In occasione del convegno “Sui bit della competitività. Competenze e infrastrutture digitali per un’Italia che guarda al futuro”, che si è tenuto il 30 ottobre a Roma, è stato presentato lo studio condotto nell’ambito dell’Osservatorio I-Com su reti e servizi di nuova generazione.
Gli italiani trascorrono sempre più tempo online, utilizzando Internet non solo per informarsi e comunicare, ma anche per accedere a servizi come l’internet banking o i portali della Pubblica Amministrazione. Nonostante i progressi, soprattutto nella diffusione del cloud e dell’identità digitale, l’Italia resta indietro rispetto alla media europea, in particolare per quanto riguarda la digitalizzazione delle imprese e la formazione nelle competenze ICT (cap. 1).
Il capitolo 2 affronta uno dei nodi centrali del ritardo italiano: le competenze digitali. Solo il 45,8% degli italiani possiede competenze digitali di base, contro il 55,6% della media europea. Molti imparano in modo informale, spesso da soli o tramite amici e familiari. I cittadini chiedono quindi più iniziative pubbliche: corsi gratuiti, campagne di sensibilizzazione e introduzione dell’educazione digitale fin dalle scuole elementari.
L’intelligenza artificiale è al centro del capitolo 3, considerata come la più grande rivoluzione tecnologica contemporanea. Il mercato globale dell’IA cresce rapidamente e anche in Italia si consolida, superando nel 2024 i 900 milioni di euro di valore. L’adozione da parte delle imprese è ancora limitata ma in forte espansione, con particolare interesse verso l’IA generativa e il machine learning. La PA inizia a sperimentare chatbot e analisi predittive, mentre il sistema universitario si adegua con un’offerta formativa sempre più ampia con 1.143 corsi e master dedicati all’IA.
I data center costituiscono infrastrutture cruciali per la gestione dei dati e la sovranità digitale. L’Italia è oggi tra i principali mercati europei per numero e crescita di data center, concentrati soprattutto nel Nord, con Milano come polo principale. L’indagine I-Com e Bytek mostra che l’opinione pubblica conosce poco il tema, ma dove i cittadini sono informati prevale una visione positiva, associata a sviluppo economico e innovazione. Le preoccupazioni riguardano piuttosto gli impatti ambientali (cap. 4).
Il capitolo 5 entra nel dettaglio delle reti di telecomunicazione. L’Unione europea punta a connettività gigabit entro il 2030 e l’Italia mostra un andamento contrastante: ottime prestazioni sul 5G, con una copertura del 93% delle famiglie, ma ritardi nella fibra ottica e nella diffusione nelle aree rurali. I piani Italia a 1 Giga, Italia 5G e Banda Ultralarga stanno avanzando, anche se con disuguaglianze territoriali e lentezze burocratiche.
Nel capitolo 6 vengono presentati i risultati dell’I-Com Ultrabroadband Index (IBI). L’Italia scende al 14° posto perdendo terreno rispetto al 2024. Buone le infrastrutture, soprattutto mobili, ma la domanda resta debole: pochi cittadini usano servizi digitali avanzati, le imprese faticano a integrare nuove tecnologie e le competenze digitali restano basse. Il confronto con i paesi leader – Paesi Bassi, Danimarca e Svezia – mette in evidenza come l’Italia sia un paese “a due velocità” con infrastrutture moderne ma un utilizzo ancora troppo limitato.
Guardando in prospettiva agli obiettivi del decennio digitale in Italia i progressi sulla connettività sono buoni: i traguardi 5G e FTTH saranno raggiunti prima del 2030, ma gli altri, come competenze digitali, intelligenza artificiale, cloud e digitalizzazione delle PMI, sono molto lontani, in alcuni casi proiettati oltre il 2100 se non si accelera. Servono politiche strutturali e investimenti continui per colmare il divario con l’Europa (cap. 7).
Infine, l’ultimo capitolo analizza l’evoluzione della space economy, evidenziando il passaggio da investimenti pubblici a un crescente ruolo del capitale privato, favorito da innovazioni tecnologiche e digitali. L’Italia ricopre un ruolo di rilievo nel settore spaziale, con investimenti significativi anche tramite il PNRR. Si approfondisce il tema delle competenze e della formazione universitaria in questo ambito, rilevando per l’anno accademico 2025/2026 un totale di 346 unità tra insegnamenti e corsi di studio, seppur con una una distribuzione territoriale disomogenea.
 
			