Uno dei problemi strutturali che il nostro Paese si trascina ormai da decenni, e che sta ponendo un grave freno anche alla realizzazione dei progetti del PNRR, è legato alla enormi difficoltà in cui gli investitori privati si imbattono nella realizzazione di nuove infrastrutture. Dalla messa a terra di queste opere, come nel caso delle reti di telecomunicazione e delle infrastrutture energetiche, dipende sia la capacità del nostro Paese di confrontarsi con le altre principali economie globali che la resilienza del tessuto economico italiano.

Le problematiche in cui incorrono i potenziali investitori quando scelgono di realizzare infrastrutture in Italia sono molteplici ma uno dei più ostici da superare è certamente la resistenza da parte di cittadini ed enti locali nella realizzazione di tali opere all’interno del proprio territorio. Per comprendere lo stato questo fenomeno anche alla luce della pandemia, del PNRR e della crisi energetica, l’Istituto per la Competitività (I-Com) ha effettuato un’indagine multisettoriale, pubblicata ad aprile 2023 all’interno dello studio intitolato “Da Nimby a Pimby: fare infrastrutture in Italia” realizzato nell’ambito del progetto Futur#Lab, promosso da I-Com e WINDTRE, in collaborazione con Join Group e con la partnership di Ericsson e INWIT, intervistando alcuni tra i principali player delle telecomunicazioni, dell’energia e dei trasporti.

LA DIFFIDENZA VERSO LE INFRASTRUTTURE TELCO

Dall’analisi delle risposte delle aziende del comparto telecomunicazioni che hanno partecipato all’indagine è emerso come la percezione sulla realizzazione di nuove opere infrastrutturali sui territori sia ancora molto negativa. In particolare, nonostante molti amministratori locali e i cittadini abbiano colto l’importanza di avere a disposizione una rete efficiente e performante per svolgere le proprie attività, resta un forte effetto Nimby (Not in my back yard) soprattutto verso le infrastrutture che hanno subìto un’ingiustificata gogna mediatica, come le antenne 5G. Fortunatamente, un segnale positivo si rileva nelle Grandi città, dove sono sempre meno le contestazioni rispetto allo sviluppo di tali infrastrutture, mentre nei centri urbani medio piccoli – salvo quelli a maggiore vocazione turistica – la popolazione appare maggiormente critica nei confronti di tale tematica.

Tra i fattori che alimentano maggiormente il malcontento della popolazione figurano in particolare l’impatto visivo delle opere, le preoccupazioni per la salute e le avversioni culturali. Spesso le esigenze tecniche di infrastrutturazione mal si conciliano sia con i desideri della popolazione che con i regolamenti comunali degli enti locali. Questi infatti non considerano la complessità né le esigenze di localizzare le infrastrutture (per la stessa conformazione delle reti) in luoghi sempre più precisi del territorio. Vi è poi la paura che le opere infrastrutturali possano impattare negativamente sul valore economico degli immobili presenti nell’area. In questo contesto, la disinformazione riguardo le reti di quinta generazione (spesso suffragata da studi privi di validità scientifica) ha portato una fetta di popolazione (sia pure minoritaria) a temere presunti effetti nocivi delle onde elettromagnetiche.

LA SITUAZIONE DI ENERGIA E TRASPORTI

Sul versante dell’energia e dei trasporti alcuni intervistati osservano come la crisi energetica abbia in parte mitigato la riluttanza all’accettazione di infrastrutture FER (e infrastrutture elettriche in generale) da parte dell’opinione pubblica. È interessante inoltre notare come il consenso sia più elevato nei territori che già ospitano impianti FER e che, pertanto, la loro diffusione potrà solo migliorare l’opinione del pubblico. Questo non significa che non ci siano ancora forti contrasti sul territorio: le maggiori resistenze sono ancora associate all’impatto ambientale e di sottrazione di territorio. Queste problematiche risultano spesso correlate a un’imperfetta conoscenza del reale valore dell’opera ai fini comuni, che si potrebbe superare con una corretta informazione e con il coinvolgimento di operatori qualificati.

Il principale strumento per dissipare i contrasti è il dialogo preventivo con le comunità locali. L’obiettivo è che siano proprio le comunità a voler vedere realizzata l’infrastruttura, e questo darebbe una forte spinta anche ad ulteriori semplificazioni amministrative. L’allargamento del dibattito può essere un fattore positivo se sapientemente governato attraverso logiche di stakeholder engagement.

