Salute, I-Com: “Più prevenzione per alleggerire la pressione economica sul Sistema Sanitario Nazionale e garantire l’equa accessibilità alle cure”

Salute, I-Com: “Più prevenzione per alleggerire la pressione economica sul Sistema Sanitario Nazionale e garantire l’equa accessibilità alle cure”

  • Presentato oggi il rapporto annuale In-Salute realizzato dall’Istituto per la Competitività.
  • Dall’indagine condotta da I-Com emerge un desiderio di rinnovamento del Servizio Sanitario Nazionale, che passa per una maggiore integrazione dei servizi digitali nella sanità, più investimenti e un incremento del personale.
  • Riguardo all’accessibilità delle cure, i tempi di attesa sono di 6 o più mesi per ricevere le prestazioni sanitarie. A questa lentezza si aggiungono l’aumento della spesa privata per la salute (in media €302,8 euro annui per farmaci) e un rapporto complesso con i medici di base, i quali si trovano però a dover gestire un numero sempre maggiore di pazienti.
  • Gli screening svolgono un ruolo fondamentale nel rendere la sanità pubblica più sostenibile ed efficiente, contribuendo ad abbattere i costi relativi agli interventi e alle terapie.
  • Le mosse per garantire un futuro sostenibile al SSN: promuovere la prevenzione e garantire equa accessibilità alle cure su tutto il territorio, sbloccare assunzioni, turnover e salari, favorire partnership strategiche tra pubblico e privato, investire nella digitalizzazione e avvicinare i cittadini attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione.

Roma, 16 ottobre 2024 – Il 70% degli italiani percepisce con grande contrarietà un eventuale superamento del Servizio Sanitario Nazionale nella sua attuale forma, pubblica e universale, nonostante continuino a gravare sull’accesso alle cure le crescenti attese (6 o più mesi), l’aumento della spesa privata in farmaci (in media, €302,8 euro annui), e la mancanza di alternative alle strutture private anche per prestazioni basilari. Forte il consenso ad una più efficace integrazione dei servizi digitali nella sanità (58%) nonché verso maggiori investimenti e un incremento del personale (95%). Nel complesso, c’è una notevole fiducia dei cittadini nella professionalità degli specialisti del servizio sanitario nazionale, così come diffusa è l’idea che sia fondamentale tornare a un sistema caratterizzato da ingenti finanziamenti, attribuendo gran parte delle problematiche attuali alle scelte politiche e alla gestione amministrativa a livello locale e nazionale. Il miglioramento della medicina territoriale, l’integrazione della componente digitale nel settore sanitario, la semplificazione nell’accesso alle cure e ai servizi di base rappresentano alcune delle direttrici di cambiamento sulle quali puntare per il futuro del SSN.

È quanto sottolinea il Rapporto annuale dell’Osservatorio In-Salute dal titolo “UN PAESE IN SALUTE. Prospettive e sfide del Sistema Sanitario Nazionale tra presente e futuro” realizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com), il think tank guidato dall’economista Stefano da Empoli con base a Roma e Bruxelles. Lo studio è stato presentato oggi a Roma nel corso di un convegno pubblico organizzato con il contribuito non condizionante di Merck, Novavax e Sanofi e in media partnership con Askanews, al quale hanno preso parte numerosi relatori tra accademici, esperti e rappresentanti delle istituzioni, della politica e del mondo delle imprese.

In particolare, I-Com ha condotto un’indagine su un campione della popolazione italiana adulta per misurare la percezione dell’accessibilità alle cure e lo stato di salute del SSN, dalla quale emerge un forte desiderio di cambiamento e un’apertura al rinnovamento da parte dei cittadini. Il 24% degli italiani non svolge alcuna attività sportiva e oltre il 41% non raggiunge le ore consigliate dall’OMS per mantenere una buona salute. La maggior parte imputa questa sedentarietà al poco tempo libero e a orari di lavoro limitanti. Allarmanti sono anche i dati relativi alla salute mentale, soprattutto tra gli under 35, tra i quali oltre uno su quattro valuta la propria salute mentale come scarsa o pessima. Riguardo all’accessibilità delle cure, risulta che circa il 45% dei cittadini aspetta 6 o più mesi per ricevere le proprie prestazioni sanitarie. A questa lentezza si aggiungono l’aumento della spesa privata per la salute (in media €302,8 euro annui per farmaci) e un rapporto complesso con i medici di base, i quali si trovano però a dover gestire un numero sempre maggiore di pazienti. Inoltre, circa il 30% degli intervistati ha dichiarato di aver dovuto rinunciare a trattamenti, con la motivazione principale, a livello nazionale, rappresentata dai tempi di attesa eccessivi (18%) e dai costi elevati di medicinali e cure (7,8%).

