Air Italy, le ragioni della crisi e gli scenari futuri


Articolo
Gabriele Ferrara

Air Italy verrà messa in liquidazione. Gli azionisti – Alisarda con il 51% del capitale e Qatar Airways con il 49 attraverso AQA Holding – hanno fatto sapere che la decisione è stata presa all’unanimità “a causa delle persistenti e strutturali condizioni di difficoltà del mercato“, nonostante il 2019 abbia visto un incremento del fatturato della società atteso intorno 330 milioni di euro. Tuttavia, sono state le perdite ad aver fatto la differenza. Nel 2018, ovvero il suo primo anno di vita, la compagnia aerea erede di Meridiana Fly aveva riportato una perdita complessiva di 160 milioni di euro, arrivando a 230 l’anno successivo. Anche nel 2017 (ultimo anno della vecchia compagnia) le perdite erano state di circa 40 milioni di euro, a fronte di un fatturato superiore ai 350 milioni. D’altra parte, è importante sottolineare quanto riportato da Milano Finanza, secondo cui la questione che ha fatto propendere per la liquidazione non è stata tanto legata ai soldi, quanto all’assenza di prospettive. Ragione per cui gli azionisti avrebbero deciso in tal senso “per proteggere al meglio gli stakeholder“. Allo stesso tempo, è emerso che a gennaio la compagnia aerea stava registrando un aumento significativo delle prenotazioni, con un effetto positivo ancora più marcato sui ricavi.

Agi ha invece sottolineato le difficoltà dell’azienda causate dal contenzioso con Alitalia sui collegamenti tra Italia continentale e Sardegna, punto di forza dei servizi di Air Italy, ma anche per l’acquisto di tre aerei Boeing 737 Max 8, utilizzati per le tratte a corto e medio raggio e messi a terra lo scorso marzo per via del blocco imposto dalle autorità internazionali dopo il tragico incidente occorso in Etiopia. Inoltre, secondo fonti di stampa, Qatar Airways si era mostrata favorevole a dare un’altra chance ad Air Italy. Se lo avesse fatto, avrebbe superato la quota azionaria del 50% e fatto perdere la licenza alla compagnia, dal momento che soltanto compagnie aeree controllate per la maggior parte da azionisti europei possono fare servizio nel Vecchio continente. Inoltre, nel dicembre 2018 i qatarioti stavano per lanciare un piano che prevedeva cinquanta nuovi aerei, la creazione di 1.500 posti di lavoro per coprire cinquanta destinazioni soltanto in Italia tra Roma, Napoli, Palermo, Catania e Lamezia Terme, in modo da alimentare i voli intercontinentali dall’hub internazionale di Malpensa.

Da un punto di vista strutturale, una delle ragioni del fallimento dell’azienda risiede nella sua incapacità di far fronte alle difficoltà presenti sul mercato internazionale. Un problema che è senz’altro di tutte le compagnie italiane, come certificato dai dati Istat del 2015, che avevano registrato una riduzione progressiva dell’utilizzo dei vettori nazionali da parte dei passeggeri arrivati e partiti da aeroporti italiani. Come scrive il professore ordinario di Economia politica presso l’Università di Brescia Carlo Scarpa su La Voce, il mercato di settore vede ogni giorno un numero limitato di operatori tradizionali ben attrezzati sulla lunga percorrenza, si pensi a British Airways e Lufthansa. Queste ultime faticano a competere con aziende quali EasyJet e, soprattutto, Ryanair, che ha già annunciato di non essere interessata all’acquisizione di Air Italy. D’altro canto, la compagnia irlandese si aspetta di crescere del 3-4% nel Belpaese (la media europea non va oltre l’1%). In tal senso, è interessante notare che quest’anno introdurrà tre nuove rotte da Cagliari e quattro da Alghero, portando dunque a 41 i collegamenti dall’isola verso l’Italia e l’Europa. In ogni caso, secondo il chief commercial officer di Ryanair, David O’Brien, la vicenda “mette in luce il pericolo costituito dalla cosiddetta addizionale comunale, che carica un peso intollerabile sugli aeroporti regionali più piccoli. I soli passeggeri di Air Italy hanno pagato oltre 30 milioni di euro di tasse municipali, la maggior parte delle quali va a ex dipendenti in cassa integrazione di Alitalia anziché ai Comuni“.

A causa di questa situazione estremamente delicata, molti dei 1.450 dipendenti rischiano di perdere il lavoro. L’iter di liquidazione in bonis dovrebbe durare circa 75 giorni, con il licenziamento collettivo che dovrebbe avere luogo a maggio. La società ha pubblicato una nota in cui spiega che i liquidatori – che saranno Enrico Laghi e Franco Maurizio Lagro – hanno spiegato ai dipendenti come si svilupperà la procedura di liquidazione, confermando l’intenzione di “adottare tutte le misure possibili di sostegno al reddito, compatibili a norma di legge con la procedura di liquidazione stessa“. Non è ancora chiaro in quanti perderanno effettivamente il posto, ma dovrebbero essere una netta maggioranza – secondo Qui Finanza circa 1.200 – nonostante l’opposizione del ministro per le Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli e del Consiglio regionale della Sardegna. In un question time alla Camera dei deputati dello scorso 19 febbraio, il ministro ha dichiarato di aver già avviato il dialogo con le autorità qatariote per verificare la disponibilità a mantenere gli investimenti in Air Italy. E ha poi ribadito la disponibilità dell’ambasciatore del Qatar in Italia ad individuare ogni possibile soluzione condivisa.

Intanto, le associazioni dei consumatori hanno chiesto l’intervento dell’Ente nazionale per l’aviazione civile (Enac) affinché garantisca “un servizio adeguato“, trovando altrimenti soluzioni alternative per eliminare l’incertezza che da giorni dilaga nel Paese. Un aspetto su cui si è focalizzato anche il Codacons. In ogni caso, è stato reso noto che fino al 16 aprile Air Italy continuerà a coprire il servizio di voli in continuità territoriale e a prezzi agevolati sulle rotte tra l’aeroporto di Olbia e gli hub di Roma e Milano.

Ufficio stampa e Comunicazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nata a Roma nel 1992, Giulia Palocci si è laureata con il voto di 110 e lode in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’università Luiss Guido Carli con una tesi sul contrasto al finanziamento del terrorismo nei Paesi del Sud-est asiatico.

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