E’ stato annunciato due giorni fa il matrimonio tra due giganti della pubblicità, Omnicom Group, colosso americano del marketing e della pubblicità, con 11 miliardi di euro circa di fatturato, e Publicis, lo storico marchio francese fondato nel lontano 1926, che genera 5 miliardi di euro di ricavi. Si tratta di 2 delle “big four” tra le agenzie pubblicitarie (le altre sono WPP e Interpublic) che mettono insieme una capitalizzazione da circa 25 miliardi di euro, che gestiscono la pubblicità di brand mondiali, spesso anche in conflitto tra loro, come ad esempio Coca-Cola (Publicis) e Pepsi (Omnicom). Il nuovo gruppo, Publicis Omicom Group, avrà una leggera prevalenza di Publicis (partecipazione al 50,3%) rispetto all’ex rivale, ora socio, anche perché, malgrado la differenza di fatturato, il francese può vantare un Mol migliore ed un utile alla pari, ma in prospettiva le cose potrebbero anche cambiare, visto che Maurice Lévy, CEO di Publicis, diventerà entro 30 mesi presidente onorario, lasciando verosimilmente il controllo solo a John Wren, CEO di Omnicom.
Si compie così un altro merger in un settore chiave come quello della pubblicità. L’avanzata dei titani del web, Google in testa, mette in discussione il modello di business delle agenzie che sono nate con gli off-line media. Attualmente entrambe le società lavorano molto sul web, in particolare Publicis che recentemente ha comprato società specializzate nel settore, come Razorfish o Rosetta, ed hanno sviluppato strumenti specifici per internet anche in collaborazione con Google&co. E’ però evidente che il mondo della raccolta pubblicitaria sta subendo una rivoluzione e che sono sempre più necessarie sinergie. “Size matters” ha detto Lévy commentando l’operazione. Ed in effetti sembra che nel mondo dell’online le dimensioni contino anche di più. Il mercato si allarga e si globalizza, ma se non si è grandi abbastanza è difficile restare dentro.