Le liste di attesa rappresentano il problema principale, con circa l’80% del campione che ha indicato questa come la motivazione primaria per il ricorso alla sanità privata. Il ricorso alle cure private è favorito anche da una sempre maggiore diffusione delle polizze assicurative: il 23% dei cittadini del Centro e il 15% del Nord dichiarano di avere una polizza di questo tipo. Tra le terapie per le quali si sceglie il privato spiccano le visite specialistiche, causa di ricorso a cure private per il 78% degli intervistati, e visite ambulatoriali, svolte privatamente dal 31% di essi.

“Solo attraverso un impegno congiunto di tutti gli attori coinvolti sarà possibile garantire un futuro sostenibile al Servizio Sanitario Nazionale e assicurare a tutti i cittadini il diritto a cure di qualità, accessibili e sempre più personalizzate” ha commentato il direttore Area Salute I-Com Thomas Osborn. “In quest’ottica, diventa necessario velocizzare e semplificare i processi e le strutture che rendono sempre più complesso e dispendioso l’accesso a cure preventive e screening, una tendenza, questa, che costringe i cittadini a rinunciare a visite e trattamenti, spingendoli a utilizzare il sistema sanitario solo in situazioni di emergenza o in fasi avanzate delle patologie”.

Gli screening sanitari sono una componente essenziale delle politiche di prevenzione di sanità pubblica, svolgendo un ruolo fondamentale nel promuovere la salute pubblica e nel migliorare la qualità della vita dei pazienti. È infatti tramite l’identificazione precoce di malattie come il cancro, il diabete e molte altre, che è possibile avviare interventi terapeutici tempestivi e mirati, aumentando significativamente le probabilità di successo della cura e riducendo il tasso di mortalità. Oltre ai considerevoli vantaggi sulla salute e la vita dei cittadini, gli screening, come tutte le politiche di prevenzione, svolgono un ruolo fondamentale nel rendere la sanità pubblica, e in particolare il nostro SSN, più sostenibile ed efficiente, contribuendo ad abbattere i costi evitabili relativi agli interventi e alle terapie.

Nel Rapporto il tema della diagnostica precoce e degli screening viene approfondito con 4 focus specificatamente dedicati ad alcune delle sfide che, secondo i ricercatori I-Com, più impatteranno sul SSN e sul sistema di cure italiano nel suo insieme: il ricorso alle vaccinazioni, il diabete di tipo 1, le malattie rare, e l’oncologia.

La vaccinazione è uno dei più potenti strumenti a disposizione della sanità pubblica per la prevenzione delle malattie infettive. Tuttavia, i dati rilasciati a luglio 2024 e riferiti al 2022 riportano che per il ciclo base solo cinque regioni raggiungono o superano il 95% di copertura vaccinale, obiettivo fissato dalla normativa vigente. A destare particolare preoccupazione è il recente inasprimento del virus del morbillo, che nel corso di un anno ha registrato in Italia un’impennata di casi del +7755% con oltre la metà riguardanti adolescenti o giovani adulti (di questi almeno il 79% dei casi risultava non vaccinato). Tali dati sollevano la questione di una diffusa diffidenza vaccinale nel nostro Paese: in Italia solo il 70% della popolazione ha fiducia nell’immunizzazione, uno dei valori più bassi in Europa.

Di fondamentale importanza nell’attuale contesto demografico sono anche i temi relativi al diabete di tipo 1 (DT1), una patologia cronica sempre più diffusa in particolare tra i giovani e i giovanissimi. I dati più aggiornati stimano che nel mondo ne siano affetti circa 8,75 milioni di persone, di cui 1,52 milioni di età inferiore ai 20 anni. In Italia le persone con DT1 sono circa 300.000, con una prevalenza dello 0,5% sull’intera popolazione italiana, una prevalenza dello 0,22% nei bambini in età pediatrica, e un’incidenza in costante aumento con maggior frequenza nei maschi rispetto alle femmine. Si evidenzia, inoltre, l’ISS stimi che nel nostro Paese il 25-40 % dei casi esordisce con una chetoacidosi diabetica acuta (DKA), e potenzialmente letale.

