Blockchain, a che punto siamo in Italia (e nel mondo)?


Articolo
Domenico Salerno
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Grazie alle sue caratteristiche di sicurezza ed economicità, la blockchain si sta rapidamente diffondendo nella maggior parte dei settori aziendali (ne abbiamo parlato in numerosi articoli). E secondo lo studio dal titolo “Worldwide Blockchain Spending Guide” condotto da IDC, il mercato europeo è destinato a crescere esponenzialmente nei prossimi anni, fino a raggiungere i 4,9 miliardi di euro entro il 2023, circa sei volte in più di quanto previsto per il 2019 (800 milioni).

L’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger della School of Management del Politecnico di Milano in un suo recente studio ha censito 579 progetti, pubblici e privati, sulla blockchain nel triennio che va dal 2016 al 2018. Nonostante un loro incremento in tutti i settori, le imprese del settore finanziario continuano a essere quelle più interessate alle applicazioni di questa tecnologia. Nel periodo di riferimento, in questo settore sono stati attivati ben 280 progetti che, se nel 2016 rappresentavano l’80% delle sperimentazioni totali, lo scorso anno hanno pesato “solo” per il 55%. Gli altri comparti impegnati nello sviluppo di questa tecnologia sono le pubbliche amministrazioni (10%), gli operatori della logistica (8%), le aziende del settore agroalimentare (5%), gli operatori dei media (5%) e le utilities (4%).

Dal punto di vista della distribuzione geografica, il continente in cui stanno fiorendo la maggior parte dei progetti è l’Asia (32%), seguita dall’Europa (27%) e dall’America (22%). Mentre Oceania e Africa contano solo il 5% delle attività. Ma sono gli Stati Uniti il Paese che supera di gran lunga tutte le altre grandi economie mondiali con il 17% dei progetti. Seguono il Giappone, con oltre il 7%, la Cina, con il 7 e il Regno Unito e la Corea del Sud con il 4%. L’Italia non fa eccezione. Il nostro Paese si posiziona al terzo posto in Europa per numero di progetti, dopo il Regno Unito e la Germania.

Nonostante ciò il mercato nostrano della blockchain sembra essere ancora immaturo. Dalle interviste condotte dall’Osservatorio a sessantuno Chief innovation officer di grandi imprese italiane, è emerso che ben il 59% delle aziende ha avviato sperimentazioni o è sul punto di avviarne, ma la maggior parte di queste non ha un budget dedicato e il 36% non ha personale impiegato sul tema. Solo il 17% delle realtà considerate impega più personale per lo sviluppo della blockchain, ma spesso in maniera non strutturata. Inoltre, siamo ancora indietro sulla conoscenza delle tecnologie basate sui registri distribuiti: solo il 26% dei Cio dichiara di conoscerli in modo approfondito mentre il 46% afferma di avere un know how insufficiente e il 31% non sa ancora cosa sia.

Direttore Area Digitale dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nato ad Avellino nel 1990. Ha conseguito una laurea triennale in “Economia e gestione delle aziende e dei servizi sanitari” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e successivamente una laurea magistrale in “International Management” presso la LUISS Guido Carli. Al termine del percorso accademico ha frequentato un master in “Export Management & International Business” presso la business school del Sole 24 Ore.

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