I semiconduttori giocano un ruolo cruciale nella competizione geopolitica tra diversi Paesi e aree del mondo, rappresentando una leva imprescindibile per raggiungere una sovranità digitale e tecnologica. L’importanza di questi materiali è data dalle loro particolari caratteristiche fisiche, che li rendono insostituibili nella realizzazione di numerosi componenti elettronici fondamentali per le nostre imprese, primi fra tutti i microchip. Inoltre, i semiconduttori sono una colonna portante della rivoluzione digitale, in quanto fondamentali per campi come l’intelligenza artificiale, il quantum computing, industria 4.0, il 5G, l’Internet of Things e molte altre tecnologie.

Per colmare il gap con le potenze economiche e tecnologiche straniere, nel 2022 la Commissione Europea ha pubblicato l’European Chips Act, un provvedimento che avrebbe dovuto mobilitare ingenti risorse in questo comparto e ridurre la dipendenza dall’UE dai soggetti stranieri ma che fino ad oggi non sembra aver prodotto effetti rilevanti.

IL MERCATO GLOBALE DEI SEMICONDUTTORI

La catena di produzione dei semiconduttori è estremamente complicata e segmentata fra diversi Paesi, per cui nessuno può considerarsi completamente autonomo e indipendente. Tuttavia, alcuni Paesi hanno un peso particolarmente rilevante in alcuni segmenti, rendendo più evidente l’estrema dipendenza globale della catena del valore dei semiconduttori in un contesto geopolitico complesso.

Per comprendere la portata mondiale dell’industria dei semiconduttori è utile analizzare gli ultimi dati di mercato disponibili diffusi dal World Semiconductor Trade Statistics (novembre 2023). Nel dettaglio, si osserva come il giro d’affari globale dei semiconduttori si sia attestato nel 2023 a quota $520 miliardi e dovrebbe raggiungere la soglia di $588,4 miliardi entro la fine dell’anno in corso. Il mercato principale è quello asiatico, che nel 2023 è giunto a quota $283,3 miliardi e che si stima varrà $317,5 miliardi entro la fine del 2024. Al secondo posto si posizionano le Americhe, in cui i ricavi si sono collocati a $132,5 miliardi lo scorso anno e dovrebbero raggiungere quota $162,2 miliardi nel 2024. Dal canto suo, l’Europa occupa il terzo posto avendo fatto registrare un totale di $57 miliardi lo scorso anno che dovrebbero arrivare a $49,3 alla fine di quello attuale.

In questo contesto, uno dei principali materiali semiconduttori utilizzati nei componenti elettronici è il silicio. Questo elemento, non difficile da reperire in natura, necessita di un lungo e complesso processo per essere trasformato in wafer, ovvero in fette sottilissime sulle quali vengono realizzati i chip elettronici. Il rapporto Mineral Commodity Summaries del 2024 redatto dal U.S. Department of the Interior e dal U.S. Geological Survey evidenzia come il principale produttore di semilavorati in silicio sia la Cina, con circa 6,6 milioni tonnellate annuali. Il secondo produttore globale è la Russia (620 milioni di tonnellate), i cui rapporti commerciali con l’Europa si sono interrotti bruscamente a seguito dello scoppio della guerra con l’Ucraina (anche quest’ultima compariva tra i principali produttori con 49 mila tonnellate annuali nel 2021, scesi ad appena 2 nel 2023). Tra i produttori UE, una modesta quantità di silicio è trattata in Francia (110 mila tonnellate), Germania (60 mila tonnellate) Spagna (56 mila tonnellate) e Polonia (50 mila tonnellate), volumi che non sembrano sufficienti a soddisfare le necessità sempre crescenti delle industrie del vecchio continente.

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LA POSIZIONE EUROPEA

La posizione dell’Unione Europea è quindi fortemente dipendente da fornitori esteri per l’approvvigionamento di semiconduttori. Il vecchio continente produce solamente il 10% dei chip mondiali, principalmente per applicazioni industriali e automotive, ed esporta macchine per la produzione di semiconduttori verso Paesi leader nella produzione di chip (Cina, Taiwan e Corea del Sud), mentre importa, soprattutto da Stati Uniti, Russia e Cina, le materie per la produzione di semiconduttori. La catena di approvvigionamento dipende da altri attori fuori dall’Unione Europea, per un totale di circa l’80% di fornitori situati fuori dai confini europei, mentre rifornisce clienti per due terzi fuori dall’Europa.

