È iniziato lo scorso 15 ottobre alla Camera l’esame del disegno di legge AC 2026 recante “Disposizioni in materia di economia dello spazio” presentato dal Governo lo scorso 20 settembre. Si tratta di una proposta di legge molto importante che definisce la cornice normativa ed il modello di governance del settore aerospaziale in Italia, dando impulso alla crescita dell’industria spaziale italiana ed all’innovazione tecnologica e rafforzando la cooperazione internazionale.
LA SPACE ECONOMY NEL CONTESTO GLOBALE
L’economia spaziale rappresenta uno degli ambiti di sviluppo più rilevanti nell’epoca storica attuale. Il Rapporto Reti e Servizi di Nuova Generazione “CONNETTERE L’ITALIA. L’innovazione del Sistema Paese nel decennio digitale europeo” presentato da I-Com lo scorso 29 ottobre ha fornito un quadro molto articolato e dettagliato delle opportunità e delle sfide connesse alla space economy e la necessità, ineludibile visto l’enorme valore strategico dello spazio e delle sue infrastrutture, di non restare indietro sia a livello europeo che nazionale.
Secondo gli ultimi dati di Euroconsult, il valore globale dell’economia spaziale si è attestato a $509 miliardi nel 2023 e supererà i $737 miliardi entro il 2031 (+44,8% rispetto al 2023). Rispetto alle principali applicazioni, la navigazione satellitare occupa la maggior quota di mercato (56,3%) a livello globale, seguita dalla comunicazione satellitare (35%), dall’osservazione della Terra (3,9%) e da applicazioni e satelliti relativi al campo della sicurezza (3,2%). In coda (1,5%) si collocano le altre tipologie di natura commerciale.
L’Europa si colloca in terza posizione con $97 miliardi, ossia poco più del 21% del totale considerato, preceduta da Asia e Oceania con $112 miliardi (24,7%) e dal Nord America, che intercetta $151 miliardi (33,1%), mentre le altre quattro regioni considerate occupano complessivamente una quota del 20,8%.
Il valore del mercato spaziale globale nel 2023 (in $ miliardi), per regione
Nel contesto globale un ruolo sempre più rilevante è riconosciuto in capo all’ESA (European Space Agency), le cui attività vengono sostenute principalmente grazie a due tipologie di programmi: obbligatori e opzionali. Questi hanno consentito all’ESA di raggiungere i €16,9 miliardi per il periodo 2023-2027 a seguito di quanto deciso nell’ultimo Consiglio Ministeriale (CM22), registrando così un incremento del 16,6% rispetto a quanto stabilito nell’ambito del CM19.
Il dato interessante è che a primeggiare risulta la Germania seguita dalla Francia e poi dall’Italia, che contribuisce con ben €3,08 miliardi (+35%), pari al 18,2% del totale (+2,5%). Con riguardo agli ambiti a cui viene destinato il budget, la quota maggiore di risorse viene indirizzata verso il programma scientifico con oltre €3,18 miliardi (19% del totale), seguito dal trasporto spaziale (17%), mentre l’esplorazione – umana e robotica – e l’osservazione della Terra ricoprono il 16% ciascuno. In coda si collocano gli investimenti sul fronte commerciale (€118 milioni), rispetto ai quali non era stata individuata una voce ad hoc nel corso del CM19, il che indica la chiara volontà dell’ESA per gli anni a venire di puntare sulla parte commerciale dello spazio.
Budget ESA 2023-2027, per Paese contribuente e ambito (in € milioni)
I PUNTI SALIENTI DEL DDL SPAZIO
Nello specifico, il disegno di legge disegna un quadro normativo per le attività spaziali private mediante un articolato composto 31 articoli divisi in quattro titoli che disciplinano l’esercizio delle attività spaziali da parte di operatori nel territorio italiano, o da parte di operatori nazionali al di fuori del territorio italiano (artt. 3-14), declinano gli obblighi di immatricolazione degli oggetti spaziali rispetto ai quali l’Italia risulta lo Stato di lancio sulla base della Convenzione sull’immatricolazione degli oggetti lanciati nello spazio extraatmosferico siglata a New York nel 1974 (artt. 15-17), introducono un regime di responsabilità degli operatori spaziali e dello Stato italiano in conseguenza dell’esercizio di attività spaziali (artt. 18-21) e definiscono misure di promozione della space economy in sede nazionale (artt. 22-31).
