Di questi tempi non c’è forse parola più usata (e abusata) di innovazione. Dall’economia alla società, dalla comunicazione di massa alla politica, non c’è ambito della convivenza civile che non sia attraversato da radicali processi di innovazione. Ma cosa fanno in tal senso le imprese italiane? Qual è la loro propensione a investire in nuove tecnologie, prodotti inediti, processi più efficienti, modalità organizzative originali e strategie di marketing esclusive?
Ci aiuta a fare luce sulla relazione tra innovazione e sistema produttivo in Italia un recente report Istat, che riordina i dati sull’innovazione nelle imprese italiane nel triennio 2014-2016. Quello che ne scaturisce è un quadro in chiaroscuro. Nel periodo considerato il 48,7% delle imprese industriali e dei servizi con 10 o più addetti abbia introdotto innovazioni: una quota in crescita di 4 punti percentuali se comparata agli anni 2012-2014. Un dato non scontato riguarda la propensione innovativa sulla base della dimensione delle imprese. Si riscontra come questa sia in ripresa fra le piccole e medie imprese (+4,3 punti percentuali per le prime e +3,4 per le seconde). Al contrario è in lieve calo nelle grandi imprese (l’81,8% con una riduzione dell’1,5) a causa di un ridimensionamento nel settore dei servizi (che passano dal 76,9 al 72,2%).
È l’industria il settore che mostra la maggiore propensione a innovare: le imprese che guardano al futuro sono il 57,1% del totale, una percentuale in aumento di sette punti rispetto ai tre anni precedenti. Tuttavia, la propensione a innovare varia molto a seconde del settore di attività economica. Ad esempio, spiccano le aziende dell’elettronica (il 90% di queste innova), del chimico e del farmaceutico (3 su 4 creano innovazione). Inoltre, l’innovazione rappresenta un aspetto centrale delle scelte strategiche aziendali per la quasi totalità delle grandi imprese industriali (il 91,8% con un aumento dell’1,7).
Ma di quali innovazioni si tratta? Nel 73,3% di innovazioni di prodotto o processo. Il 21,8% delle imprese, invece, ha effettuato forme di innovazione soft, non collegate alle tecnologie, ad esempio organizzative e di marketing. Nonostante ciò, cresce la tendenza ad adottare pratiche di tipo integrato: il 53,2% delle imprese con attività innovative ha sviluppato percorsi di innovazione complessi (ad esempio, ha introdotto nuovi prodotti-processi in modo contestuale a innovazioni organizzative o di marketing) mentre il 50,2 ha innovato sia i prodotti sia i processi produttivi.
Peraltro, è aumentata componente di Ricerca & Sviluppo nei processi di innovazione. Le attività di R&S e, più in generale, l’investimento in capitale intangibile crescono di 6,7 punti percentuali. In più, aumentano anche gli innovatori di successo, le imprese che hanno concluso le proprie attività innovative con l’introduzione di almeno un’innovazione di prodotto o di processo sul mercato o al proprio interno: costituiscono il 35,7% delle imprese, una quota in crescita di 7 punti percentuali rispetto al 2012-2014.
È utile, inoltre, verificare quanto le imprese italiane investano in innovazione. Istat calcola che nel 2016 la spesa sia stata in media di 7.800 euro per addetto. Anche in questo caso, è un dato in crescita, rispetto ai 6.200 del 2014. Un incremento che riguarda tutti i settori produttivi: l’industria, al primo posto con 9.600 euro per addetto, i servizi (6.000 euro) e le costruzioni (4.900 euro). Al interno del comparto industriale, si distinguono i settori della fabbricazione di altri mezzi di trasporto (34.800 euro), del farmaceutico (22.400) e della fabbricazione di autoveicoli (18.700).
Ciononostante, nel finanziare le innovazioni, risulta fondamentale il ruolo del pubblico. Il 31,7% delle imprese innovatrici in senso stretto dichiara di aver beneficiato di incentivi pubblici, una percentuale superiore di ben 8,1 punti percentuali se comparata al triennio precedente. A questo proposito, è l’industria il settore che più si avvale del sostegno pubblico.
Risulta, infine, in calo la quota di imprese che sviluppano nuovi prodotti per il mercato. Seppure ancora consistente, ammonta al 37,8% rispetto al 40 del 2012-2014. Ugualmente, si riduce la percentuale di imprese che hanno introdotto nuovi prodotti nel mercato internazionale. In questo caso, il calo è più netto: si è passati dal 19,3% del 2012-2014 al 14,5 del 2014-2016. Diminuisce anche la propensione delle imprese a cooperare tra loro per attivare processi di innovazione. Al contrario, è costante, ma ancora eccessivamente contenuta, la quota di imprese che cooperano in questo campo con partner esteri: ammonta al 4,3%.