Le attuali dinamiche demografiche rappresentano un trend negativo mai registrato dal Dopoguerra. Come è noto, però, l’obiettivo dei sistemi sanitari universalistici è proprio assicurare l’accesso – a tutti – a cure di qualità crescente, considerando il costante avanzamento scientifico. Questo obiettivo non si limita a prolungare la vita media, ma mira anche a estenderne la fase di buona salute, libera da disabilità. L’invecchiamento della popolazione e la denatalità pongono in capo ad ogni sistema sanitario nuove sfide di ripensamento dell’assistenza.
L’ecosistema sanitario italiano, caratterizzato da una dualità tra servizi pubblici e servizi privati, si trova ad affrontare un crescente eccesso di domanda di trattamenti nel primo. Le conseguenti lunghe attese, aggravate dal rallentamento delle cure durante la pandemia, delineano un panorama in cui le diseguaglianze di reddito rischiano di tradursi direttamente in diseguaglianze di salute e aspettativa di vita.
Il fatto che le sfide demografiche siano tra le più complesse da affrontare è ormai all’ordine del giorno. Ma qual è la situazione demografica del nostro Paese e dell’Unione europea nel suo insieme?
Secondo gli ultimi dati Eurostat, al primo gennaio 2022 nell’Unione europea (UE) vivevano 446,7 milioni di persone. Lo Stato membro più popoloso dell’UE risulta essere la Germania (83,2 milioni, 19% del totale dell’UE), seguita dalla Francia (67,9 milioni, 15%), dall’Italia (59,0 milioni, 13%) e da altri Stati membri. Nel periodo 2001-2020, la popolazione totale dell’UE è passata da 429 milioni a 447 milioni, con una crescita del 4%. Tra il primo gennaio 2020 e il primo gennaio 2022, tuttavia, la popolazione dell’UE è diminuita di 585.000 abitanti. Il calo maggiore in termini assoluti tra tutti gli Stati membri è stato osservato proprio nel nostro Paese. In Italia tra il 2020 e il 2022 la popolazione è scesa di 611.000 persone, cioè dell’1%, come si può vedere dal secondo grafico.
Nel periodo 2002-2022 la percentuale di persone di 65 anni e oltre è aumentata in tutti gli Stati membri. A livello di UE l’incremento è stato dal 16% al 21%. La crescita maggiore è stata registrata in Finlandia (8 punti percentuali) e quella minore in Lussemburgo (1 punto percentuale). Nel 2022, l’Italia e il Portogallo (entrambi al 24%) e la Finlandia e la Grecia (entrambi al 23%) hanno raggiunto le quote più alte, mentre l’Irlanda e il Lussemburgo (entrambi al 15%) quelle più basse.
Guardando più specificamente al gruppo degli ultraottantenni, la loro quota è cresciuta in tutti gli Stati membri, a livello UE, di 2,6 punti percentuali, passando dal 3,5% nel 2002 al 6,1% nel 2022. L’aumento maggiore è stato registrato in Grecia (+3,5 punti percentuali, dal 3,7% al 7,2%) e quello minore in Svezia (+0,2 punti percentuali, dal 5,2% al 5,4%).
All’invecchiamento della popolazione generale si aggiunge la diminuzione degli under 20 e la denatalità.
Nell’UE il tasso di natalità grezzo, che indica il numero di nati vivi per 1.000 persone, era pari a 10,2 nel 2001, è salito a 10,6 nel 2008 e da allora è sceso a 9,1 nel 2021. Tra gli Stati membri, l’andamento è stato diverso, con diminuzioni in sedici Stati membri e aumenti in dieci, mentre il tasso è rimasto invariato in Bulgaria. Nel 2021, i tassi di natalità più alti sono stati riscontrati in Irlanda (12 nati per 1.000 persone), Francia e Svezia (entrambi 11) e i più bassi -con una nota amara- in Italia (6,8), Spagna (7,1) e Portogallo (7,7).
Nonostante il numero assoluto di nati sia in continua diminuzione nell’UE, il numero di nascite per donna ha mostrato un andamento più irregolare nel periodo 2001-2021. È passato da 1,43 nati per donna nel 2001 a circa 1,57 nel 2008-2010, per poi diminuire leggermente a 1,51 nel 2013, prima di registrare una modesta ripresa a 1,57 nel 2016 e poi scendere di nuovo fino a raggiungere 1,50 nel 2020. Nel 2021 il valore è aumentato a 1,53. Al contrario, in Italia questo trend si mostra decisamente decrescente. A partire dal 2010, anno in cui si è toccato il picco di nascite per donna di 1,46 figli ciascuna, questo indice ha iniziato ha scendere senza sosta, passando per 1,35 nati nel 2015, 1,29 nel 2018, toccando il minimo storico dal 2000 nel 2020 con 1,24.
Nel 2021, tra gli Stati membri, il tasso di fertilità totale più alto è quello della Francia (1,84 nati vivi per donna), seguito da quello della Repubblica Ceca (1,83) e della Romania (1,81). I tassi più bassi sono stati riscontrati a Malta (1,13), Spagna (1,19) e, tristemente, nel nostro Paese con 1,25 bambini nati per donna. Non solo, l’età media alla nascita del primo figlio è in continua crescita e in Italia risulta particolarmente elevata rispetto alla media europea. Nel nostro Paese l’età media delle donne che diventano madri per la prima volta è di ben 31,6 anni (di circa due anni superiore alla media europea di 29,7 anni).
Le dinamiche demografiche presentate comportano una serie di sfide per i servizi sanitari, in Italia ma anche in molti altri Stati membri. Questo porta con sé un aumento delle malattie legate all’invecchiamento, mettendo sotto pressione i sistemi sanitari nel gestire condizioni croniche come diabete, malattie cardiovascolari e demenze.
Inoltre, conseguentemente a queste tendenze demografiche, si verifica una crescente richiesta di cure a lungo termine e assistenza per gli anziani, generando la necessità di risorse aggiuntive soprattutto a livello territoriale, come servizi di assistenza domiciliare e strutture di cura per anziani. Questo aumento delle esigenze di assistenza è correlato anche a un crescente onere finanziario sui sistemi pensionistici e sanitari, poiché la base di contribuenti è più limitata rispetto al numero di persone anziane.
La diminuzione della forza lavoro dovuta alla scarsa natalità scaturisce ovviamente effetti indiretti di natura economica, riducendo le entrate fiscali disponibili per sostenere i costi in aumento dell’assistenza sanitaria. Questo scenario richiede un riorientamento dei servizi sanitari per affrontare le esigenze specifiche della popolazione anziana, con una maggiore attenzione alle cure geriatriche, alla gestione delle malattie croniche e all’incoraggiamento di uno stile di vita sano.
Senza dubbio, le attuali tendenze demografiche comportano la necessità di adottare un approccio innovativo e tecnologie sanitarie avanzate per migliorare l’efficienza nella gestione delle condizioni croniche e promuovere il benessere. In molti Paesi, si sta cercando attivamente di sviluppare soluzioni creative per affrontare queste sfide complesse e garantire la sostenibilità dei servizi sanitari nel contesto di una popolazione che invecchia.
La battaglia per far fronte alla nuova domanda di salute nel nostro Paese è ancora aperta. Tuttavia, la soluzione non risiede solo nel perfezionamento del sistema sanitario (comunque necessario), richiede altresì investimenti mirati in una serie di elementi correlati, tra cui istruzione, reddito, contrasto alle diseguaglianze, promozione di uno stile di vita sano, e la creazione di un ambiente favorevole alla longevità attiva.