Entrando nel merito delle previsioni, il ddl fornisce una definizione molto ampia sia di oggetto spaziale che di attività spaziale e definisce in maniera puntuale e con tassativa indicazione delle relative tempistiche, la procedura di rilascio dell’autorizzazione per l’esercizio di attività spaziali (al netto delle ipotesi di autorizzazione concessa da altri Stati e riconosciuta nel nostro ordinamento sulla base di trattati nazionali o sulla base di criteri di equivalenza) che vede protagonista il Presidente del Consiglio dei Ministri o l’autorità con delega alle politiche spaziali e aerospaziali all’esito di un procedimento che coinvolgerà anche l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), il Comitato interministeriale per le politiche spaziali e la ricerca aerospaziale (COMINT) e l’Autorità nazionale per la cybersicurezza (ACN). Tale procedimento sarà focalizzato, da un lato, sulla verifica del possesso in capo al richiedente dei requisiti oggettivi di idoneità tecnica che ruotano intorno alla sicurezza, la resilienza e la sostenibilità ambientale; dall’altro, sull’accertamento dei requisiti soggettivi che si focalizzano sui requisiti generali di condotta previsti dal codice dei contratti pubblici, sulle capacità professionali e tecniche, sul possesso di un’adeguata solidità finanziaria, di un contratto assicurativo a copertura dei rischi di sinistro nonché di un servizio di prevenzione delle collisioni fornito da soggetto abilitato. L’autorizzazione viene comunque negata se l’esercizio dell’attività in questione metta a rischio, anche potenziale, gli interessi essenziali della difesa, della sicurezza nazionale e della continuità delle relazioni internazionali o la protezione delle infrastrutture critiche, contrasti con gli interessi fondamentali della Repubblica o sussistano legami tra l’operatore e Stati terzi che non si conformano ai principi di democrazia o dello Stato di diritto. Puntuali disposizioni sono anche dettate per le ipotesi di modifica dell’autorizzazione per ragioni sopravvenute, sospensione o decadenza dall’autorizzazione per mancata osservanza delle prescrizioni autorizzative e trasferimento dell’attività spaziale o della proprietà dell’oggetto spaziale.
A presidio dell’osservanza del quadro descritto sono fissate sanzioni amministrative per l’omessa fornitura, da parte dell’operatore spaziale, delle informazioni e dei documenti richiesti, o per l’ostacolo all’attività di vigilanza dell’ASI, quantificate in un importo tra 150.000 e 500.000 euro. L’esercizio di attività spaziali in assenza di autorizzazione o successivamente alla sua scadenza è, invece, qualificato come reato punito con reclusione da tre a sei anni e multa da 20.000 a 50.000 euro.
Se il titolo III si occupa dell’immatricolazione disponendo l’assegnazione di un codice alfanumerico e, soprattutto, l’iscrizione nel registro pubblico nazionale di immatricolazione degli oggetti spaziali lanciati nello spazio extra-atmosferico, istituito dall’ASI sin dal 2005 fissando specifici obblighi informativi e di documentazione che l’operatore è tenuto ad assolvere nei confronti dell’ASI, il titolo IV si occupa di uno degli aspetti senza dubbio più delicati, ossia il regime di responsabilità.
Il ddl attribuisce infatti agli operatori autorizzati una responsabilità oggettiva e, dunque, l’obbligo di rispondere dei danni causati dalla propria attività, a prescindere dalla verifica della sussistenza di profili di colpa o dolo nei limiti fissati dallo stesso ddl con riguardo alle coperture assicurative (massimale non inferiore a 100 milioni di euro per sinistro).
Quanto alle misure per l’economia dello spazio, il ddl assegna alla Struttura di coordinamento del COMINT il compito di elaborare, in collaborazione con l’Agenzia e sentiti il Ministero delle imprese e del made in Italy, il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero dell’università e della ricerca, e successivamente aggiornare con cadenza biennale, il Piano nazionale per l’economia dello spazio.
Tale Piano, della durata non inferiore a 5 anni, è chiamato a contenere disposizioni programmatiche riferite a un periodo temporale tale da garantire un’efficace integrazione e sincronia con i cicli di programmazione previsti in sede europea e con i tempi di realizzazione delle missioni satellitari di interesse nazionale. Accanto al Piano Nazionale il ddl prevede il Fondo per l’economia dello spazio, con dotazione di 20 milioni per il 2024 e 35 milioni per il 2025, alimentato dai proventi derivanti dalle autorizzazioni rilasciate per l’esercizio di attività spaziali. Tali risorse saranno destinate a promuovere l’economia nazionale dello spazio, la commercializzazione delle attività ad esso dedicate, favorendo la crescita del mercato di prodotti e servizi basati sulle tecnologie spaziali e l’utilizzo delle infrastrutture spaziali nazionali.
