Salute, I-Com: “Italia hub strategico per ricerca e cure, ma servono più prevenzione e innovazione”

  • Presentato oggi il rapporto annuale dell’Osservatorio In-Salute realizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com).
  • Dall’indagine emerge la necessità di rafforzare la competitività del settore e trasformare l’Italia un hub strategico per la ricerca e la produzione globale, intervenendo su prevenzione, criticità strutturali del SSN e la promozione di un ambiente favorevole all’innovazione.
  • La prevenzione si conferma la strategia più redditizia, con un ritorno fino a 16 euro per ogni euro investito. L’obesità, che riguarda 6 milioni di adulti, pesa sul SSN per 13,34 miliardi di euro.
  • Personale sanitario sotto pressione: 625mila dipendenti, ma oltre 7.000 medici hanno lasciato il SSN con un incremento del 133% rispetto al 2022.
  • Farmaceutica e dispositivi pilastri strategici per l’economia e la salute pubblica, ma il settore è minacciato dai dazi statunitensi che rischiano di causare perdite stimate tra i 2,5 e i 4 miliardi di euro.
  • Cresce l’apertura dei professionisti verso l’IA: oltre il 60% dei medici prevede di utilizzarla per monitoraggio e cure preventive, e la metà per migliorare le diagnosi.
  • Le mosse per garantire un futuro sostenibile al SSN: aumentare la spesa in prevenzione fino al 7% del Fondo Sanitario Nazionale, dare centralità e valore all’innovazione e alle terapie di qualità, introdurre strumenti innovativi di market access e definire una Strategia nazionale sulle Scienze della Vita.

Roma, 2 ottobre 2025Rafforzare gli investimenti in prevenzione, superare le annose questioni strutturali e di governance, promuovere interventi per rendere le professioni mediche e sanitarie più attrattive, e favorire le condizioni per valorizzare l’innovazione. È questa la chiave per affrontare le sfide alle quali è chiamato il settore della salute in Italia, in un contesto geopolitico in cui i dazi introdotti dagli Stati Uniti rischiano di colpire duramente il Paese, quarto esportatore di farmaci in Europa e settimo nel mondo, con perdite stimate tra i 2,5 e i 4 miliardi di euro. Per coordinarne gli esiti risulta quindi non più rimandabile la creazione di una Strategia Nazionale sulle scienze della vita, fondamentale sia per garantire cure e terapie, sia per favorire competitività e rilancio al settore produttivo.

È quanto sottolinea il rapporto annuale dell’Osservatorio In-Salute dal titolo “ORIZZONTI DELLA CURA Innovazione nella diagnosi tempestiva e nelle terapie di eccellenza” realizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com). Lo studio è stato presentato oggi a Roma nel corso di un convegno pubblico organizzato in collaborazione con Abbott, Edwards, Merck, Philips, Sanofi e Santhera e con la media partnership di Askanews, al quale hanno preso parte numerosi relatori tra accademici, esperti e rappresentanti delle istituzioni, della politica e del mondo delle imprese.

I-Com ha condotto un aggiornamento del proprio monitoraggio sullo stato di salute degli italiani e del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), analizzando le principali tendenze demografiche ed epidemiologiche, la condizione delle risorse e delle strutture sanitarie, e mettendo in evidenza la necessità di rafforzare la competitività del settore e rendere l’Italia un hub strategico per la ricerca e la produzione globale. Con una popolazione sempre più anziana e affetta da cronicità, la riduzione dell’esposizione a fattori di rischio è essenziale per orientare le politiche sanitarie. In particolare, preoccupa l’obesità che riguarda oggi 6 milioni di adulti e pesa sul SSN per 13,34 miliardi di euro l’anno (0,8% del PIL). Anche la sedentarietà è in forte aumento, con oltre l’80% degli adulti e il 92% degli adolescenti sotto i livelli minimi di attività fisica. Inoltre, il consumo di alcol interessa quasi un italiano su tre e genera costi pari allo 0,7% della spesa sanitaria e allo 0,68% del PIL. In calo invece il fumo, oggi al 19,8%. In questo senso, la prevenzione si conferma la strategia più redditizia, con un ritorno fino a 16 euro per ogni euro investito. Particolarmente grave, infine, la diffusione in Italia dell’antibiotico-resistenza, alimentata dall’eccessivo uso di farmaci ad alto rischio, che a livello globale è associata a oltre 4,7 milioni di morti l’anno.

