Desi 2021, come procede l’avanzamento digitale dell’Europa (e dell’Italia)?


Approfondimento
Maria Rosaria Della Porta

Come da sette anni a questa parte, anche per il 2021 la Commissione europea ha pubblicato la relazione annuale sull’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI), che monitora i progressi compiuti dagli Stati membri nel settore digitale.

La pubblicazione dell’indice è un evento molto atteso, perché consente di comprendere lo stato dell’arte dell’avanzamento digitale nell’Unione europea e di capire quale tipo di impatto potranno avere le politiche digitali promosse dalla Commissione e quali azioni ancora dovranno essere messe in campo in futuro.

LA NUOVA METODOLOGIA DEL DESI

Il Desi 2021 è stato adeguato in modo tale da rispecchiare le principali iniziative europee che avranno un impatto sulla trasformazione digitale dell’Ue nel prossimo futuro: il dispositivo per la ripresa e la resilienza e la bussola per il decennio digitale.

Gli indicatori sono dunque ora strutturati in base ai quattro settori principali della bussola per il digitale (competenze, infrastrutture digitali sicure e sostenibili, trasformazione digitale delle imprese e digitalizzazione dei servizi pubblici), che sostituiscono la precedente struttura a cinque dimensioni, mentre gli undici indicatori Desi 2021 misurano appunto gli obiettivi che stabilisce.

Per operare comunque un confronto con il passato, i punteggi degli anni precedenti e le relative posizioni in classifica sono stati ricalcolati per tutti i Paesi in esame alla luce della nuova metodologia.

COME PROCEDE L’EUROPA DIGITALE?

I risultati del Desi 2021 evidenziano come, in generale, l’Unione europea stia procedendo nella transizione digitale anche se, tuttavia, persistono ancora molti aspetti che devono essere necessariamente migliorati per poter trarre vantaggio da questo processo.

Uno di questi riguarda le competenze digitali: quelle di base sono possedute solo dal 56% dei cittadini europei mentre quelle avanzate dal 31%. Seppure si tratta di numeri in miglioramento rispetto al passato, non sono ancora sufficienti per garantire la piena convergenza dell’Unione europea verso il digitale.

Sul fronte della connettività emerge una situazione più rosea soprattutto in tema di tecnologie fisse e mobili. La copertura NGA ha raggiunto l’87% delle famiglie europee mentre solo il 59% delle famiglie può beneficiare di connettività di rete fissa ad altissima capacità (VHCN). Quanto alle tecnologie di rete mobile, da un lato il 4G è quasi universale grazie al raggiungimento del 99,7% delle aree popolate, dall’altro il 5G ne copre ancora solo il 14%.

Per raggiungere gli obiettivi del decennio digitale europeo, al 2030 almeno il 90% delle piccole e medie imprese nell’Ue dovrebbero avere un livello base di intensità digitale. Nel 2020, questo requisito era rispettato solo dal 60% di esse. Ma non è tutto. Tra gli scopi che l’Unione intende perseguire, c’è pure quello di portare le imprese (nello specifico il 75%) a utilizzare entro il 2030 tecnologie dotate di intelligenza artificiale, cloud e big data. Attualmente, i primi due sono utilizzati da una sola azienda su quattro mentre il 14% di esse si occupa di analisi dei big data.

Anche sotto il profilo dei servizi pubblici digitali l’Europa può e deve ancora migliorare al fine di raggiungere il target 2030, in cui tutti i servizi pubblici chiave per cittadini e imprese dovrebbero migrare completamente sul web.

E L’ITALIA?

Nel Desi 2021 l’Italia recupera terreno nella classifica generale, ma permane la nota dolente delle competenze e la poca diffusione dei servizi pubblici digitali. Rispetto all’edizione precedente siamo saliti di 5 posizioni, collocandoci al 20° posto con un punteggio pari 45,5 contro una media europea del 50,7.

Tale risultato è da imputarsi principalmente ai progressi compiuti sotto il profilo della connettività. Si è registrato un aumento particolarmente significativo della diffusione dei servizi di connettività che offrono velocità di almeno 1 Gbps. Tuttavia, il ritmo di dispiegamento della fibra è rallentato tra il 2019 e il 2020 e sono ora necessari ulteriori sforzi per aumentare la copertura delle reti ad altissima capacità e del 5G e per incoraggiarne la diffusione.

Buoni risultati anche dal mondo delle aziende, dove la maggior parte delle piccole e medie imprese italiane (69%) ha raggiunto almeno un livello base di intensità digitale, una percentuale ben al di sopra della media Ue (60%). Specie sul fronte della fatturazione elettronica le imprese italiane hanno mostrato ottime performance mentre permangono lacune nell’uso di tecnologie avanzate quali i big data e l’intelligenza artificiale, nonché nella diffusione dell’e-commerce.

Contrariamente, sotto il profilo del capitale umano l’Italia ha registrato un importante ritardo. Solo il 42% delle persone di età compresa tra i 16 e i 74 anni possiede perlomeno competenze digitali di base (56% nell’Ue) e solo il 22% dispone di competenze digitali superiori (31% nell’Ue).

Anche la percentuale di utenti italiani che utilizzano servizi di amministrazione online (e-government) è ancora nettamente al di sotto della media europea nonostante, complice anche la pandemia, si sia verificato un aumento rispetto agli anni precedenti, passando dal 30% nel 2019 al 36% nel 2020.

LE AZIONI DEL PNRR PER LO SVILUPPO DIGITALE ITALIANO 

In futuro si spera che l’Italia possa migliorare ulteriormente nello sviluppo digitale, soprattutto negli aspetti in cui oggi mostra le maggiori criticità: competenze digitali ed e-government.

Questo grazie anche alle azioni previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), volte a migliorare le competenze digitali di base mediante il rafforzamento dell’istruzione professionale, in particolare del sistema di formazione professionale terziaria (ITS) e dell’istruzione STEM e ad accelerare l’adozione dei servizi pubblici digitali attraverso una serie di interventi “abilitanti”. Tra questi, la migrazione al cloud delle pubbliche amministrazioni e il potenziamento della cybersecurity nazionale, nonché la diffusione della App “IO” come punto di accesso preferenziale per il cittadino. Ulteriori interventi riguarderanno la creazione di un Fascicolo Sanitario Elettronico omogeneo a livello nazionale, strumento indispensabile per poter abilitare tutti i servizi digitali in sanità, tra cui la telemedicina.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Economia presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con una tesi in Finanza Aziendale Internazionale. Successivamente ha conseguito un master di II livello in “Concorrenza, economia della regolamentazione e della valutazione”, presso la medesima università.

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