Gli italiani rischiano di morire a causa di malattie precedentemente debellate: questo è il pensiero di tanti cittadini che, al giorno d’oggi, vedono crescere il numero dei contagi e, in certi casi, dei decessi, dovuti alla meningite. Si tratta di una malattia particolarmente aggressiva e non semplice da curare, motivo per cui viene richiesto a chiunque incontri persone che ne sono affette, di sottoporsi immediatamente alla necessaria profilassi. Dosi massicce di antibiotici e, nei casi peggiori, cecità e sordità permanenti, nonchè morti fulminanti possono essere però prevenute, in particolar modo grazie ai vaccini.
Il nostro SSN permette infatti di vaccinarsi contro diverse forme di meningite di tipo batterico, per esempio grazie al vaccino contro l’Haemophilus influenzae di tipo B, inserito nella vaccinazione esavalente, contro diversi tipi di pneumococco, meningococco B e C, e con il vaccino quadrivalente (A,C, W135 e Y)[1]. Il Ministero della Salute riporta che le vaccinazioni contenute nel calendario vaccinale (vedi figura) sono gratuite, anche se le modalità di offerta di questo servizio potrebbero variare da Regione a Regione[2]. Secondo quanto riportato dallo stesso Ministero, i vaccini, proprio come gli altri farmaci, presentano però delle controindicazioni e degli effetti avversi. Questi ultimi sarebbero, nella maggior parte dei casi, di lieve entità e transitori, quali febbre e reazione infiammatoria nel punto di inoculazione, facilmente gestibili con antinfiammatori e antipiretici. Molto raramente, un caso ogni migliaia o milioni di dosi somministrate, possono però comparire effetti avversi più seri, come nel caso del vaccino antipolio orale contenente ceppi virali viventi, che in un caso ogni 2.000.000 di dosi somministrate, può dare origine ad una patologia simile alla poliomielite[3].
Vaccinare se stessi e i propri figli diventa dunque una scelta importante, spesso aiutata dalle decisioni pubbliche, come il ricorso al vaccino antipolio orale in zone endemiche o in presenza di epidemie, o del vaccino antipoliomielitico inattivato (IPV), almeno nelle prime dosi del ciclo di vaccinazione, nelle zone dove la malattia è stata invece debellata grazie al primo vaccino. Proprio il calo delle vaccinazioni, dovuto ad una maggiore circolazione delle informazioni riguardanti i vaccini, potrebbe aver giocato un ruolo fondamentale nella recente diffusione di microrganismi patogeni precedentemente debellati, fatto che ha portato la stessa Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) ad esporsi a favore del loro utilizzo[4], evidenziando che consigliare di non effettuare un vaccino, ove non opportuno, costituirebbe infrazione deontologica, fatto che comporterebbe provvedimenti disciplinari per il medico, fino alla sua radiazione[5].
Sebbene la scelta di non ricorrere al vaccino, effettuata sia supponendo di non contrarre la patologia in questione sia per evitare i gravi effetti avversi collegati alla sua somministrazione, si stia dunque diffondendo nella popolazione italiana, appare opportuno ricordare che ad oggi chi non è vaccinato può comunque evitare il contagio grazie al cosiddetto “effetto gregge”, che si realizza in presenza di una copertura vaccinale compresa tra l’85% e il 96% a seconda della contagiosità della malattia, in quanto capace di indurre una riduzione, fino alla cessazione, della circolazione degli agenti patogeni, proteggendo l’intera collettività.
In conclusione ricordiamo dunque che la vaccinazione costituisce un intervento di sanità pubblica che, proteggendo singoli individui, mira a difendere anche i soggetti non vaccinati, fatto che però ci consente di intuire che la continua riduzione di tale copertura, sebbene capace di continuare a reggere nel breve periodo, potrebbe condurre, nel lungo periodo, ad una maggiore diffusione di patologie precedentemente debellate, capaci di colpire in primis le persone mai vaccinate, non vaccinate per tempo o che non sono state sottoposte ai richiami dei vaccini, indicando che la scelta di non vaccinarsi non risulterebbe vantaggiosa nel lungo periodo, specialmente se attuata da un numero sempre maggiore di cittadini. Possiamo dunque affermare che, se da una parte la somministrazione dei vaccini può dare origine ad eventi avversi che riguardano il singolo individuo, dall’altra, la scelta di non vaccinarsi, potrebbe aumentare il rischio di contrarre gravi malattie infettive non solo per l’individuo ma per l’intera collettività.