La transizione digitale è una delle grandi sfide del nostro tempo. Spesso però, per affrontarla, l’attenzione si concentra principalmente sulla disponibilità e sull’accesso alle nuove tecnologie, trascurando un altro fattore fondamentale: il capitale umano. Eppure, investire nella formazione del capitale umano in ambito ICT rappresenta una leva strategica per realizzare una transizione digitale davvero efficace, inclusiva e capace di generare benefici diffusi e duraturi per la società, contribuendo anche alla competitività del sistema economico.
Dopo la pandemia l’Unione Europea ha accelerato il proprio percorso verso la Quarta Rivoluzione Industriale adottando un programma strategico: il Decennio Digitale 2030. Gli obiettivi sono ambiziosi: entro la fine del decennio almeno l’80% della popolazione adulta dovrà possedere competenze digitali di base e il numero di specialisti nel settore ICT dovrà raggiungere i 20 milioni.
Ma, ad oggi, cosa raccontano i numeri sulla formazione ICT in Europa? E come si posiziona l’Italia rispetto agli altri Paesi?

LO STATO DEL CAPITALE UMANO IN ITALIA E IN EUROPA IN AMBITO DIGITALE

Secondo i dati Eurostat aggiornati al 2023, solo Finlandia e Paesi Bassi possiedono competenze digitali di base al di sopra dell’80%. Anche Danimarca (70%), la Repubblica Ceca (69%) e la Svezia (66%) superano ampiamente la media Europea, pari al 56%.
In Italia, la situazione è ben diversa: appena il 46% degli italiani compresi tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base. Un dato leggermente sopra Lettonia e Polonia, rispettivamente con il 45% e 44%, ma ancora lontano dalla media europea. Percentuali peggiori si registrano solamente in Bulgaria con il 36% e in Romania con il 28%. Dati preoccupanti, soprattutto in vista degli obiettivi da raggiungere entro il 2030.

Fonte: Eurostat

Il dato del 46% riferito all’Italia contiene informazioni interessanti riguardo alla distribuzione delle capacità digitali per fasce d’età. Tra i giovani italiani (16-24 anni), la percentuale sale al 59% sopra la media generale UE del 56%, ma restando comunque al di sotto della media europea specifica per la stessa fascia d’età, che si aggira intorno al 70%. Le percentuali calano progressivamente con l’aumentare dell’età: 54% tra i 25-54enni, 39% tra i 55-64enni, e appena 19% tra gli over 65, evidenziando un forte divario generazionale. In ogni fascia, l’Italia si conferma sotto la media europea. Il confronto con altri paesi europei è abbastanza marcato, specialmente con i paesi del Nord Europa da sempre più avanzati sul fronte digitale.

Fonte: Eurostat

COMPETENZE E FORMAZIONE DIGITALE IN ITALIA

Se l’Italia vive un ritardo generalizzato nella diffusione delle competenze digitali di base, il quadro comunque non migliora se si guarda alla formazione ICT in ambito accademico e aziendale.
Nel 2024 solo il 4% delle imprese italiane ha impiegato specialisti ICT, contro una media europea del 5%. Ancora più critico è il dato relativo alla formazione: soltanto il 14,2% delle imprese italiane ha offerto corsi formazione ICT ai propri dipendenti, contro una media UE del 17,2% e ben al di sotto di paesi come Finlandia (32%), Danimarca (29%), Polonia e Svezia (25%). Questo posiziona l’Italia tra i paesi meno virtuosi d’Europa, indicando un evidente ritardo strutturale nella diffusione di competenze digitali all’interno delle imprese.

