PromethEUs: “La sovranità digitale europea non porti a una logica protezionista bensì a una maggiore competitività del Vecchio continente su scala globale. Per farlo serve innescare un circolo virtuoso tra regole e investimenti”
30 novembre 2021 – La sovranità digitale è ormai essenziale per mantenere la credibilità dell’Unione europea, sia internamente che esternamente. La dipendenza tecnologica dagli Stati Uniti e dalla Cina ha sollevato tra gli Stati membri forti preoccupazioni in merito alla capacità dell’Unione di proteggere i suoi valori fondanti e i diritti dei suoi cittadini da pratiche discutibili come la sorveglianza e l’uso improprio dei dati da parte di Paesi terzi. È in questo contesto che il concetto di sovranità digitale europea, appunto la capacità del Vecchio continente di agire in maniera indipendente nel mondo digitale, è divenuto centrale nel dibattito politico europeo e non solo. Negli ultimi mesi l’Ue ha avviato una rinnovata cooperazione in ambito digitale e tecnologico con gli Stati Uniti tramite il Trade and Technology Council (TTC). Ma come si traduce questo nuovo approccio a livello di policy, interventi normativi e rapporti internazionali? E quali opportunità e sfide si prospettano per i rapporti tra Unione europea e Stati Uniti?
Sono queste alcune delle domande a cui cerca di rispondere il paper dal titolo “The multisided path to European digital sovereignty and the future of EU-US relations” realizzato da PromethEUs, il network di think tank specializzato sui temi del digitale e costituito da quattro centri di ricerca del Sud Europa: oltre all’Istituto per la Competitività (I-Com) – che lo coordina – ne fanno parte il Real Instituto Elcano (Spagna), lo IOBE – Foundation for Economic and Industrial Research (Grecia) e l’Institute of Public Policy (Portogallo).
La ricerca, che si concentra sul concetto di sovranità digitale europea e mette a confronto le attuali iniziative politiche, gli interventi normativi e le relazioni internazionali (in particolar modo con gli Stati Uniti), è stata presentata nel corso di un’iniziativa tenutasi oggi a cui hanno preso parte numerosi parlamentari europei, funzionari della Commissione e rappresentanti del mondo associativo e industriale. In rappresentanza dell’Istituto per la Competitività (I-Com) ha partecipato al dibattito il presidente Stefano da Empoli, per il Real Instituto Elcano la policy analyst Raquel Jorge, per lo IOBE – Foundation for Economic and Industrial Research – lo scientific advisor Aggelos Tsakanikas e per l’Institute of Public Policy il presidente Paulo Trigo Cortez Pereira.
Il ruolo della tecnologia digitale nella concorrenza internazionale è divenuto centrale a livello geopolitico, dati i nuovi rischi che emergono dalla pervasività dei prodotti e delle piattaforme digitali nell’economia. Come hanno sottolineato gli analisti di PromethEUs, “sebbene l’Ue, gli USA e il Giappone abbiano dominato i mercati digitali negli anni ’90, lo sviluppo di nuove potenze tecnologiche come Cina e India ha rimesso in discussione il controllo delle tecnologie digitali strategiche”. L’esecutivo europeo ha dunque presentato importanti iniziative insieme a una bussola per il decennio digitale, al fine di sviluppare una serie di regole e obiettivi capaci di proteggere l’economia e i consumatori, ma anche rafforzare la capacità digitale e tecnologica degli Stati membri.
“In generale, queste proposte sono appropriate e tempestive per arginare i rischi attuali (e la realtà crescente) della frammentazione normativa”, ha affermato il presidente I-Com da Empoli, secondo il quale, tuttavia, “se da un lato il nuovo quadro normativo è necessario per affrontare alcune criticità derivanti dalla rapida evoluzione del mercato, dall’altro deve stare attento a non creare conseguenze inintenzionali, soffocando l’innovazione e, paradossalmente, la stessa concorrenza. Troppi lacci e lacciuoli rischiano di ingessare il mercato così come la proibizione o una limitazione troppo stringente di importanti innovazioni, come la pubblicità mirata e i sistemi di raccomandazione”.
Dal paper emerge anche la preoccupazione che la sovranità digitale europea conduca a non auspicabili posizioni protezionistiche. L’ambizione, al contrario, deve essere quella di far acquisire all’Europa un maggior peso sulla scena globale, anche grazie a una proficua
collaborazione con altre aree e Paesi del mondo, a partire dagli Stati Uniti. Per far questo occorre creare un circolo virtuoso tra regolamentazione e investimenti, che al momento non c’è e che non è affatto detto che il nuovo quadro regolamentare sia in grado di generare (a fronte di concreti rischi del contrario).
Secondo gli analisti di PromethEUs, un contributo fondamentale deve essere dato dalla quantità e dalla qualità degli investimenti tecnologici, da un insieme di regole in grado di tutelare consumatori e cittadini senza soffocare l’innovazione e dallo sviluppo di nuovi forum di cooperazione come il Trade and Technology Council, oltre a quelli già esistenti. Il concetto di sovranità digitale europea aperta si sviluppa dunque su tutti i fronti, non solo verso gli Stati Uniti – un fondamentale alleato con cui l’Ue condivide numerosi valori profondi – ma anche verso gli altri Paesi extra-europei.