Negli ultimi dieci anni le comunità politiche e scientifiche hanno intensificato la loro attenzione sul ruolo cruciale svolto dall’eco-innovazione, ovvero la creazione di prodotti o processi miranti alla riduzione dell’impatto ambientale. I target da raggiungere sono gli ambiziosi obiettivi che sono oramai al centro dei dibattiti nell’agenda internazionale. Solo per dare alcuni riferimenti, nel 2015 le Nazioni Unite hanno pubblicato un insieme di obiettivi sostenibili e il nono di questi promuove l’innovazione e la ricerca scientifica, che nel contesto attuale della transizione ecologica, può riguardare anche l’eco-innovazione. In aggiunta, il noto Green Deal rimarca il potenziale contributo dell’eco-innovazione. Ma quali sono i suoi vantaggi? Quali ostacoli incontra?
L’EVOLUZIONE DELL’ECO-INNOVAZIONE NEL TEMPO
Nel rapporto Innov-e 2023 di I-Com sono stati analizzati in modo dettagliato i brevetti concessi relativi alla mitigazione del cambiamento climatico nel settore della generazione, distribuzione e trasmissione dell’energia, con un focus su quelli legati all’efficienza energetica in Europa. L’eco-innovazione, infatti, in letteratura è spesso approssimato dalla domanda di brevetti in quanto cattura in modo tempestivo lo sforzo innovativo, senza dare importanza al valore di mercato dell’attività di innovazione. In questo articolo, invece, seguendo la metodologia di Innov-e, per monitorare l’andamento temporale della eco-innovazione, si considerano soltanto i brevetti concessi e non domandati poiché hanno una maggiore opportunità di essere implementate effettivamente nella struttura economica. Nel grafico seguente si può osservare la dinamica dell’eco-innovazione in Italia. Solo nel corso dell’ultimo decennio, questa ha sperimentato un’importante accelerazione. L’impulso è stato prettamente fornito dalle tecnologie relative ai pannelli fotovoltaici e alle pale eoliche. Preso coscienza di questi dati, bisogna comprendere quali siano realmente gli impatti dell’eco-innovazione e, se constatato un effetto positivo, quali siano i limiti che la caratterizzano.
I brevetti concessi relativi alla mitigazione del cambiamento climatico in Italia
Elaborazioni I-Com su dati Patstat
LA RIDUZIONE DELLE EMISSIONI INQUINANTI
Costantini e coautori [1], in un paper pubblicato nel 2017, hanno studiato l’effetto dell’attività eco-innovativa di un settore industriale sulle relative emissioni inquinanti (effetto diretto). La principale novità dello studio è che stimano anche gli effetti spill-over dovute alle relazioni verticali delle imprese (effetto indiretto). In parole semplici, se un settore a monte della catena di valore si impegna in attività eco-innovative, questo produce una ricaduta di conoscenza nelle fasi successive attraverso i passaggi degli input intermedi. Il settore in considerazione, può trovarsi in territorio nazionale rispetto ad un Paese considerato o all’estero. Gli autori effettuano l’analisi in Unione europea e si focalizzano su 14 settori del manifatturiero in un intervallo temporale che va dal 1995 al 2007.
Il principale parametro di ricerca è l’emissione inquinante per lavoratore in funzione dell’eco-innovazione e gli effetti indiretti dovuti a collegamenti intersettoriali nazionali o esteri, preso uno Paese di riferimento. Nonostante si controlli anche per gli effetti fissi di natura industriale, temporale e di Paese, ci possono essere ancora variabili da controllare che sono presenti nel termine dell’errore ma non inclusi nel modello. Inoltre, un’altra potenziale minaccia è la causalità inversa. Ad esempio, in caso di politiche di diretta regolazione, come l’imposizione di un tetto alle emissioni inquinanti a livello settoriale, questi possono influire l’emissione per unità di lavoratore e quindi a sua volta le variabili di eco-innovazione. In breve, la variabile dipendente determina quelle indipendenti. Per superare tutte queste difficoltà, gli autori utilizzano l’approccio delle variabili strumentali.
