Nucleare decarbonizzazione
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“Nucleare come leva di decarbonizzazione. Analisi comparativa tra Italia e Francia e studio di sentiment analysis” è il titolo del Policy brief realizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com).

L’energia nucleare sta assumendo sempre di più un ruolo centrale nell’accelerazione della transizione energetica verso un uso ridotto dei combustibili fossili, garantendo sia la rapidità nell’adattamento alle variazioni della domanda energetica sia la sicurezza dell’approvvigionamento. Nel contesto attuale di crisi energetica mondiale, la sicurezza energetica ha come priorità la riduzione della dipendenza dai combustibili fossili importati. Affrontare la crisi climatica richiede una rapida e completa decarbonizzazione della produzione di elettricità e calore, al fine di raggiungere la neutralità climatica e ridurre le emissioni di gas serra entro la metà del secolo.

Con una presenza operativa in 32 paesi e una capacità complessiva di 390 gigawatt (GW) (secondo le proiezioni, questa capacità potrebbe più che raddoppiare entro il 2050, raggiungendo fino a 873 GW nello scenario migliore) l’energia nucleare contribuisce significativamente a questi obiettivi, evitando l’emissione di 1,5 gigatonnellate (Gt) di CO2 e riducendo la domanda globale di gas di 180 miliardi di metri cubi (bcm) all’anno. Sebbene la transizione energetica, che comporta l’abbandono dei combustibili fossili, sarà guidata principalmente dalle fonti eoliche e fotovoltaiche, è essenziale integrarle con risorse energetiche che possano essere gestite con facilità[1].

L’energia nucleare, in quanto seconda maggiore fonte di energia a basse emissioni dopo l’energia idroelettrica, si distingue per la sua affidabilità e il significativo potenziale di crescita. Nei paesi in cui rappresenta un elemento chiave del mix energetico, l’energia nucleare può svolgere un ruolo vitale, supportando una transizione energetica sicura e sostenibile.

Questa energia, come vedremo, presenta diversi vantaggi significativi. Innanzitutto, la produzione di elettricità attraverso la fissione nucleare non comporta emissioni di CO2 o altri inquinanti atmosferici, caratteristica che rende questa fonte energetica meno impattante sul cambiamento climatico rispetto ai combustibili fossili; sebbene l’estrazione e la raffinazione dell’uranio abbiano un loro impatto ambientale, complessivamente il nucleare risulta una tecnologia più pulita. Un ulteriore beneficio del nucleare è la sua efficienza in termini di spazio occupato: una centrale nucleare richiede un’area molto inferiore rispetto agli impianti eolici o solari per produrre la stessa quantità di energia. Questo è particolarmente vantaggioso in un contesto in cui il terreno disponibile è limitato.

Inoltre, le centrali nucleari sono in grado di produrre grandi quantità di energia grazie all’elevato contenuto energetico dell’uranio. Ad esempio, un chilogrammo di uranio può generare la stessa quantità di energia prodotta da 60 tonnellate di gas naturale, 80 tonnellate di petrolio o 120 tonnellate di carbone, con le nuove tecnologie dei reattori di quarta generazione che promettono di aumentare ulteriormente questa efficienza. La continuità nella produzione di energia è un’altra caratteristica positiva: le centrali nucleari possono funzionare a piena capacità in modo continuativo, indipendentemente dalle condizioni atmosferiche, garantendo una fonte di energia stabile e affidabile. L’uranio, infine, è estratto principalmente in paesi politicamente stabili come Canada e Australia, riducendo la dipendenza energetica da nazioni con situazioni interne più complesse.

Tuttavia, il nucleare presenta anche alcune criticità rilevanti. Prima di tutto, l’uranio non è una risorsa rinnovabile e le sue riserve sono destinate a esaurirsi nel tempo, il che potrebbe comportare un aumento dei costi e dei problemi legati alla sua estrazione. Inoltre, i costi iniziali per la costruzione di centrali nucleari sono estremamente elevati a causa della complessità delle strutture e dei rigidi requisiti di sicurezza necessari.

Altra questione delicata è quella della gestione delle scorie radioattive che rappresenta una sfida significativa: questi rifiuti devono essere confinati in aree protette per lunghi periodi di tempo, a volte millenni, per garantire che la radioattività diminuisca a livelli sicuri. Gli incidenti nucleari, benché rari, possono avere conseguenze sia per la salute umana sia per l’ambiente, e il timore di tali eventi può avere un impatto psicologico duraturo. Infine, i tempi di costruzione delle centrali nucleari sono considerevoli: in media, possono trascorrere circa sette anni prima che un nuovo impianto sia operativo, il che rende il nucleare una soluzione meno immediata per risolvere crisi energetiche urgenti e necessità di stabilità politica e investimenti a lungo termine.

Il presente studio si propone di analizzare il tema dell’energia nucleare da una prospettiva quanto più oggettiva possibile, esaminando sia i vantaggi sia i rischi associati a questa fonte energetica. L’analisi è stata condotta attraverso il confronto tra due casi studio emblematici: Italia e Francia, con lo scopo di valutare quale delle due strategie nazionali si sia dimostrata più efficiente negli ultimi decenni.

Inoltre, mediante uno studio di sentiment analysis, lo studio esplora la pubblica opinione nei confronti dell’energia nucleare nei paesi del G20, e nei due casi campione in particolare, al fine di comprendere le differenze culturali e mediatiche che hanno influenzato le rispettive scelte politiche: una maggiore diffidenza in Italia e un’accettazione più ampia in Francia. Sulla base di questo confronto, si evidenzieranno le possibili implicazioni per le politiche energetiche e le prospettive future nei rispettivi contesti nazionali.

[1] https://www.iea.org/reports/nuclear-power-and-secure-energy-transitions

 

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