Eolico offshore, l’arma in più verso la transizione ecologica italiana


Articolo
Domenico Salerno
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L’Eolico offshore sembrerebbe essere ad oggi una delle alternative più concrete per permettere al vecchio continente di raggiungere la neutralità climatica. Nell’ambito dell’European Green Deal e dell’implementazione del pacchetto “Fit for 55”, le economie degli Stati Membri si sono impegnate a ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 e a raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050. Gran parte del conseguimento di questi obiettivi passerà proprio attraverso l’abilità degli Stati UE nell’accrescere la quota di consumo proveniente da fonti rinnovabili. A maggio scorso la Commissione ha proposto di incrementare l’obiettivo comunitario al 2030 in tema rinnovabili dall’attuale 40% al 45%.

LE POTENZIALITÀ DELL’EOLICO OFFSHORE

La produzione di energia elettrica sfruttando una turbina eolica risale alla fine del diciannovesimo secolo e nel tempo ha subito un notevole sviluppo. La diffusione capillare di questa fonte energetica è stata però frenata principalmente da due fattori, la disponibilità di siti adatti dal punto di vista morfologico (è necessario installare gli impianti in una zona estremamente ventilata) e l’importante impatto visivo derivante dall’installazione di un parco eolico sul panorama circostante. Gli impianti hanno infatti dimensioni che raggiungono anche i 120 metri di altezza per la torre e gli 80 metri di diametro del rotore e tale mole imponente ha reso l’installazione di pale eoliche un argomento estremamente dibattuto per ragioni di tutela paesaggistica.

Negli ultimi anni sempre più importanza si è data agli impianti offshore, ovvero quelli costruiti in mare, posizione che permette di avere una maggiore ventilazione e contestualmente un minor impatto visivo. Le pale eoliche installabili in mezzo al mare sono riconducibili a due categorie principali, ovvero fisse o flottanti. Le prime, come si desume dal nome, poggiano su infrastrutture stabili e sono quelle attualmente più diffuse. Questa tipologia di turbine è di semplice installazione ma ha lo svantaggio di poter essere posizionata esclusivamente in fondali non molto profondi o particolarmente impervi, infatti, allo stato attuale i parchi eolici di questo tipo si sono diffusi particolarmente nella prossimità delle coste del nord Europa dove le profondità marine raggiungono appena le poche decine di metri.

Negli ultimi anni invece l’attenzione si sta concentrando sempre di più sulla seconda categoria di impianti, ovvero quelli flottanti. Questi non vengono realizzati con l’ausilio di strutture fisse che li sorreggono, bensì mantengono la propria posizione verticale in mare sfruttando varie tecniche di galleggiamento. Tali sistemi superano le criticità elencate precedentemente, potendo essere posizionati in alto mare, dove l’assenza di barriere fisiche permette al vento di raggiungere velocità molto più elevate, e potendo sorgere in luoghi molto lontani dalla costa dove si può minimizzare al massimo l’impatto paesaggistico. Secondo Il “Global Offshore Wind Report 2021” redatto dal Global Wind Energy Council l’80% del potenziale derivante dallo sfruttamento dell’energia eolica a livello globale si troverebbe in acque profonde oltre 60 metri. Le strutture flottanti permettono infatti lo sviluppo di parchi eolici anche in zone in cui il fondale marino è molto profondo o dissestato, ad esempio nel mediterraneo.

LE TIPOLOGIE DI IMPIANTI EOLICI OFFSHORE FLOTTANTI

Le tecnologie di realizzazione degli impianti eolici offshore flottanti possono essere ricondotte a quattro categorie differenti. La metodologia ad oggi più utilizzata è la Tension Leg Platform (TLP), di derivazione petrolifera, che prevede la presenza di uno scafo galleggiante ancorato al fondale tramite cavi in tensione che permettono il movimento orizzontale, assecondando quindi il moto ondoso, ma non quello verticale.

La Barge è invece una tipologia di impianti che, come avviene per le navi, prevede una superfice a contatto con l’acqua abbastanza ampia da garantire la galleggiabilità, così da permettere alla struttura, agganciata al fondale tramite l’ausilio di ormeggi non rigidi, di assecondare il movimento delle onde. Per ridurre al minimo le oscillazioni le piattaforme Barge vengono solitamente dotate di piastre di sollevamento installate sotto la linea di galleggiamento che ne conferiscono maggiore stabilità.

La terza categoria è quella delle turbine semisommergibili, ovvero che cercano di ridurre al minimo la superfice dell’impianto che fuoriesce dall’acqua massimizzandone invece il volume totale, nell’ottica di conferire alla struttura maggiore galleggiabilità. I componenti preposti al galleggiamento sono composti solitamente da cilindri verticali uniti da travi su cui può essere a sua volta installata la pala eolica.

L’ultima categoria di impianti offshore attualmente in uso, e probabilmente anche quella più semplice dal punto di vista ingegneristico, è la Spar. Nelle turbine di questo tipo viene allocata la maggior parte del peso nel punto più basso della struttura, fattore che ne garantisce la galleggiabilità, mentre la maggior parte della massa viene posizionata alla parte superiore per far si che la turbina rimanga in posizione verticale.