Nonostante l’importante aumento della spesa, l’Italia investe in sanità meno di altri grandi Paesi europei in rapporto al PIL, con un divario che limita la capacità di investimento e la resilienza del SSN. La Legge di Bilancio 2025 ha previsto un aumento del Fondo Sanitario Nazionale fino a 142,3 miliardi nel 2026, ma si confermano difficoltà nel garantire equità e accesso uniforme ai servizi, come mostrano i LEA e l’aumento della mobilità sanitaria interregionale. La spesa farmaceutica è molto alta (36,2 miliardi nel 2023), seconda solo alla Spagna, ma solo il 64% è coperto dal SSN e il resto grava sulle famiglie. Inoltre, la spesa italiana è fortemente sbilanciata verso l’ambito ospedaliero che assorbe quasi il 70% del totale. Complessivamente, l’auspicata transizione a un nuovo paradigma di accesso alle cure, incentrato sulla deospedalizzazione e su servizi più prossimi e basati sulla rilevazione delle nuove tendenze sociosanitarie, risulta ancora un miraggio.

Particolarmente allarmanti i dati sulle professioni. La situazione resta critica a causa dei numerosi abbandoni della professione, che ne confermano la sempre minore attrattività: nel 2024 oltre 7.000 medici hanno lasciato il SSN, con un incremento del 133% rispetto al 2022, con passaggi al privato o con emigrazioni all’estero. Le dimissioni sono legate a turni usuranti, carichi di lavoro eccessivi, scarsa autonomia decisionale e, non da ultimo, una retribuzione percepita come poco gratificante. Anche la situazione degli infermieri è delicata: il nostro Paese impiega meno professionisti rispetto alla media europea, con 6,8 infermieri ogni 1.000 abitanti contro gli 8,2 della UE, ne deriva un forte squilibrio tra pensionamenti e nuovi ingressi, poiché ogni anno lasciano la professione circa 30-33 mila infermieri mentre le università ne formano solo 10 mila. Non può essere trascurata in tal senso la riduzione delle domande universitarie che per la prima volta sono scese sotto l’offerta formativa, con meno di 19.000 candidati a fronte di oltre 20.600 posti disponibili per l’anno accademico 2025/2026.

Sebbene i dati riguardanti il contesto demografico e le capacità del SSN evidenzino tendenze da attenzionare, l’Italia si conferma un’eccellenza mondiale, e non solo europea, nei campi delle life sciences. Le sfide poste dai mercati emergenti e dagli USA, però, richiedono ora interventi coraggiosi per cogliere nuove opportunità di sviluppo e, soprattutto, per evitare che alcuni degli annosi problemi che gravano da anni sul mondo delle cure in Italia diventino delle voragini” ha commentato il direttore Area Salute I-Com Thomas Osborn. “In questi turbolenti scenari geopolitici oltre che sanitari, l’analisi I-Com individua nell’innovazione, e nell’apertura terapeutica e normativa ad essa, la bussola che può consentire all’Italia di raggiungere quei nuovi ‘Orizzonti della Cura’ auspicati e attesi da anni, ma che ora non sono più rimandabili”.

Una novità di questa edizione del rapporto In-Salute è l’analisi del comparto delle scienze della vita italiane e della sua capacità di affrontare un contesto mondiale e geopolitico in rapida trasformazione. L’Italia vanta un ecosistema sanitario di grande rilevanza economica e sociale, con il settore Life Science che si conferma un’eccellenza: la produzione farmaceutica è più che raddoppiata in dieci anni, raggiungendo i 54 miliardi di euro, pari al 2% del PIL, mentre l’industria dei dispositivi medici vale 12,4 miliardi sul mercato interno e 6,9 miliardi di produzione, per oltre 200 mila occupati complessivi. Farmaceutica e dispositivi rappresentano dunque pilastri strategici per l’economia e la salute pubblica, ma il settore è minacciato da criticità strutturali e dal nuovo scenario geopolitico. Oltre ai mercati emergenti (in particolare asiatici), preoccupanti sono i dazi introdotti dagli Stati Uniti che rischiano di colpire duramente l’Italia, quarto esportatore di farmaci in Europa e settimo nel mondo, con perdite stimate tra i 2,5 e i 4 miliardi di euro, incidendo sulla competitività e sulla capacità di investimento in ricerca e sviluppo. E se nel breve periodo le ricadute graveranno su aziende e produttori, nel medio e lungo termine si rilevano rischi per i cittadini in termini di maggiore esposizione a carenze e dipendenze da paesi extra-UE. In questo scenario complesso, la bussola verso i nuovi “orizzonti della cura” si rivela essere l’innovazione. Per rafforzare la competitività del comparto, è infatti necessaria una strategia integrata che semplifichi il quadro normativo e favorisca incentivi fiscali mirati.

