Le sfide di Netflix in Italia

Netflix ha dichiarato che il traguardo nel nostro Paese è raggiungere nei prossimi anni 1 famiglia su 3. Un obiettivo ambizioso e di lungo termine di cui abbiamo già parlato che è strettamente connesso al consolidarsi delle nuove abitudini di fruizione dei contenuti e all’accelerazione impressa dagli operatori di tlc pubblici e privati nella costruzione di reti a banda larga e ultra- larga (oggi solo il 50% degli italiani ha un collegamento internet a casa e le smart tv sono ancora poco diffuse). Traguardo a nostro avviso non facile da raggiungere per varie ragioni non solo di natura tecnologica. La prima è rapprNetflix-Button-e1428390720745esentata da un vincolo insormontabile ovvero il tempo a disposizione degli utenti in una giornata, fattore decisivo su cui si giocherà la competizione tra vecchi e nuovi player di mercato. Sotto questo profilo gli italiani detengono un primato a livello europeo, consumando in media al giorno il più elevato numero di minuti davanti agli schermi (tablet e smartphone esclusi), ben 260 contro i 210 della Germania i 212 della Spagna. Il nostro mercato televisivo gode di buona salute, se è vero che che dai 9,2 milioni di spettatori medi del 2005 si è passati ai 10,2 del 2015. L’aspetto più sorprendente è che il trend di consumo è in crescita, in controtendenza rispetto al resto del mondo dove al contrario il cd. fenomeno del cord cutting (progressivo spostamento dei consumi dalle piattaforme via cavo, dtt o satellite ai servizi on line) registra numeri interessanti mettendo in crisi gli operatori televisivi ha ormai raggiunto una fase di piena maturità, almeno nella forma finora conosciuta. Un report di Analysys Mason di inizio 2015 stimava che in Italia nei prossimi anni il mercato dei contenuti video a pagamento crescerà del 17% ma i ricavi dei servizi di pay tv tradizionale caleranno del 6%.

Una seconda ragione attiene alla concorrenza commerciale sempre più agguerrita che negli ultimi due anni ha visto nascere servizi on line competitivi a livello di prezzo e ricchi a livello di catalogo titoli, offerti sia da broadcaster tradizionali (Infinity, Sky On line) sia da operatori OTT come Chili Tv (che ha chiuso il 2014 con 450 mila utenti ed è sbarcata anche in Austria e Polonia), I-tunes, Google Play, Amazon. Una concorrenza che al momento genera circa 40 milioni di ricavi, destinati però a raddoppiare nel 2016 e giungere a quota 250 milioni già nel 2018. Crescita in questo caso dovuta non solo all’ingresso di Netflix che nel primo anno dovrebbe arrivare a 150mila utenti in linea con il roll-out francese e tedesco. In questi Paesi, caratterizzati da emittenti nazionali forti free e pay e servizi SVOD già avviati, la penetrazione di Netflix è attualmente al 37 e al 40% di tutti gli utenti subscription, mentre lo stesso modello di business raggiunge appena il 10% della popolazione adulta. Anche in Italia – dove il mercato tv lineare, forte di una robusta piattaforma digitale terrestre, continua a godere di buona salute – si prevede che il servizio non superi il 28% delle famiglie nel 2020.

Una terza ragione riguarda l’appeal, la qualità e la varietà dei contenuti offerti. Netflix ha dichiarato che la porzione di contenuti europei all’interno della sua offerta dovrebbe rappresentare il 20% dell’intero catalogo. Un rassicurante biglietto da visita necessario per conquistare i mercati europei. Ma ciò non basta. Occorrono anche titoli freschi e in esclusiva e come sappiamo la finestra di sfruttamento per gli operatori Svod è – differenza del tvod – è molto lunga (24 mesi). Ciò significa che occorre spingere maggiormente sugli investimenti in produzione originale in modo da non avere vincoli nella gestione dei diritti. Investimenti che al momento sembrano ancora rappresentare una strategia complementare e non core del servizio.

Il vero valore aggiunto di Netflix semmai è rappresentato dal motore di ricerca e di raccomandazione che consente ai propri abbonati di individuare con grande facilità e senza grandi perdite di tempo nomi, titoli e generi di maggior interesse e più aderenti ai propri gusti.

Va ricordato inoltre che il nostro è il mercato occidentale che vanta la più ampia offerta di film e fiction tv in chiaro e con il costo medio più basso di abbonamento alla pay-tv (circa 25-30 euro), mentre negli Usa i costi delle pay sono molto più alti (anche 70 dollari): questa forbice pesa molto sul boom del modello Netflix: costi bassi e contenuti, oltre che facilità nella disdetta.

Stiamo assistendo ad un “turning point” dove la centralità del broadcast inizia ad essere scalfita, invasa ed ibridata dalle reti a banda larga come dimostra la strategia del gruppo Vivendi azionista di maggioranza di Telecom fortemente interessato a proporre agli utenti pacchetti integrati di servizi e contenuti ad alto valore aggiunto.

La parola d’ordine, tanto nel mercato italiano quanto internazionale torna ad essere triple o quad play: pacchetti completi di telefonia fissa e mobile, connessione a Internet e tv, tutti veicolati attraverso le nuove reti broadband e ultra broadband che, dal canto loro, necessitano dei contenuti per aggiungere valore alla propria offerta e sostenere così gli investimenti sul network.

La scommessa risiede nel progressivo passaggio di abitudini da parte degli utenti dal consumo lineare (possibile anche attraverso altre piattaforme come il digitale terrestre o il satellite) a quello personalizzato e on demand, confidando in una accelerazione delle reti tlc di nuova generazione (di qui gli accordi con Telecom e Vodafone per garantire una CDN affidabile a Netflix) in termini di copertura e velocità di banda.