Liberalizzare i mercati retail dell’energia, fuori da facili populismi e colpevoli inerzie


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Stefano da Empoli e Domenico Salerno
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La liberalizzazione del mercato energetico è un processo che va avanti ormai da più di vent’anni. Era infatti il lontano 1999 quando il cosiddetto decreto Bersani sancì la fine del monopolio elettrico, aprendo alla concorrenza di mercato e alla partecipazione di numerosi operatori, insieme al cosiddetto decreto Letta dell’anno successivo, che faceva la stessa cosa per il gas. L’ultima tappa di questo lungo percorso, già tre volte posticipata, dovrebbe vedere la fine del regime di maggior tutela. Il decreto-legge n.183 del 31 dicembre 2020 ha fissato il termine per il superamento della tutela di prezzo al 1° gennaio di quest’anno per le piccole imprese e al 1° gennaio 2023 per le microimprese e per i clienti domestici, cioè ben tre anni e mezzo dopo la scadenza inizialmente prevista dalla Legge annuale per la concorrenza e il mercato, approvata nel 2017.

C’è ora chi vorrebbe procedere a ulteriori rinvii, cogliendo tutte le opportunità che si presentano sulla strada, anche quelle che non dovrebbero essere strumentalizzate. E’ il caso dell’audizione di Arera dello scorso 19 maggio, in occasione del dibattito parlamentare relativo alle due risoluzioni, a prima firma rispettivamente degli on. Crippa e Squeri, inerenti le iniziative a favore dei clienti finali di piccole dimensioni di energia elettrica in considerazione della prevista rimozione delle tutele di prezzo.

Cosa è scritto di così incredibile nella memoria Arera tale da portare l’On. Crippa a concludere perentoriamente, a seguito dell’audizione, che “non ci sono le condizioni per il superamento della tutela di prezzo”?

L’elemento scatenante è stato offerto dall’analisi del divario positivo di prezzo tra mercato libero e servizio di maggior tutela nel mercato elettrico, salito nel 2020 a 4,39 centesimi per kilowattora, rispetto agli appena 1,17 del 2019. Come correttamente precisa l’Arera, si tratta di valori medi rispetto alle tantissime offerte presenti sul mercato (proposte dai circa 600 fornitori). Il che vuol dire, nelle stesse parole dell’Autorità, che “nell’ambito del mercato libero sono presenti comunque offerte più convenienti rispetto a quelle del mercato tutelato”. Dunque si tratta semmai di fare in modo che i consumatori sappiano della loro esistenza ed eventualmente le scelgano. Sapendo tuttavia che il semplice confronto di prezzo, peraltro alterato dalle diverse condizioni contrattuali (tanto per citare un esempio eclatante, è ovvio che i contratti a prezzo fisso, spesso scelti dai consumatori sul mercato libero, siano meno convenienti quando il prezzo scende, cosa puntualmente accaduta l’anno scorso) è una dimensione importante ma di certo non l’unica. Tanto più che, come riferisce lo stesso documento di Arera, “nel prossimo futuro, il mercato retail sarà sempre più contraddistinto dalla presenza di offerte maggiormente innovative, dove il prodotto venduto al cliente finale non riguarderà esclusivamente la fornitura di energia elettrica ma sarà caratterizzato da ulteriori servizi, talora personalizzati rispetto alle caratteristiche di sottocategorie di clienti finali”. Perché queste condizioni si realizzino, occorre però che si proceda verso la piena liberalizzazione del mercato, uscendo dall’infinito limbo nel quale si trova ormai da alcuni decenni. Naturalmente mettendo in atto tutte quelle azioni che servono, lato offerta, a garantire che vincano davvero i migliori fornitori (in termini di competitività ma anche di correttezza nei rapporti commerciali) e, lato domanda, a tutelare efficacemente i diritti dei consumatori.

A parte i criteri di assegnazione degli utenti del servizio di maggior tutela che non scelgano nel frattempo il proprio fornitore sul libero mercato, due sono i passaggi fondamentali che ancora mancano e il cui ritardo è esclusivamente imputabile ai Governi che si sono succeduti dall’approvazione della Legge concorrenza nell’agosto del 2017 ad oggi. Nei quali, per inciso, un ruolo fondamentale lo ha rivestito per più di un anno lo stesso on. Crippa, sottosegretario con delega all’energia del Governo Conte I da giugno 2018 al settembre 2019.

In primo luogo, occorre definire l’Elenco dei soggetti abilitati alla vendita, pietra fondamentale per un mercato basato su operatori affidabili in grado di contendersi il primato.

Secondo, occorre far partire finalmente la campagna informativa, in grado di aumentare la conoscenza del mercato da parte dei clienti, a partire da quelli più vulnerabili (per i quali sono certamente necessari interventi ulteriori, come indicato dalla stessa Autorità).
Insomma, alcuni politici, che pure avrebbero avuto occasione di incidere favorevolmente sulle sorti di molti milioni di consumatori, non lo hanno fatto quando era in loro potere farlo e ora vogliono fermare tutto, strumentalizzando l’analisi di Arera, che ha lavorato alacremente in questi anni proprio in vista delle scadenze che le erano state date e che peraltro afferma esplicitamente in un altro passaggio della memoria di essere “ben cosciente che la completa liberalizzazione del mercato possa portare vantaggi per i clienti finali”.

Naturalmente, il passaggio da una condizione potenziale a una effettiva non è garantita. E giustamente Arera dispensa molti suggerimenti affinché la transizione al nuovo regime possa avere successo, invitando a tenere in debita considerazione l’esperienza già in atto del processo di rimozione delle tutele di prezzo che si sta compiendo per le piccole imprese, a partire dal primo gennaio di quest’anno. Quello che si potrebbe definire un atteggiamento serio, che tutte le istituzioni coinvolte dovrebbero imitare, fuori da facili populismi e colpevoli inerzie.

Presidente di I-Com, Istituto per la Competitività, think tank che ha fondato nel 2005, con sede a Roma e a Bruxelles (www.i-com.it). Docente di economia politica e politica economica nell’Università Roma Tre.

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