Le nuove configurazioni di autoconsumo diffuso come le comunità energetiche e i gruppi di autoconsumatori, inoltre, sono strumenti efficaci di coinvolgimento e partecipazione attiva dei cittadini nell’evoluzione dei sistemi dell’energia. Altri operatori non segnalano un’evoluzione positiva nei rapporti tra territori e proponenti con riguardo ai progetti di infrastrutturazione energetica e di produzione di energia. Le narrative contrarie alla localizzazione in prossimità delle aree urbane per un verso, e di aree rurali in un altro verso, sono sempre e comunque molto forti a livello locale. Il varo di una norma equilibrata sul dibattito pubblico per le opere di maggiore impatto, accompagnate da misure di compensazione chiare, può essere una strada da percorrere, purché affiancata da procedure rigide circa la raccolta e la gestione del dissenso e tempi certi di autorizzazioni in esito allo svolgimento del percorso di condivisione.

Nei trasporti si sono avviate importanti attività sul modello del dibattito pubblico verso il modello francese, promuovendo quindi una maturazione graduale e condivisa a livello locale e multistakeholder. Queste modalità fanno la differenza in termini di accettabilità di nuove infrastrutture proposte, e sono applicate anche in fase di progettazione: si sono resi più trasparenti i progetti, tenendo conto di eventuali critiche nell’iter di modifica delle progettualità

LE POSSIBILI SOLUZIONI

Tra le possibili strategie da adottare per favorire una maggiore accettazione delle nuove opere, quella maggiormente riscontrata nelle risposte degli intervistati è legata alle iniziative di informazione e sensibilizzazione poste in essere da parte delle amministrazioni locali. Queste, infatti, potrebbero aiutare la popolazione a recepire correttamente l’importanza dello sviluppo di tali infrastrutture, in particolare se in presenza di messaggi chiari e facili da veicolare. A tal proposito, una proposta interessante è relativa alla possibilità di formare gli amministratori locali attraverso organizzazioni come l’ANCI per metterli in condizione di comprendere l’importanza delle infrastrutturazioni strategiche nei territori e fornire una corretta informazione alla cittadinanza.

Un altro dei quesiti sottoposti alle aziende riguarda l’impatto che l’allargamento del dibattito sulle opere alla società civile residente può avere sull’accettazione delle nuove opere da parte dei territori coinvolti. Quasi tutti i rispondenti sono concordi nell’affermare che tali iniziative sono utili a combattere la disinformazione e a rendere i consumatori più consapevoli rispetto al reale impatto delle opere. In alcuni casi però l’apertura al dibattito con comitati di cittadini poco inclini a credere non solo agli operatori, ma anche a dati scientifici verificati, ha esasperato ulteriormente la discussione, danneggiando ulteriormente l’operato delle aziende.

Infine, è stato chiesto alle imprese se un maggiore coinvolgimento degli enti locali possa essere importante nel sensibilizzare la popolazione. Dalle risposte è stato ulteriormente evidenziato come il coinvolgimento degli enti locali, ed in particolare di ANCI e UNCEM, potrebbe rivelarsi fondamentale per favorire e velocizzare la realizzazione delle infrastrutture digitali ed energetiche e dunque contribuire ad un cambio di paradigma culturale. Tali infrastrutture infatti generano valore non solo in quanto opera di pubblica utilità, ma anche perché determinano e contribuiscono allo sviluppo di opportunità e all’inclusione sociale dei territori.

È possibile affermare come anche se il muro di ostilità verso le infrastrutture sta cominciando a cedere molto deve essere ancora fatto, in particolare dai rappresentanti degli enti locali. Questi infatti, più di tutti hanno le possibilità di far comprendere alla popolazione i benefici che la realizzazione di tali opere potrebbe portare sui propri territori e l’importanza di abbracciare l’innovazione con una mentalità positiva, portando un cambiamento culturale (tipico di molti Paesi nord europei) da Nimby a Pimby (Please in my back yard).

Direttore Area Digitale dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nato ad Avellino nel 1990. Ha conseguito una laurea triennale in “Economia e gestione delle aziende e dei servizi sanitari” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e successivamente una laurea magistrale in “International Management” presso la LUISS Guido Carli. Al termine del percorso accademico ha frequentato un master in “Export Management & International Business” presso la business school del Sole 24 Ore.