Il cloud computing è una delle tecnologie che trainano la transizione digitale del nostro Paese. Questa infatti è una delle principali piattaforme abilitanti che permettono la diffusione di servizi pubblici all’avanguardia e lo sviluppo delle nuove tecnologie. Il cloud consente infatti ad utenti singoli, imprese e pubbliche amministrazioni, di ampliare ed efficientare la capacità di elaborare, archiviare o accedere potenzialmente a qualunque mole di dati, usufruendo di qualunque tipologia di servizi, anche estremamente avanzati, direttamente sui propri terminali. L’importanza del cloud è certificata dal fatto che la sua implementazione è stata inserita tra gli obiettivi che l’Unione Europea ha identificato per il Decennio Digitale.
Il suo ruolo chiave nello sviluppo di tutte le altre tecnologie innovative ha portato ad una dirompente crescita del mercato del “Public Cloud”, in cui infrastruttura e servizi sono messi a disposizione da parte di un provider di mercato ad un pubblico più ampio a livello globale. Secondo gli ultimi dati diffusi da Statista il valore delle vendite di servizi cloud nel mondo è più che triplicato tra il 2017 e il 2023, passando da $172,9 miliardi a $631,3 miliardi. Tale crescita dovrebbe riguardare anche l’anno in corso, in cui, secondo le stime, si toccheranno i $773,3 miliardi di valore.
LO STATO DI ADOZIONE DI IMPRESE E GLI OBIETTIVI UE
A livello europeo i tassi di adozione del cloud computing sono molto diversi tra i vari Stati Membri UE. In generale, secondo le ultime rilevazioni dell’Eurostat, il cloud computing viene utilizzato dal 45,2% delle imprese dell’Unione. In questo contesto, spicca positivamente l’Italia che si posiziona ben al di sopra della media dell’Unione, con un tasso di penetrazione pari al 61,4%, più elevato di quello fatto registrare da altre grandi economie come la Germania (47%) e la Francia (26,8%).
Interessante appare anche il confronto tra i tassi di adozione registrati dall’Eurostat e gli obiettivi fissati dal Decennio Digitale. Sebbene per alcuni Paesi UE il traguardo relativo al cloud computing, fissato ad un tasso di penetrazione del 75%, non sia così lontano, procedendo di questo passo è altamente improbabile che la gran parte degli Stati Membri riesca a superare tale soglia. Nell’ultima relazione sullo stato di avanzamento sulla Digital Decade la Commissione ha stimato infatti che nel 2030, seguendo la traiettoria attuale, l’Unione raggiungerà un tasso di adozione del cloud computing pari al 64,4%, oltre 10 punti percentuali inferiore all’obiettivo fissato. L’Italia, dal canto suo, si presenta molto più vicina all’obiettivo e, se prosegue lungo questa traiettoria positiva, appare certamente in grado di centrare gli obiettivi comunitari anche prima della fine del decennio.
IL CLOUD NELLA PA ITALIANA
Come anticipato, il cloud svolge un ruolo chiave non solo nelle aziende private ma anche nelle Pubbliche amministrazioni. Questa tecnologia è infatti fondamentale nel potenziamento dei comparti ICT degli enti pubblici e nell’offerta di servizi pubblici digitali alla cittadinanza.
Nonostante ciò, i dati di adozione relativi alle PA locali italiane sono ancora inferiori rispetto alle imprese, in particolare per quanto riguarda i comuni, ovvero l’avamposto principale che offre servizi pubblici alla cittadinanza. Osservando gli ultimi dati Istat sull’adozione del cloud computing negli enti locali italiani, pubblicati a febbraio 2024 ma relativi al 2022, i comuni risultano l’ultima amministrazione per tasso di adozione del cloud (53,6%). Positivi sono invece i dati di regioni e province, che sono raggiunte per la quasi totalità da servizi cloud.
INIZIATIVE DI MERCATO E PROSPETTIVE FUTURE
Lo sviluppo del cloud in Italia passa anche attraverso le importanti iniziative messe in campo dalle aziende private. Negli ultimi anni si sono moltiplicati gli investimenti per realizzare nuovi data center nella penisola. Ad aprire la pista è stata AWS, che ha avviato a sua cloud region italiana a Milano già nel 2020, primo passo di un piano di investimenti ben più ampio che dovrebbe raggiungere i 2 miliardi di euro entro il 2029, per un impatto stimato sul PIL nazionale pari a 3,7 miliardi.
Altra iniziativa degna di nota è quella dell’azienda italiana Aruba che lo scorso 2 ottobre ha inaugurato presso il Tecnopolo Tiburtino il primo di 5 data center che intende realizzare a Roma, per un investimento di circa 300 milioni di euro. Quest’ultima infrastruttura va ad aggiungersi al già ampio network dell’azienda che comprende il Global Cloud Data Center di Ponte San Pietro (BG) e due data center ad Arezzo.
Sulla stessa lunghezza d’onda viaggia anche ServiceNow che, nell’ottica di aumentare la propria presenza in tutta l’area EMEA, a fine ottobre lancerà due nuovi data center sul territorio italiano, uno a Milano e uno a Roma.
A puntare forte sul nostro Paese è anche Microsoft, che nei giorni scorsi ha annunciato che investirà 4,3 miliardi di euro nei prossimi due anni per espandere la sua infrastruttura di data center hyperscale cloud e di Intelligenza Artificiale. Il progetto di Microsoft non si limita allo sviluppo infrastrutturale, infatti, nel programma rientra anche l’iniziativa National Skilling Initiative, attraverso la quale la multinazionale americana punta ad erogare programmi di formazione in ambito digitale a più di 1 milione di persone in Italia entro la fine del prossimo anno.
Del potenziamento dei data center italiani hanno discusso nei giorni scorsi anche il presidente del consiglio Giorgia Meloni e il presidente e amministratore delegato di BlackRock Larry Fink. Nel corso dell’incontro è stato varato un tavolo di lavoro, coordinato dal governo italiano, che mira a trovare finanziamenti per progetti infrastrutturali strategici.