La catena del valore dei semiconduttori è strettamente legata agli equilibri geopolitici, con principali protagonisti Stati Uniti, Cina, Taiwan e Corea del Sud. A ottobre 2022 il presidente statunitense Joe Biden ha approvato restrizioni all’esportazione di beni strategici verso la Cina, come appunto i semiconduttori e le loro componenti, frenando di conseguenza la produzione cinese di dispositivi tecnologici. In particolare, le misure statunitensi vietano l’esportazione in Cina di software per il disegno del circuito integrato, un settore, quello del design, in cui le aziende americane (Nvidia, AMD, Qualcomm) sono leader del mercato detenendo il 65% della produzione.

D’altro canto, un’altra fotografia di quanto la Cina sia preponderante in questo mercato è fornita dai dati sulle esportazioni dei circuiti elettronici integrati, ovvero i microchip (principale prodotto finito realizzato con i wafer di silicio) raccolti nel database dell’UN Comtrade. Il principale esportatore di circuiti elettronici integrati a livello globale è Hong Kong con oltre $193,5 miliardi di valore, seguito dalla Cina con $136,3 miliardi. In generale, Cina e Hong Kong insieme generano un volume d’affari dai chip equivalente a oltre $329,9 miliardi. Un altro Paese che gioca un ruolo cruciale in quest’ambito è Taiwan, i cui dati di esportazione non sono però disponibili.

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In questo contesto, l’UE appare molto indietro rispetto alle altre principali economie mondiali sia dal punto di vista del mercato, sia sul fronte dell’avanzamento tecnologico. Questo trend emerge abbastanza distintamente dall’analisi dei dati sui brevetti WIPO in ambito semiconduttori, che vedono anche questa volta primeggiare la Cina, con 15.308 registrazioni nel 2022, seguita da Giappone (15.052) e Corea del Sud (10.408). L’UE figura invece in ultima posizione anche in questo comparto, con 4.004 brevetti nel 2022, e presenta nell’ultimo quinquennio un andamento in lieve calo.

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GLI EFFETTI DEL CHIPS ACT E LE PROSPETTIVE FUTURE

Tutti i dati mostrati in questo articolo mostrano la deficitaria posizione europea in ambito semiconduttori. Per affermarsi in un mercato così strategico e in cui si sta già svolgendo un’aspra competizione, l’Unione deve attuare iniziative concrete e il Chips Act a due anni dal suo rilascio non sembrerebbe rispondere a quest’esigenza. I passi avanti dell’Europa in questo settore sono infatti minimi e in prevalenza dovuti all’impegno dei singoli stati, come la Germania, che hanno investito singolarmente ingenti risorse per convincere le multinazionali straniere ad aprire impianti sul proprio territorio. In ogni caso non si intravedono iniziative utili alla creazione di un ecosistema integrato europeo che porti l’UE ad una quota di mercato globale del 20% entro il 2030, come definito dagli obiettivi del Chips Act. Se si considera poi che il megaprogetto da 32 miliardi di Intel per la realizzazione di un impianto in Germania è a rischio pel le difficoltà che sta vivendo la multinazionale americana, il quadro per l’UE si fa ancora più cupo. Tale scenario ha spinto l’European Semiconductor Industry Association, che riunisce i principali player europei attivi nel settore, a chiedere una revisione del Chips Act, che vista la situazione sembrerebbe più che mai necessaria. L’UE infatti non può più permettersi il lusso di perdere tempo se vuole che le proprie imprese restino al passo con i principali competitor globale, soprattutto in un contesto geopolitico che si fa sempre più teso.

Direttore Area Digitale dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nato ad Avellino nel 1990. Ha conseguito una laurea triennale in “Economia e gestione delle aziende e dei servizi sanitari” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e successivamente una laurea magistrale in “International Management” presso la LUISS Guido Carli. Al termine del percorso accademico ha frequentato un master in “Export Management & International Business” presso la business school del Sole 24 Ore.