Conoscere le caratteristiche del paziente costituisce la base della cosiddetta “medicina di precisione”, sempre più conosciuta grazie a programmi televisivi e giornali. Non solo i dati clinici, ma anche le informazioni genetiche risultano importanti per definire il trattamento che più si addice ad ognuno di noi ed è proprio questa la via che gran parte della ricerca scientifica sta percorrendo.
Identificare le mutazioni a carico del DNA e dei suoi sistemi di regolazione costituiscono due obiettivi del lavoro di numerosi ricercatori, dal quale diviene poi possibile creare nuovi farmaci in grado di riconoscere tali alterazioni e, quindi, di agire in maniera specifica su determinati tipi cellulari.
Il 2018 si è aperto con una maggiore comprensione, da parte del gruppo della Columbia University di New York guidato dall’italiano Antonio Iavarone, del meccanismo innescato dalla fusione di due geni, FGFR3 e TACC3, nelle cellule tumorali, ponendo le basi per lo sviluppo di nuovi farmaci.[1]
Lo studio delle modificazioni epigenetiche che, alterando l’accessibilità a certe regioni del genoma (favoriscono o bloccano il legame tra esse e gli enzimi deputati all’espressione genica) ha invece portato alla pubblicazione, su Nature Communications, di un’importante ricerca internazionale sostenuta da AIRC e condotta dai gruppi di Andrea Mattevi (Università di Pavia), Antonello Mai (Università La Sapienza di Roma), Philip A. Cole (Johns Hopkins University, USA) e Rhoda M. Alani (Boston University, USA), che ha portato allo allo sviluppo di molecole ad azione duale “antidemetilasi & antideacetilasi” che hanno mostrato una potente azione antitumorale contro le cellule di melanoma.[2]
Alcuni farmaci epigenetici sono già in uso (inibitori delle istone-deacetilasi per il trattamento di linfomi), mentre altre molecole in grado di agire sulle istone-demetilasi sono entrate in fase avanzata di sperimentazione clinica per alcune leucemie. Demetilasi e deacetilasi creano modifiche chimiche in grado di spegnere e accendere vari geni che controllano la proliferazione delle cellule: l’innovazione della scoperta pubblicata su Nature Communications consiste nella possibilità di progettare, per la prima volta, farmaci con azione duale, ovvero attivi contro entrambi i bersagli anziché contro uno solo.
Le prime scoperte del 2018, rese possibili grazie allo sforzo di team internazionali e all’incontro tra ricercatori in ambito clinico, biologico e chimico, aprono la strada verso nuove strategie di cura in campo oncologico, maggiormente selettive, confermando che la ricerca scientifica si traduce in benefici concreti per i pazienti.