Analizzare il contributo della tecnologia satellitare all’innovazione, per comprenderne le potenzialità e i fattori di innovazione tecnologica alla luce del nuovo contesto industriale e della crescita impetuosa dei servizi di nuova generazione veicolati su banda larga e ultra larga. Questo il principale obiettivo di uno studio condotto da I-Com che verrà presentato nel mese di luglio in occasione di un evento pubblico sul ruolo della televisione per la crescita digitale del Paese. Alcune anticipazioni dello studio sono state anche al centro di una tavola rotonda il 27 aprile scorso alla presenza di aziende della filiera, esperti e rappresentanti delle istituzioni.
Punto di partenza dell’analisi la constatazione che il digitale terrestre resta la piattaforma televisiva più diffusa in Italia, presente virtualmente in tutte le abitazioni. Poiché vi sono ampi margini di sovrapposizione delle piattaforme di ricezione televisiva presso le famiglie, il panorama risulta tuttavia più variegato: sono 16 milioni le famiglie che si avvalgono unicamente dell’antenna terrestre per vedere la TV (il 65% del totale). Il satellite a pagamento di Sky è presente in 4,7 milioni di famiglie italiane (18%). Per quanto riguarda il satellite gratuito, le famiglie dotate di apparati ricettivi funzionanti sono 4,6 milioni, (17%), di cui 2 milioni circa utenti di TivùSat, la piattaforma satellitare gratuita di Tivù.
Il numero di canali è sicuramente è uno dei punti forti della ricezione satellitare. Nel 2015 i canali con copertura nazionale presenti sulla piattaforma DTT erano 130 unità, di cui 15 in HD. Il satellite (pay+free) ne diffonde invece 335. Sky offre oltre 80 canali, quasi tutti anche in versione HD. Su TivùSat sono presenti 69 canali, di cui al momento 9 in HD, destinati a raddoppiare entro fine anno. L’offerta in HD è presente quindi soprattutto sulla piattaforma satellitare (più capiente rispetto agli attuali standard di compressione del segnale), che ospita anche un canale 3D. Ma gli sforzi e gli investimenti sono in aumento da parte di tutti i principali editori televisivi.
La multicanalità permessa con l’introduzione del digitale ha portato anche a una diversificazione editoriale significativa, e al lancio di canali tematici dedicati a interessi o target specifici. Gli ascolti complessivi premiano quest’evoluzione. I nuovi editori televisivi rappresentano oggi il 30% dello share. Guardando invece gli ascolti per piattaforma si conferma il peso del satellite. Dal 2012 ad oggi la percentuale di persone che guardano canali televisivi attraverso la piattaforma satellitare è cresciuta dal 15.8% al 17.2%
In un contesto in cui il pubblico è sempre più segmentato e richiede contenuti sempre più personalizzati, risulta necessario dotarsi di maggiore capacità di banda per poter garantire l’innovazione e la diversificazione editoriale.
In Italia un obbligo di legge prevede che, a partire dal 1º luglio 2016, gli apparecchi predisposti per ricevere servizi radiotelevisivi venduti ai consumatori sul territorio nazionale integrino un sintonizzatore digitale per la ricezione di programmi in tecnologia DVB-T2 con codifica MPEG-4. Il nuovo standard DVB-T2, rispetto al precedente standard DVB-T, consente una maggiore flessibilità ed un aumento nell’efficienza (numero di programmi televisivi trasportati su un singolo multiplex) stimata fino ad oltre il 50%.
Tuttavia, il contesto regolatorio attuale richiede di ripianificare l’intero spettro televisivo: l’Unione europea ha infatti previsto che entro il 2020 siano messe a disposizione degli operatori radiomobili regioni pregiate dello spettro, come la banda 700 MHz, che attualmente è occupata dalle trasmissioni televisive digitali terrestri. La banda 700 ospita oggi tre mux di Mediaset e altri tre, rispettivamente di La7, Prima Tv e Tele Capri. Con la sua liberazione, resterebbero a disposizione solo 14 canali liberi dove ospitare tutte le emittenti nazionali.
Il Governo italiano ha chiesto alla Commissione di posticipare al 2022 la liberazione della porzione di spettro interessata. Tuttavia, anche se ottenesse questa deroga, il paese dovrebbe far fronte alle possibili interferenze provenienti dalla Francia, che invece ha già iniziato a liberare la banda 700. Ciò non avverrà senza costi, né per gli operatori né per i consumatori: occorreranno infatti adeguamenti tecnologici da parte delle emittenti, come pure l’acquisto di nuovi apparecchi televisivi da parte degli utenti. Stime della Commissione prevedono che serviranno dai 180 ai 245 milioni di euro per il restacking, lo spostamento dei multiplex presenti in banda 700 a una banda più bassa. A questi si aggiungono i costi per il passaggio al digitale terrestre di seconda generazione, stimati in una forbice molto ampia, tra i 450 e 890 milioni di euro. I costi per i consumatori si collocheranno tra i 40 e i 100 euro per adeguare decoder e televisori. Contrariamente a quanto avvenuto col primo switch off, quando il passaggio al digitale terrestre comportò un notevole aumento del numero di canali disponibili, con la prossima migrazione tecnologica il cittadino dovrebbe sostenere queste spese e disagi senza godere di nuovi servizi. E proprio in questo momento, quando il pubblico è più che mai sensibile alla qualità dell’immagine, con la diffusione di apparati 4K a prezzi sempre più accessibili.
Il satellite può quindi configurarsi come la piattaforma più adatta per accompagnare l’arrivo di questa nuova tecnologia, rappresenta la modalità di distribuzione più convincente per la diffusione nazionale di servizi in UHD, grazie a una grande disponibilità di banda, copertura universale indipendentemente dalla velocità della connessione internet disponibile, mantenimento costante della qualità del servizio, costi marginali di distribuzione nulli. Dunque una finestra preziosa per garantire una fase di transizione che si preannuncia lunga e complessa.