L’aspettativa di vita degli italiani, probabilmente complice una insufficiente attività di prevenzione, risulterebbe in calo per la prima volta negli ultimi dieci anni. Questo è il quadro che emerge dal rapporto “Osservasalute” 2015, presentato il 26 aprile, nel quale si riporta che la speranza di vita alla nascita era pari a 80,3 anni per gli uomini e 85,0 anni per le donne nel 2014, mentre, in base a recenti dati ISTAT, l’aspettativa di vita nel 2015 risultava pari a 80,1 anni per gli uomini e 84,7 anni per le donne, evidenziando dunque una diminuzione di 0,2 punti per la popolazione maschile e 0,3 punti per la popolazione femminile[1],[2].
Il rapporto mostra infatti che la presenza degli ultra 65enni giocherebbe ormai un ruolo importante nell’equilibrio demografico del Paese: implementare politiche di prevenzione primaria e secondaria, che siano in grado di rispondere alla domanda di una popolazione sempre più anziana e affetta contemporaneamente da più patologie, è di fondamentale importanza poiché ormai un italiano su 5 ha più di 65 anni (22% della popolazione residente). Pubblicato dall’ Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, il documento descrive inoltre lo stato dell’arte della prevenzione nel nostro Paese, la cui spesa ammonta a circa 4,9 miliardi di euro, rappresentando il 4,2% della spesa sanitaria pubblica, malgrado il livello fissato nel Patto della Salute 2010-2012 risulti invece pari al 5%. Le attività di prevenzione sarebbero infatti facilmente soggette a tagli in quanto, come ben sappiamo, i risultati ottenuti da queste attività sono visibili soltanto nel lungo periodo: la tutela dei rischi negli ambienti di lavoro, la sanità pubblica veterinaria, la tutela igienicosanitaria degli alimenti, le vaccinazioni e i programmi di screening rientrano tra queste. I tempi medi di pagamento in favore dei fornitori, passati da 300 giorni nel 2011 a 195 giorni del 2014, hanno registrato una riduzione del 35%; d’altra parte la spesa per il personale sanitario, pari a 35,169 miliardi di euro nel 2013 (32% circa della spesa totale) ha registrato un decremento dell’1,4% medio annuo (-4,1% assoluto) nel periodo 2010-2013) mentre le ASL presentano ancora delle difficoltà ad erogare vari servizi a causa della diminuzione delle disponibilità di cassa, mostrandosi dunque, non di raro, impossibilitati a rinnovare adeguatamente le attrezzature a propria disposizione.
Le abitudini degli italiani costituiscono l’altra faccia della medaglia, infatti se da un lato aumenta il numero delle persone che praticano sport, diminuisce la popolazione sedentaria e calano i fumatori, dall’altro sembrerebbe presente una bassa attenzione da parte dei cittadini verso la propria salute, con una scarsa percezione dei rischi a cui si va incontro seguendo scelte sbagliate. La percentuale delle persone in sovrappeso sarebbe infatti passata dal 33,9% al 36,2% nel periodo 2001-2014, in particolare sarebbe aumentato il numero degli obesi (8,5% vs 10,2%) mentre il consumo di verdura, ortaggi e frutta, correlato ad una diminuzione del rischio di malattie cardiovascolari, non raggiunge le 5 porzioni giornaliere. Rimane inoltre scarsa l’attenzione verso le vaccinazioni: nel periodo 2013-2014 sono stati registrati valori di copertura al di sotto dell’obiettivo minimo stabilito nel vigente Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (PNPV), pari ad almeno il 95% entro i 2 anni di età, pur restando al di sopra del 94%. Gli screening oncologici costituiscono un’altra importante risorsa ma, anche in questo caso non tutti gli italiani hanno deciso di farne ricorso, per esempio soltanto il 51% della popolazione target femminile ha aderito ai controlli mammografici a scopo preventivo offerti dalle ASL (a livello nazionale, nel periodo 2011-2014), mentre il 19% ha effettuato l’esame su iniziativa spontanea e nei tempi raccomandati.
Ricordiamo infine che il numero dei suicidi risulta maggiore rispetto agli anni precedenti (nel biennio 2011-2012 il tasso annuo di mortalità per suicidio è stato pari a 7,99 (per 100.000) residenti di 15 anni e oltre) mentre persiste il trend in aumento del consumo di antidepressivi, pari a 39,30 Dosi Definite Giornaliere-DDD/1.000 ab die nel 2014.
Le malattie ischemiche del cuore, in base ai dati 2012, sarebbero responsabili di circa il 12% dei decessi totali, con ben 75.098 morti, mentre a seguire troviamo le malattie cerebrovascolari (61.255 morti, circa il 10% del totale), le altre malattie del cuore non di origine ischemica (48.384 morti, circa l’8% del totale), i tumori maligni di trachea, bronchi e polmoni (seconda causa di morte per gli uomini con 24.885 decessi, poco più del triplo dei decessi osservati nelle donne, per le quali costituisce la decima causa di morte), le malattie ipertensive (20.367 decessi), ed infine demenza e Alzheimer con 18.226 decessi [3], [4].
In conclusione, appare abbastanza chiaro che una insufficiente attività di prevenzione a livello regionale, dovuta sia ai tagli in sanità sia ad un atteggiamento poco collaborativo e consapevole da parte dei cittadini italiani, che decidono di non utilizzare tutte le informazioni ed i servizi posti a loro disposizione, stia alla base di numerosi decessi prevenibili, come ad esempio gli oltre 11.000 dovuti ogni anno al carcinoma mammario, e ad una diminuzione dell’aspettativa di vita.