Molto interessanti appaiono le previsioni relative ai dati, ai servizi e alle risorse delle infrastrutture spaziali nazionali di cui si prescrive l’accesso in modo equo e non discriminatorio, anche al fine di contribuire a uno sviluppo sostenibile e di sfruttare il potenziale dello spazio extra-atmosferico nella gestione delle risorse ambientali e degli effetti locali del cambiamento climatico, nella facilitazione delle telecomunicazioni e della gestione logistica e nelle attività di previsione e prevenzione dei rischi connessi con i fenomeni naturali o di origine antropica.
Allo stesso modo importante, per le finalità che persegue (garantire, in situazioni critiche o di indisponibilità delle principali dorsali di interconnessione delle reti terrestri, un instradamento alternativo e con velocità di trasmissione adeguata), è la riserva di capacità trasmissiva nazionale che attribuisce al MIMIT il potere di costituire una riserva di capacità trasmissiva nazionale attraverso comunicazioni satellitari utilizzando, al fine di garantire la massima diversificazione, sia satelliti sia costellazioni in orbita geostazionaria, media e bassa, gestiti esclusivamente da soggetti appartenenti all’Unione europea o all’Alleanza atlantica.
Rilevanti, infine, sono le disposizioni speciali in materia di appalti e sostegno per le imprese operanti nel settore della space economy, che prevedono importanti agevolazioni a favore delle piccole e medie imprese (PMI) e delle start-up innovative. Si prevede, infatti, l’obbligo di prevedere nei bandi di gara relativi ad appalti pubblici non suddivisi in lotti il subappalto obbligatorio di almeno il 10% del valore del contratto a favore di PMI e start-up innovative e si dà rilevanza, nei criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, alla quota percentuale di esecuzione che l’aggiudicatario intende affidare a start-up innovative o a piccole e medie imprese in caso di ricorso al subappalto.
CONCLUSIONI
La space economy costituisce senza alcun dubbio la nuova frontiera di sviluppo per le enormi opportunità che offre. In un contesto ad elevata crescita e competitività il nostro Paese vanta una lunga tradizione essendo stato tra i primi Paesi al mondo a lanciare e a far operare in orbita infrastrutture satellitari ed è altresì tra i membri fondatori dell’ESA (di cui, come visto, è terzo Paese contribuente), oltre a essere tra i nove Stati a livello globale che sono dotati di un’agenzia spaziale a cui è destinato un budget che supera il miliardo di dollari (più precisamente, dalla programmazione pluriennale 2021-2016 risultano in capo all’ASI – Agenzia Spaziale Italiana – circa €1,8 miliardi). Abbiamo dunque una lunga storia e grandi abilità in questo settore.
Partendo da tale consapevolezza e con la volontà di dare ordine e prospettive allo sviluppo della space economy in Italia, il ddl presentato dal Governo è sbarcato al Senato dove l’esame è appena iniziato.
Certamente non mancherà il dibattito sulle luci e le ombre dell’impianto proposto. È infatti certamente pregevole l’iniziativa di colmare il vuoto normativo che esiste a livello nazionale, così come è condivisibile l’idea di un Piano nazionale e la scelta di definire criteri soggettivi in grado di tener conto della complessità della geo-politica attuale in un ambito strategico come lo spazio e le sue infrastrutture. Parimenti apprezzabile la scelta di prevedere misure che agevolino le start up innovative e le piccole e medie imprese all’evidente fine di accelerare sull’innovazione, ma al contempo non mancano gli ambiti bisognosi di intervento. Ed infatti non vengono menzionati in alcun modo i cluster regionali dell’aerospazio e nemmeno i numerosi centri di ricerca che lavorano con le imprese, così come non viene dedicata attenzione all’utilizzo di dati e servizi spaziali da parte del settore pubblico. Si tratta invero di dati molto utili per amministrare e governare il territorio in termini di ambiente, sicurezza di strutture e infrastrutture e idrogeologica.
Ultimo, ma cruciale per importanza, il tema della risorse, che appaiono decisamente limitate per accompagnare lo sviluppo della space economy in Italia.