Il Forum dal titolo “Il Futuro è la ricerca clinica – Un’opportunità per il paziente, il SSN e il Paese”, svoltosi a Roma il 15 settembre, organizzato da The European House-Ambrosetti, ha rappresentato un’importante occasione per descrivere lo stato attuale della ricerca clinica nel nostro Paese e discutere sulle sfide future.
Le aree prioritarie per la ricerca farmacologica. Secondo l’OMS, in base a quanto riportato nel position paper presentato durante l’incontro, esisterebbero 4 aree di fondamentale importanza su cui focalizzare la ricerca di nuovi farmaci:
a) Trattamenti attuali diventati inefficaci: resistenza ai farmaci antibatterici, influenza pandemica.
b) Trattamenti per i quali va incrementata l’efficacia: cardiopatia ischemica, diabete, cancro, HIV/AIDS, tubercolosi, malattie neglette tropicali, malaria, depressione, emorragia post partum, polmonite, condizioni neonatali.
c) Patologie per le quali non esistono trattamenti efficaci: malattie rare, alzheimer e altre forme di demenza, ictus acuto, osteoartriti, malattia polmonare ostruttiva cronica, perdita dell’udito, lombalgia.
d) Fattori di rischio con trattamenti inadeguati o inesistenti: disturbi da abuso di alcol e malattie del fegato, uso di tabacco, obesità.
Farmaci in sviluppo: la pipeline dell’industria farmaceutica mondiale. La ricerca sulle neoplasie occupa il primo posto, seguita da quella sulle malattie neurologiche, infettive, immunitarie e cardiovascolari, mentre a seguire troviamo l’attività su disturbi psichiatrici, diabete e HIV/AIDS.
La posizione dell’Italia nel contesto Europeo. Dal 2008 al 2014 il numero degli studi clinici in Europa si è ridotto del 32%, periodo durante il quale anche nel nostro Paese è stata registrata una diminuzione degli studi clinici, passati da 880 a 583. L’Italia ha però registrato una lieve ripresa delle sperimentazioni nel 2014, anno in cui il trend europeo risultava ancora in diminuzione, salendo a quota 592 studi clinici, corrispondenti al 18,2% di tutti quelli svolti in Europa[1]. Nel 2015 il numero degli studi clinici autorizzati in Italia è salito ulteriormente, arrivando a quota 681. Il nostro Paese si trova inoltre tra i primi 10 posti a livello mondiale per numero di pubblicazioni mediche, in riferimento al periodo 1996-2015, situandosi al settimo posto con 456.000 pubblicazioni, mentre detiene il primo posto in termini di pubblicazioni per ricercatore (5,3) e numero di citazioni per ricercatore (101,6).
Il ruolo dell’Italia nella ricerca clinica. I dati mostrati nel position paper indicano che l’80% delle sperimentazioni complessive effettuate in Italia sono di fase II e fase III, mentre gli studi di fase I, che ad oggi costituiscono il 10% delle sperimentazioni complessive, risulterebbero gli unici ad essere aumentati dal 2008 al 2014. Queste evidenze, unite alla diminuzione degli studi di fase IV, mostrano una tendenza, da parte del nostro Paese, verso la ricerca di nuove cure, che si esplica attraverso l’avvio di sperimentazioni cliniche per farmaci in via di sviluppo e potenzialmente innovativi.
L’Italia come punto di riferimento europeo: principali ostacoli e opportunità. Malgrado gli indubbi traguardi raggiunti dal nostro Paese, la competitività dell’Italia è messa a dura prova da numerosi limiti di natura burocratica e, ad oggi, “il tempo necessario ad avviare uno studio clinico in Italia è circa il 50% in più che nella media europea.” [1] Tra i vari ostacoli, riportati in figura (fonte: position paper), ricordiamo inoltre una sovra-regolamentazione, caratterizzata anche da una scarsa chiarezza nei ruoli e nelle responsabilità dei Comitati Etici (CE) ‘coordinatori’ e ‘satelliti’, potenziale causa di una duplicazione del lavoro. L’arrivo del nuovo regolamento europeo 536/2014 che entrerà in vigore nel 2018, per i cui dettagli si rimanda a pag 30 del position paper, potrebbe consentire al nostro Paese di semplificare i processi autorizzativi delle sperimentazioni cliniche e di candidarsi a “hub” europeo, proprio in questo periodo in cui la riorganizzazione delle sperimentazioni cliniche, portata avanti a livello nazionale dal Disegno di Legge Lorenzin, consentirebbe inoltre di semplificare gli adempimenti formali necessari ad ottenere il parere dei Comitati Etici e di indicare in maniera chiara i requisiti necessari a condurre sperimentazioni di Fase I.