I risultati sono degni di nota. Se si considera l’effetto diretto (impatto dell’eco-innovazione a livello settoriale sulle sue relative emissioni), dal 1997 al 2007 l’eco-innovazione ha contribuito alla riduzione di 6,8% delle emissioni di gas serra e si hanno più o meno gli stessi risultati se si considerano inquinanti specifici come l’anidride carbonica, ossidi di azoto e quelli di zolfo. Invece, se si prende in considerazione l’effetto indiretto congiunto, ossia le ricadute di conoscenza di origine domestica e straniera, la direzione è sempre negativa, ma la magnitudine dei coefficienti in termini assoluti è più elevata. Infine, gli autori mostrano anche che i brevetti relativi alle fonti rinnovabili, al trasporto sostenibile e in generale a quelli legati al contrasto del cambiamento climatico, sono quelli più efficaci a ridurre le emissioni di anidride carbonica. In breve, ci sono evidenze empiriche del contributo che l’eco-innovazione può dare alla transizione per una società climaticamente neutra.
I LIMITI DELL’ECO-INNOVAZIONE
L’eco-innovazione si mostra perciò un prezioso alleato per il raggiungimento di una società a zero emissioni nette. Tuttavia, presenta numerosi ostacoli. In primo luogo, l’innovazione ambientale è caratterizzata da una doppia esternalità positiva: riduce la pressione delle esternalità negative dovute alla produzione economica e trasferisce anche nuove conoscenze, come nel caso dell’effetto indiretto visto in precedenza. Essendo ricadute positive, le imprese non hanno nessun incentivo ad investire in eco-innovazione, poiché il sostenimento dei costi genera benefici anche ad altre imprese. La situazione che si viene a creare è quelle di sotto-investimento, quindi subottimale.
I policy makers hanno alcuni strumenti finalizzati alla stimolazione in modo diretto o indiretto dell’eco-innovazione. Queste si dividono in due gruppi: strumenti impliciti o espliciti. Esempi dei primi sono la tassa pigouviana o l’imposizione di un livello massimo di emissione, che spingono le imprese a eco-innovare per evitare il pagamento del prezzo o della tassa che compensa-internalizza l’esternalità ambientale negativa e, quindi, stimolano in modo implicito l’eco-innovazione. Esempi di strumenti espliciti invece, sono gli standard tecnologici, quindi l’implementazione di una specifica tecnologica, e i sussidi pubblici che sono una ricompensa monetaria della attività di eco-innovazione per la generazione di esternalità positive.
Tuttavia, nonostante questo ampio spettro di strumenti a disposizione, se si valuta il punto di vista delle imprese, le analisi costi-benefici legati agli investimenti eco-innovativi non sono mai chiare. Questo è dovuta alla intrinseca e naturale caratteristica di incertezza che possiede la fase di adozione e di diffusione dell’eco-innovazione. È importante analizzare anche i diversi ostacoli che le imprese devono affrontare se decidono in investire in tecnologie o processi puliti. Nel 2016, Marin e coautori in un articolo, hanno studiato le diverse barriere che spingono le imprese a non investire. Il risultato principale evidenzia una vasta diversità nelle percezioni delle barriere legate all’eco-innovazione, che devono essere esaminate per sviluppare politiche mirate a favorire un’ottimale politica di innovazione.
CONCLUSIONI
L’eco-innovazione diventa un attore principale nel contesto della transizione ecologica. Questo può aiutare a ridurre la pressione inquinante delle emissioni nocive e trasmettere nuove conoscenze. È utile ricordare che la versione forte dell’Ipotesi di Porter, una sorta di adattamento della creatività schumpeteriana in tema ambientale, afferma che le imprese, se investono in eco-innovazione, possono migliorare la propria performance economica e di competitività nel medio-lungo periodo. Tuttavia, gli ostacoli sono tanti e possono risultare anche difficili da superare, come l’intrinseca incertezza che comporta la fase di adozione e diffusione di una nuova soluzione. Infine, l’eco-innovazione è un fenomeno dinamico che non riguarda solo un unico agente economico, ma si presenta come approccio olistico che coinvolge i consumatori, le imprese e le istituzioni politiche. Aumentare la consapevolezza dei problemi ambientali in queste tre dimensioni, potrebbe sbloccare gli ostacoli di mercato dove la domanda e l’offerta si possono supportare a vicenda con effetti pull e push.
[1] Fonte: Costantini et al. (2017), Eco-innovation, sustainable supply chains and environmental performance in European industries)