In occasione del convegno “L’ecosistema italiano della sicurezza informatica tra regolazione, competitività e consapevolezza” (qui tutti i relatori che hanno partecipato) tenutosi lo scorso 28 febbraio al Senato della Repubblica è stata presentata l’edizione 2022 dello studio “L’ecosistema italiano della sicurezza informatica tra regolazione, competitività e consapevolezza”.
Nel capitolo primo la centralità assunta dall’ecosistema digitale nel corso degli ultimi anni ha aperto un mondo di nuove opportunità per le imprese, sia a livello di gestione a distanza dei processi interni, sia per la possibilità di interagire con potenziali consumatori sparsi in ogni parte del globo. Il volume sempre crescente dei flussi monetari che transano attraverso i canali digitali è però direttamente proporzionale all’impegno che gli hacker impiegano nella creazione di software malevoli. In base agli ultimi dati diffusi dal Clusit, il numero di attacchi cibernetici gravi a livello globale nel primo semestre 2021 si è attestato a 1.141, con un aumento del 14,6% rispetto al periodo precedente.
Il secondo capitolo dello studio evidenzia come il Paese risulta uno dei più bersagliati dai criminali informatici, presentando una quota del 3,26% dei dispositivi mobili e del 10,74% dei pc fissi che sono stati infettati da malware. Questo dato è notevolmente superiore a quello fatto registrare da altre grandi economie europee come Germania, che presenta un1,63% di infezioni sul mobile e 4,94% da PC, e Francia, 2,56% mobile e 6,71% PC.
Il terzo capitolo mostra come se da un lato la trasformazione digitale ha aperto un nuovo mondo di opportunità per individui e imprese, dall’altro ha fatto sì che anche persone senza alcun rudimento riguardo il funzionamento delle nuove tecnologie si affacciassero ai canali digitali, esponendosi a nuove minacce come il cyber-crime. A tal proposito, secondo il Censis gran parte della popolazione italiana risulta ancora ampiamente impreparata ad affrontare problematiche di sicurezza informatica. Analizzando i dati diffusi dall’istituto si osserva come solo il 24,3% degli italiani dichiari di avere una buona conoscenza di cosa si intende per cibersicurezza, laddove il 58,6% risulta averne ha un’idea approssimata ed il restante 17,1% è completamente a digiuno riguardo la sicurezza informatica.
Nel quarto capitolo I-Com si focalizza sul monitoraggio delle attività di formazione sulla cibersicurezza in ambito universitario ha evidenziato un interesse decisamente crescente per queste tematiche da parte del mondo accademico, che a gennaio 2023 presentava 234 tra corsi e insegnamenti relativi alla cibersicurezza rispetto ai 79 individuati a gennaio 2022.
Nel quinto capitolo capiamo come il cyberspazio è sempre più caratterizzato da confini evanescenti e dinamici, al punto che, negli ultimi anni, sia gli stati nazionali che l’UE nel suo insieme hanno profuso considerevoli sforzi volti al regolamentarne e uniformarne gli usi e le caratteristiche. Questo è particolarmente vero nell’ambito della sicurezza, dove le sinergie tra Stati puntano, da un lato, a esercitare la propria sovranità e, dall’altro, a mettere in campo azioni congiunte a livello internazionale.