del 2023. Tuttavia, persiste ancora un evidente divario
    con la media europea (13,5%) e, soprattutto, con i principali Paesi UE. Questo dato ci vede molto distanti dal target del 60% fissato dalla strategia “Decade Digitale” per il 2030.
  • I dati sugli investimenti in IA forniscono risultati incoraggianti: un quinto delle imprese italiane ha programmato di investire in IA nel prossimo biennio, in aumento di 15 p.p. rispetto alla quota di imprese che ha investito in IA tra il 2021 e il 2024. Dunque, sebbene permangano sfide e criticità da affrontare, le imprese italiane sembrano essere propense ad integrare pienamente l’IA nelle proprie attività imprenditoriali.
  • In tema di incentivi per le imprese, sono ampie e numerose le modifiche intervenute nel tempo e che hanno condotto al superamento del Piano Nazionale Industria 4.0, dapprima in favore del Piano Nazionale Impresa 4,0, poi del Piano Transizione 4.0 (rimodulato ad opera del PNRR), sino a giungere al paradigma 5.0. La comprensione delle concrete esigenze delle imprese per l’integrazione delle tecnologie digitali nel business per migliorare l’efficienza, ridurre l’impatto ambientale e rafforzare la competitività è un tassello fondamentale a supporto delle decisioni di politica industriale per il periodo post PNRR.
  • Alcuni degli obiettivi di politica industriale indicati nel Libro Verde “Made in Italy 2030” possono essere più agevolmente raggiunti grazie al contributo di piattaforme, servizi e soluzioni basate (o che comunque comprendono anche) componenti e funzionalità di IA, in quanto queste ultime possono rappresentare un importante abilitatore della complementarità con l’intelligenza umana. Gli strumenti IA integrati nei software gestionali possono migliorare la previsione della domanda, ottimizzare la logistica e la sostenibilità della produzione, ridurre i rischi di intrusione e corruzione dei sistemi informatici.
  • Oltre al framework regolamentare europeo, che è entrato nel vivo della fase applicativa, anche il nostro Paese sta compiendo importanti passi avanti rispetto alle politiche nazionali in tema di IA. Accanto alla Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026, un elemento centrale di questo impegno si rivede nel Ddl IA, attualmente all’esame della Camera dei Deputati.
  • Nel tessuto industriale italiano quasi la metà delle imprese presenta un “Digital Intensity Index” ad un livello basso (43,7%), mentre solamente il 23,5% e il 3,9% rientra rispettivamente nelle categorie “alto” e “molto alto”, evidenziando marcati limiti in tema di digitalizzazione da parte delle imprese nazionali.
  • I partecipanti all’indagine svolta per questo studio in collaborazione con Piccola Industria (Confindustria) ritengono a maggioranza che le skill necessarie all’interno della propria impresa siano scarse (54,1%). Addirittura, il 7,4% le definisce molto scarse o nulle. Solo il 36,3% ha dichiarato che nella propria organizzazione vi è un buon livello di competenza e appena il 2,2% che queste siano molto buone.
  • In generale, prevale nettamente tra i rispondenti l’idea che sia fondamentale un ruolo del pubblico, diretto o attraverso incentivi fiscali, per accelerare l’adozione dell’IA in Italia.
  • L’impatto economico potenziale è significativo. L’analisi econometrica condotta per questo studio su microdati Istat evidenzia una forte relazione tra livello di digitalizzazione delle imprese e ricavi da una parte, e tra adozione di soluzioni di IA e ricavi dall’altra. Tuttavia, i risultati mostrano con chiarezza che l’efficacia dell’IA è subordinata alla presenza di una solida base digitale: le imprese che nel 2024 hanno adottato almeno una tecnologia di IA hanno registrato ricavi superiori in media del 12% rispetto a quelle che non l’hanno fatto ed in rapporto alla media del campione, a parità di settore e dimensione, ma questo vale se le imprese sono digitalmente mature. L’intelligenza artificiale, dunque, non sostituisce la trasformazione digitale, ma ne amplifica i benefici: solo se inserita in un contesto aziendale evoluto, dove processi e competenze sono stati ripensati in chiave digitale, l’IA è in grado di generare valore concreto.
  • Pertanto, considerando il target fissato in ambito europeo, se il 60% delle 246.635 imprese con dieci o più dipendenti attive in Italia adottasse l’IA entro il 2030 si otterrebbe un’accelerazione significativa del tasso di crescita dei ricavi aziendali: il CAGR passerebbe dall’attuale 3,2% a circa il 5,5% annuo nei prossimi cinque anni, raddoppiando di fatto la velocità di crescita del fatturato nel sistema produttivo italiano. Questo incremento si tradurrebbe in ricavi aggiuntivi per circa € 1.299 miliardi.

 

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