Anche il monitoraggio e la diagnosi precoce delle malattie rare rappresenta una sfida importante per il nostro Paese nell’ambito della prevenzione e soprattutto di diagnosi. Il 75% di queste patologie colpisce i bambini e il 70% si sviluppa durante l’infanzia e, a differenza di quello che si crede generalmente, l’emergere di sintomi collegati a tali patologie non è sempre prevedibile o legato a fattori genetici: il 72% è di origine genetica mentre il 28% non rientra in tale categoria. Si stima che circa 30 milioni di persone vivano con una malattia rara in Europa, di cui 2 milioni solo in Italia. Tuttavia, non è ad oggi ancora possibile affermare se le persone inserite nei registri corrispondano effettivamente a quelle affette da malattia rara presenti nella popolazione italiana. Ciò rappresenta una grave questione irrisolta, in quanto i registri dei pazienti insieme alle coorti e alle banche dati costituiscono strumenti chiave per sviluppare la ricerca clinica nel campo delle malattie rare, per migliorare la cura dei pazienti e la pianificazione sanitaria.

Il quarto focus è dedicato all’oncologia, e agli screening che in questo settore risultano essere in molti casi gli unici strumenti largamente accessibili ed efficaci per la diagnosi dei tumori in fasi preventive e curabili. Attualmente, il SSN offre tre principali screening oncologici a livello nazionale, sebbene l’efficacia di questi programmi vari notevolmente tra le diverse regioni. Secondo le ultime rilevazioni il tumore della mammella si conferma la neoplasia più frequente nelle donne, con attualmente 834.200 donne italiani viventi dopo la diagnosi e circa 56.000 nuovi casi ogni anno. Al secondo posto per diffusione tra le donne è il tumore del colon-retto, che si conferma invece terza neoplasia tra gli uomini: sono 513.500 le persone viventi dopo una diagnosi di tumore di questo tipo (di cui il 55% uomini) con circa 50.500 nuovi casi registrati nell’ultimo anno. Di grande impatto, soprattutto tra la popolazione giovanile, età in cui la popolazione è meno abituata a partecipare attivamene a programmi di screening, è invece il tumore cervicale.

La crescente attenzione alla necessità di contrastare le nuove tendenze nel campo dell’oncologia, unita alle innumerevoli nuove tecnologie e innovazioni sanitarie che offrono possibilità – o, quantomeno, prospettive – di prevenzione inimmaginabili fino a soli pochi anni fa, ha aperto un grande dibattito internazionale circa la possibilità e l’opportunità di ampliare ulteriormente le campagne di screening. Tra queste, particolare attenzione dovrebbe essere destinata alla proposta di anticipazione degli screening mammografici a 45 o 40 anni, come già avviene in alcune regioni italiane e negli USA. Significativo anche il recente aumento dell’incidenza di tumori tra gli under 40: dal 2010 al 2023 si è infatti registrato un incremento medio del 15-20% dell’incidenza di tumori tra i giovani adulti, un dato che si aggrava ulteriormente per i tumori della tiroide (+40%), del melanoma (+30%), dei testicoli (+25%), del colon e del retto (+15%) e del seno (+10%).

Oltre ai considerevoli vantaggi sulla salute e la vita dei cittadini, gli screening, come tutte le politiche di prevenzione, svolgono un ruolo fondamentale nel rendere la sanità pubblica, e in particolare il nostro SSN, più sostenibile ed efficiente, contribuendo ad abbattere i costi evitabili relativi agli interventi e alle terapie.

Lo studio evidenzia la necessità di investire nella prevenzione delle malattie croniche, nelle campagne vaccinali e di screening e nella promozione di stili di vita sani, assicurare l’equità di accesso alle cure su tutto il territorio nazionale, rafforzare il ruolo dei medici di medicina generale integrandoli nel sistema del SSN, e creare reti di assistenza territoriale più efficienti. Si rende inoltre necessario promuovere partnership strategiche tra pubblico e privato, sviluppare e diffondere strumenti digitali per migliorare l’accesso alle informazioni, la prenotazione delle visite e la gestione dei dati sanitari nonché favorire una maggiore partecipazione dei cittadini, permettendo a questi ultimi di essere informati e conoscere i giusti comportamenti utili al mantenimento di corpo e una mente sana e a un invecchiamento attivo funzionale.

 

Comunicato stampa