Il raggiungimento degli obiettivi climatici europei necessità di un notevole dispiegamento di risorse finanziarie. Il successo su questo fronte passa quindi anche attraverso la capacità degli attori nazionali e sovrannazionali di promuovere l’iniziativa degli investitori privati.
Nel primo paragrafo di questo policy brief viene presentata una fotografia degli investimenti globali in ambito energetico degli ultimi anni, accompagnata da stime di crescita per gli anni a venire. Secondo le previsioni dell’International Energy Agency, il volume di investimenti in ambito energetico a fine 2022 registrerà una crescita, sia a livello mondiale (raggiungendo $2,4 trilioni) che a livello europeo (fino a $455 miliardi). Ciò nonostante, tali cifre sono ancora insufficienti a garantire il perseguimento dello scenario Net Zero al 2050. Il primato per volumi di investimenti in energie pulite spetta alla Cina, che da sola ha attivato il 29% del totale degli investimenti. L’impegno europeo resta comunque testimoniato dal fatto che il 75,1% degli investimenti in ambito energetico del vecchio continente sia dedicato alle rinnovabili e il 12,8% al nucleare.
Il secondo paragrafo si occupa del Trattato Energy Charter Treaty. L’ECT, siglato nel dicembre 1994 ed entrato in vigore nel 1998, disciplina lo sfruttamento delle risorse energetiche e copre diversi aspetti: il commercio, il trasporto e il transito dei prodotti energetici, la promozione e la protezione degli investimenti, nonché i procedimenti di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati e fra Stati. Negli ultimi anni il Trattato è stato aspramente criticato poiché ritenuto incompatibile con gli impegni climatici internazionali: queste critiche hanno dato luogo a un processo di ammodernamento ancora in corso. Se l’Italia ha fatto recesso dal Trattato nel 2016, recentemente Francia, Spagna, Olanda e Polonia hanno annunciato di volersi ritirare, in coerenza con le proprie ambizioni di difesa del clima.