“In un’ epoca in cui la tecnologia consente un flusso informativo immediato, low cost e globale, le politiche sul Diritto all’informazione (Right to Information) hanno un enorme potenziale nel miglioramento qualitativo della governance mondiale …” Partendo da questo presupposto il working paper “Transnational Transparency: why does it matter for global health”, curato dal Barcelona Institute for Global Health, offre interessanti spunti di riflessione sull’importanza della trasparenza, per rafforzare la protezione della salute pubblica nel contesto economico mondiale.
La trasparenza di cui si parla non è soltanto riconducibile alle negoziazioni politiche multilaterali sul commercio e gli investimenti, che hanno comunque un impatto sui servizi sanitari. Il riferimento è agli attori privati che operano nei settori della Ricerca e Sviluppo nel campo farmaceutico e biomedicale. Si pensi alle grandi aziende che producono nuove tecnologie sanitarie come vaccini, farmaci, dispositivi sanitari e diagnostici. Qui lo studio dell’IGH solleva due questioni particolarmente significative e riconducibili alle procedure – in questo caso poco o nulla trasparenti – di Ricerca & Sviluppo: i risultati dei test clinici e i costi in R&S connessi allo specifico prodotto.
In nessuno dei due casi le aziende forniscono pubblicamente dati. Per quanto riguarda i trials, la pratica di mantenere riservati i risultati negativi implica che le informazioni sulla terapia siano alterate e creino una “immagine troppo ottimistica dei rischi e benefici del medicinale”. Un tema sensibile per le conseguenze sulla salute del paziente, ma che in generale incide sul livello di accountability pubblica, tanto che sono state richieste call per registrare l’esistenza dei trial clinici su database pubblici.
Nel 2005 l’International Commitee of Medical Journal Editors ha adottato un provvedimento per pubblicizzare soltanto i risultati dei trial precedentemente registrati anche se – rivela l’Institute for Global Health – alcuni studi hanno sottolineato la mancata applicazione di queste misure, considerate comunque insufficienti.
Non è stata incisiva neppure la posizione ufficiale dell’International Federation of Pharmaceutical Manufacturers’ Associations sulla registrazione e diffusione dei risultati dei trial clinici. Le disposizioni dell’IFPMA sono state infatti limitate all’adesione volontaria degli sperimentatori e sono state escluse dal provvedimento le informazioni che possono arrecare danni al vantaggio competitivo dell’azienda.
Qualcosa tuttavia si sta muovendo. Nel mese di ottobre la World Medical Association ha aggiornato la Dichiarazione di Helsinki sulle linee guida per la sperimentazione clinica, rafforzando la protezione dei pazienti coinvolti nelle sperimentazioni e la trasparenza dei dati relativi ai trial clinici, con precise indicazioni sugli obblighi da rispettare nella pubblicazione e divulgazione dei risultati.
L’Agenzia Europea dei Medicinali ha diffuso invece un draft policy per divulgare i dati dei trials clinici in suo possesso a decorrere dal gennaio 2014, e recentemente il direttore esecutivo di EMA – Guido Rasi – ha sottolineato che un regime di trasparenza negli studi clinici costituisce non solo un vantaggio per lo sviluppo dei farmaci ma può apportare anche importanti benefici per ricercatori e aziende.
Tra questi la riduzione della “variabilità indesiderata” e i tassi di errore di tipo I/II; la comprensione dell’eterogeneità di trattamento, che può migliorare lo stato di rimborso di un medicinale; il migliore posizionamento dei prodotti, conseguibile con la maggiore informazione sull’efficacia comparativa; l’individuazione e riduzione di prove e progetti che si sono rivelati inefficaci.