Musei digitali, la cultura reagisce all’emergenza coronavirus (ma l’impatto economico del lockdown è pesante)

Articolo
Giulia Tani

Lo scorso 8 marzo chiudevano i musei di tutta Italia. Sbarrate le porte, il mondo della cultura si è aperto a modalità alternative di fruizione, sfruttando le possibilità offerte dagli strumenti digitali. Passeggiate virtuali alla scoperta di tesori dell’Antico Egitto condotte dal direttore del Museo di Torino Christian Greco. Un tour a 360 gradi nella Cappella Sistina, con la possibilità di soffermarsi su ogni dettaglio degli straordinari affreschi. Un volo con il drone alla scoperta dei nuovi scavi nel parco archeologico di Pompei, con la narrazione del direttore Massimo Osanna. Contenuti audiovisivi di ogni genere sono condivisi quotidianamente sui siti web e sui canali social delle strutture museali italiane. L’obiettivo è preservare il prezioso legame del pubblico con il patrimonio culturale nazionale.

Secondo i dati Istat del 2018, l’Italia vanta 4.908 tra musei, aree archeologiche, monumenti ed ecomusei. Un patrimonio ricchissimo, diffuso su tutto il territorio: in un comune italiano su tre è presente almeno una struttura museale, una ogni 12.000 abitanti. Dal 2006 il numero di visitatori è cresciuto di quasi un terzo, aumentando in media di 2 milioni e mezzo l’anno. Nel 2018 si è registrato il record: oltre 128 milioni di ingressi, l’8% in più rispetto all’anno precedente. Le 460 strutture statali hanno attratto il 42% dei visitatori. Nonostante alcune disparità nei tassi di crescita di grandi e piccoli musei, le prospettive per l’anno corrente erano rosee. La ferita inferta dall’emergenza coronavirus sul settore è stata dunque particolarmente traumatica.

Il dirigente del ministero dei Beni culturali Antonio Tarasco ha stimato un danno per i musei statali pari a 20 milioni di euro al mese. D’altronde la chiusura ha comportato la perdita degli incassi netti delle biglietterie, che nel 2019 sono stati in media 16,5 milioni al mese. A essi vanno poi aggiunti gli incassi legati ai servizi accessori (bookshop, merchandising e così via). Il danno risulta particolarmente grave per il sistema museale italiano, che più di altri Paesi fonda la sua modalità di produzione dei ricavi sulle biglietterie (da cui proviene circa il 90% delle entrate).

Per far fronte alla crisi del settore, il decreto Cura Italia (ne abbiamo parlato qui) ha previsto la sospensione dei termini per gli adempimenti fiscali e contributivi nonché la cassa integrazione in deroga per i lavoratori. Secondo il Sole 24 ore, a usufruire degli ammortizzatori sociali saranno almeno 30.000 occupati nel sistema di gestione e visita del patrimonio museale. Sulla scia della proposta di Pierluigi Battista sulle pagine del Corriere della Sera, Federculture ha inoltre lanciato un appello per la costituzione di un “fondo nazionale per far vivere la cultura italiana oltre la crisi coronavirus”, accolto dalle maggiori istituzioni culturali del Paese (tra cui la Fondazione Maxxi di Roma, la Triennale di Milano, la Fondazione Musei Civici di Venezia e il Museo Egizio di Torino).

Nel frattempo, il settore ha reagito con prontezza e creatività alla chiusura forzata. Tutti i lavoratori, a eccezione degli addetti alla sorveglianza e manutenzione delle strutture, si occupano da remoto delle attività di ricerca, catalogazione, amministrazione e comunicazione di contenuti online. Il processo di digitalizzazione del patrimonio culturale ha subito una rapida accelerazione. A dire la verità, era stato già avviato negli anni precedenti. Secondo l’Istat, nel 2018 un museo su dieci ha effettuato la catalogazione digitale dei beni e delle collezioni possedute. Se l’utilizzo di tecnologie interattive in grado di arricchire l’esperienza e il coinvolgimento del pubblico (come ad esempio la realtà aumentata) risulta ancora limitato, è tuttavia diffusa la comunicazione online. Il 51,1% dei musei possiede un sito internet e il 53,4% è presente sui principali social media, quali Twitter, Facebook, Instagram e così via.

Oggi l’isolamento forzato spinge molte più persone a esplorare questi canali virtuali. Tante le iniziative da consultare. Tour immersivi in 3D per i Musei Vaticani, i Mercati di Traiano e l’Ara Pacis a Roma. Riproduzioni in altissima definizione delle opere d’arte custodite nella Pinacoteca di Brera a Milano. Racconti per immagini attraverso i capolavori della Galleria degli Uffizi a Firenze. E poi c’è Google Arts & Culture, piattaforma che ospita percorsi virtuali e collezioni di musei italiani e internazionali servendosi di fotografie in gigapixel e della tecnologia StreetView (qui la sezione dedicata all’Italia). Molte anche le iniziative proposte dal ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo, attivo su tutti i social e con un canale Youtube in costante aggiornamento. L’ultima iniziativa, il Grand Virtual Tour, è stata lanciata la scorsa domenica. L’intento è offrire al pubblico la possibilità di ammirare e condividere i luoghi della cultura più amati, i tanti musei, teatri, archivi e biblioteche che costellano il territorio del nostro Paese.

Nelle ampie gallerie, nelle fredde sale vuote dei musei, riscopriamo in questi giorni l’importanza del legame del mondo della cultura con la sua comunità. Il museo ritrova nella relazione con il pubblico la sua ragione di esistenza. Oggi le tecnologie digitali sono essenziali per preservare questa inestimabile connessione. In futuro, serviranno ad arricchire l’esperienza di visita del museo attraverso forme di personalizzazione e interazione. La missione non cambia: valorizzare il passato per comprendere il presente e progettare il futuro.

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