Fonte: Eurostat

La situazione non migliora sul fronte universitario. Gli ultimi dati Eurostat, riferiti al 2023, mostrano che l’Italia si è classificata ultima tra i 27 paesi dell’Unione Europea per quota di laureati in discipline ICT: solo l’1,6% sul totale dei laureati contro una media UE del 5%. Secondo le proiezioni, l’Italia passerà dall’1% nel 2016 al 2,2% nel 2030, il che evidenzia una crescita troppo lenta per colmare il divario. Nello stesso periodo, l’Unione Europea in media dovrebbe crescere di oltre 2 punti percentuali, passando dal 3,4% al 5,9%.

Fonte: Elaborazioni I-Com su dati Eurostat

LA FORMAZIONE ICT FAVORISCE LA CRESCITA ECONOMICA?

Il legame tra crescita economica e formazione ICT appare sempre più evidente se si mettono in relazione i livelli di reddito pro capite con la formazione digitale dei paesi europei. Per analizzare questa correlazione in modo più efficace si è trasformato il PIL pro capite in logaritmo: un passaggio utile per ridurre le distorsioni causate dalle grandi differenze tra paesi (ad esempio tra Lussemburgo e Romania) e per evidenziare meglio la tendenza generale.
È stato inoltre costruito un indice di formazione ICT, che va da 0 a 1 e si basa su tre elementi chiave: la quota di laureati in discipline ICT, la formazione digitale offerta dalle imprese e la presenza di specialisti ICT nel mercato del lavoro. Come mostra il grafico successivo, esiste una relazione positiva: i paesi con livelli più alti di formazione ICT tendono ad avere livelli di reddito pro capite più alti rispetto agli altri.

Fonte: Elaborazioni I-Com su dati Eurostat

L’Italia si colloca tra i paesi più arretrati dell’Unione Europea in termini di capitale umano digitale, con un indice pari a 0,179, ben al di sotto della media europea dello 0,463. Precede di poco solo la Grecia e si trova appena sopra Bulgaria e Romania, che però presentano livelli di PIL pro capite molto inferiori rispetto all’Italia. In netto contrasto, i paesi più avanzati sul piano digitale come Svezia (0,790), Finlandia (0,899), Lussemburgo (0,802) e Irlanda (0,623) occupano le prime posizioni sia per competenze che per reddito.

CONCLUSIONI

Alla luce dei dati analizzati appare evidente che l’Italia si collochi in una posizione di persistente svantaggio rispetto ai partner europei, soprattutto se confrontata con le economie scandinave o, più in generale, con quelle più resilienti del continente. Le criticità non riguardano solo le competenze digitali di base, ma interessano l’intero ecosistema formativo e produttivo, dal mondo accademico al tessuto imprenditoriale.
Questi risultati sollevano preoccupazioni non solo in un’ottica comparativa con gli altri Stati membri, ma anche rispetto alla capacità del paese di rispettare gli obiettivi fissati dal Decennio Digitale 2030.
L’analisi mostra chiaramente che i paesi con livelli più elevati di formazione ICT ottengono anche migliori risultati economici, evidenziando la necessità di investimenti strutturali nel settore. In questo contesto, investire nel capitale umano digitale non è soltanto un modo per sviluppare competenze ma rappresenta una leva fondamentale per la crescita, la competitività e l’inclusione.
È quindi urgente un cambio di passo, da parte delle istituzioni ma anche del settore privato. Solo riconoscendo la formazione digitale come un asset strategico per lo sviluppo e il benessere collettivo sarà possibile affrontare davvero la transizione digitale e scongiurare il rischio che l’Italia resti ai margini dell’economia europea del futuro.

Gabriele VEROLINI
Researcher presso l’Istituto per la Competitività (I-Com). Nato a Roma il 15 settembre 2000, si è laureato in Economia nel 2023 presso l’Università degli Studi Roma Tre. Attualmente è studente al secondo anno della laurea magistrale in Economia dell’ambiente, lavoro e sviluppo sostenibile, con specializzazione in Global Development, presso la medesima università, e sta lavorando alla tesi in International Trade and Migration dal titolo: The differential impact of skilled and unskilled migration on european regional economic development: a comparative analysis of Italy and France.