IL MERCATO DELL’EOLICO OFFSHORE

Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Eurostat, nel 2020 l’Unione Europea ha installato 9,8 GW di nuova capacità eolica, l’1,7%% in meno rispetto al 2019. Andando ad osservare il periodo che va dal 2015 al 2020 possiamo notare come l’ultimo anno considerato sia stato uno dei peggiori per quanto riguarda la quantità di nuova capacità eolica istallata, risultato inevitabilmente alterato dal netto rallentamento dell’economia globale (ed in particolare europea) dovuto alla crisi pandemica. Analizzando nel dettaglio la composizione della nuova capacità, appare evidente come la netta maggioranza delle installazioni realizzate nel corso del 2020 sia ancora sulla terraferma (66%). Nel corso del 2020 in UE sono stati infatti realizzati impianti offshore per soli 2,5GW, dato ben interiore a quello fatto registrare dalla Cina che, secondo quanto riportato nell’ultimo rapporto “Global Offshore Wind Report 2021”, nello stesso anno ha incrementato la propria capacità di 3GW.

Al 2020 in UE 27 risultano installati 177GW di capacità di produzione energetica dal vento, il 92% del quale onshore. In base ai dati Eurostat, la capacità offshore dell’Unione si attesta ad appena 14,5GW, quindi ben lontana dal dare un contributo effettivo all’obiettivo dei 300GW individuato dallo European Green Deal. Nonostante ciò, l’Europa al 2020 rimane il più grande mercato offshore globale, rappresentando il 70% del totale delle installazioni (-5% rispetto al 2019). In generale, la capacità offshore mondiale è cresciuta in media del 22% ogni anno nell’ultima decade, portando le installazioni totali a 35,3 GW, ovvero il 5% della capacità eolica globale nel 2020.

Osservando nel dettaglio la situazione interna all’Unione Europea, gli ultimi dati disponibili mostrano come al 2020 i Paesi dotati di impianti offshore fossero appena 7. In particolare, analizzando la suddivisione nei diversi Stati Membri si nota che fino al 2020 il mercato dell’eolico offshore in UE27 è stato dominato dalla Germania, che da sola ospitava più della metà della capacità installata nell’Unione (53,6%). A tal proposito vale la pena ricordare che, rispetto all’ultimo aggiornamento dei dati, altri Paesi europei si stanno aggiungendo alla lista di quelli dotati di impianti offshore, tra cui l’Italia.

LE PROSPETTIVE PER L’ITALIA

Leggendo la prima versione del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) italiano si comprende come l’energia eolica sia fondamentale negli scenari futuri di generazione elettrica del nostro Paese. Allo stato attuale è infatti previsto che la produzione di elettricità dal vento in Italia aumenti del 46,2% entro il 2025 e del 77% entro il 2030.

Dal 2007 in poi, grazie all’introduzione nel corso degli anni di incentivi economici e misure di semplificazione per la realizzazione di nuovi impianti, la produzione eolica della Penisola è aumentata notevolmente. L’ultima istantanea sulla capacità di produzione da questa fonte nel nostro Paese, relativa al 2020, segna la disponibilità 10.906,9 MW di potenza, in aumento del 2,1% rispetto all’anno precedente e del 304% parametrato al 2007. Nonostante in poco più di un decennio la potenza di generazione eolica italiana sia più che triplicata, per centrate gli obiettivi di decarbonizzazione comunitari è necessario che nei prossimi anni la capacità di produzione elettrica dal vento cresca ad un ritmo esponenziale.

In quest’ottica un’attenzione sempre maggiore potrebbe essere posta sugli impianti offshore che, come già accennato, si adattano perfettamente anche ai fondali molto profondi e scoscesi tipici delle coste mediterranee. Lo scorso mese di aprile è stato inaugurato il primo parco eolico offshore italiano a largo di Taranto che, grazie all’installazione di 10 turbine, porterà al nostro paese un aumento di 30 MW di capacità eolica complessiva. Altri due impianti di questo tipo dovrebbero nascere a largo della Sicilia e della Sardegna portando in dote all’Italia una capacità complessiva di circa 750 MW. Entrambi i progetti sono targati Green IT, società specializzata nella produzione di energia rinnovabile nata da una partnership tra Plenitude (ex ENI) e CDP Equity. Il primo dei due impianti sorgerà a Marsala e sarà composto da 21 turbine da 12 MW che dovrebbero cominciare ad operare a partire dal 2026. Il parco eolico sardo nascerà invece a largo delle coste sud-occidentali dell’isola e prevede il dispiegamento di ben 42 turbine da 12 MW che dovrebbero entrare in attività dal 2028.

Direttore Area Digitale dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nato ad Avellino nel 1990. Ha conseguito una laurea triennale in “Economia e gestione delle aziende e dei servizi sanitari” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e successivamente una laurea magistrale in “International Management” presso la LUISS Guido Carli. Al termine del percorso accademico ha frequentato un master in “Export Management & International Business” presso la business school del Sole 24 Ore.

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