L’intelligenza artificiale rappresenta uno degli ambiti più promettenti per trasformare la sanità, migliorando diagnosi, percorsi terapeutici e organizzazione dei servizi, così da sostenere la sostenibilità del modello di cura. Le applicazioni più rilevanti riguardano lo sviluppo dei farmaci e l’analisi diagnostica delle immagini mediche, con un mercato globale cresciuto da 1,1 miliardi di dollari nel 2016 a 32,3 miliardi nel 2024, trainato dagli Stati Uniti e con la Cina in forte espansione. In Italia il mercato resta limitato, con un valore di 97 milioni nel 2023 e una previsione di 740 milioni entro il 2030, ma i professionisti mostrano apertura: oltre il 60% dei medici prevede di utilizzare l’IA per monitoraggio e cure preventive, e la metà per migliorare le diagnosi. Anche la ricerca è attiva, con l’Italia al terzo posto mondiale per numero di studi clinici con IA.

Accanto alle opportunità restano però criticità strutturali, dai dazi commerciali statunitensi all’eccessiva frammentazione e burocrazia che rallenta bandi e progetti (i tempi sono del 30% superiori rispetto alla media UE), fino a un sistema di procurement troppo orientato al contenimento dei costi e poco alla valorizzazione dell’innovazione. Occorre soprattutto dare sempre più centralità e valore a quelle tecnologie capaci di garantire la qualità del trattamento e i maggiori progressi terapeutici, prevedendo canali accelerati che premino l’innovazione e superando la limitante logica del “ribasso” e del solo contenimento economico.

Il focus sulle malattie rare mette in evidenza come l’innovazione sia fondamentale per trasformare i limiti in opportunità e garantire terapie accessibili, efficaci ed eque a patologie che colpiscono oltre 2 milioni di italiani, per il 75% bambini. Sebbene la copertura dei Registri Regionali delle Malattie Rare (RRMR) sia cresciuta, restano circa 130 mila persone non registrate e persistono forti disuguaglianze territoriali nei percorsi di cura, nei centri accreditati e nella spesa sanitaria, molto più bassa al Sud. L’Italia è tra i Paesi UE con la maggiore disponibilità di farmaci innovativi e orfani, ma i tempi di accesso restano lunghi. Dei 173 farmaci EMA, 146 sono disponibili (75%), ma servono in media 439 giorni contro i 128 della Germania. Anche per i farmaci orfani l’Italia è seconda solo alla Germania, ma i tempi di attesa regionali sono triplicati dal 2016 al 2023, arrivando a 466 giorni. Per ridurre le barriere si propone l’adozione di strumenti innovativi di market access per evitare ritardi che possono lasciare i pazienti senza terapie salvavita.

Lo studio individua tre macroaree di intervento per il rilancio delle scienze della vita in Italia: affrontare invecchiamento e cronicità con più prevenzione, superare le criticità strutturali del SSN e aprirsi all’innovazione, dall’intelligenza artificiale alle terapie avanzate. Si sottolinea l’importanza di aumentare la spesa in prevenzione fino al 7% del Fondo Sanitario Nazionale, escludendola dal calcolo del debito pubblico grazie alle nuove prospettive europee, e di introdurre regole più favorevoli all’innovazione e alla R&S con percorsi rapidi per farmaci e device innovativi. Il Rapporto invita pertanto anche l’Italia a dotarsi, come già fatto da 9 paesi europei, nonché dalla stessa UE, di una Strategia nazionale sulle Scienze della Vita, per attrarre investimenti e rafforzare competitività, trasformando l’Italia in un hub internazionale della ricerca e della produzione.

Comunicato stampa
Rapporto