A partire dal 2000, il problema del contenimento degli sprechi in sanità si pone come vexata quaestio carica di contraddizioni. Contenere gli sprechi è una forte e stringente necessità per le istituzioni italiane (sia centrali che locali) in un contesto macroeconomico di crescita del debito e crisi finanziaria. Ma le soluzioni con tagli lineari e i provvedimenti di spending review (D. L. del 06/07/2012) disseminano incertezze rispetto al diritto di accesso universale alle cure e all’assistenza sanitaria, perché si impone con sempre maggiore forza una visione economicista del “problema”. Sembra che il faro che guida le scelte dei nostri policy makers in sanità sia “minor spesa”, mentre il concetto da mettere a fuoco è quello di spesa buona, quindi giusta. Le sfide dei prossimi anni e del costituendo Patto della Salute sono molte. Tra queste spiccano valorizzare la ricerca e l’innovazione e affrontare l’appropriatezza in un contesto di mutamenti demografici che pongono il nostro Paese tra quelli con l’aspettativa di vita più alta a livello mondiale (82,7 anni).
La riforma federalista ha determinato una vera e propria dual governance nella politica sanitaria tra Stato e Regioni. Questa nuova configurazione dei poteri si inserisce nel quadro di razionalizzazione delle risorse, ben evidenziato dall’istituzione dei tetti di spesa farmaceutica – sia territoriale che ospedaliera – introdotti dall’Accordo Stato regioni dell’8 agosto 2001. Dal 2004 in poi, la dualizzazione nella governance Stato-Regioni diviene radicale: le norme che più rilevano in tal senso sono quelle che hanno effetti sulla contrattazione del prezzo dei medicinali e sulla remunerazione – ridotta- dell’industria del farmaco. In particolare la Legge 27 dicembre 2006, n.96 che definisce il payback sulla spesa farmaceutica e il D.l. 159/2007, che introduce meccanismi di ripiano della a carico delle aziende, per lo sforamento della spesa territoriale e meccanismi di ripiano a carico delle Regioni, per lo sforamento della spesa ospedaliera, il cui tetto si rivela sin da subito palesemente insufficiente rispetto ai consumi. Dal 2012 – accanto alla disposizione di rimodulazione dei tetti di spesa per entrambe gli aggregati (3,2% ospedaliera, 11,5% territoriale), il Legislatore prevede che anche le aziende siano gravate al 50% del ripiano per lo sforamento della spesa farmaceutica ospedaliera.
Ma la regolazione del farmaco sembra sia stata ancor più messa in crisi dalle esigenze di contenimento della spesa nonostante vi sia un paradosso alla base e cioè che il farmaco è l’unico vero bene del servizio sanitario nazionale ad avere già un proprio costo standard. Per questo motivo sembra opportuno discutere su un’ipotesi nuova di programmazione e gestione di un budget farmaceutico, individuabile in un Fondo Farmaceutico Nazionale. Un meccanismo di assegnazione di risorse dunque separato dal Fondo Sanitario, gestito a livello centrale e concepito su una scala temporale di medio-lungo periodo (almeno triennale) per ricondurre sotto un unico cappello, quello dell’AIFA, il governo della politica farmaceutica su scala nazionale. La funzione più rilevante del Fondo potrebbe essere l’individuazione di politiche gestionali e logistiche volte ad assicurare la copertura, a condizioni vantaggiose e su tutto il territorio nazionale, delle più importanti macro aree terapeutiche. Il vantaggio del FFN è riconducibile a tre questioni:
– Uniformità di accesso ai farmaci su tutto il territorio nazionale. Eliminazione di vincoli di recepimento su base regionale o locale.
– Gestione unificata del fondo farmaceutico per la spesa ospedaliera e territoriale, con una maggiore capacità di programmazione della spesa, e di compensazione su base territoriale e per tipologia di classificazione del farmaco.
– La maggiore capacità di programmazione della politica farmaceutica su base nazionale, faciliterebbe l’orientamento della risorse sul recepimento dell’innovazione farmaceutica.
Ciò non impedirebbe alle Regioni di venir meno al loro fondamentale ruolo di vigilanza su appropriatezza prescrittiva e analisi e raccolta dei dati epidemiologici, al fine di calibrare le cure e le terapie sulle reali esigenze della propria popolazione. Un quadro regolatorio ed economico finalmente stabile agevolato dalla costituzione di un Fondo Farmaceutico Nazionale potrebbe inoltre dare nuovo slancio all’industria del farmaco e rilanciare investimenti e innovazione nel Paese, e innescare un circuito positivo da cui rilanciare – a dieci anni dalla Riforma federalista e in una fase di transizione delicata – il nostro sistema sanitario.