Covid, 5 anni dopo. Sorveglianza, costi evitabili e l’attesa per il nuovo piano pandemico


Articolo
Thomas Osborn

Era il 20 febbraio del 2020 quando si registrò in Italia il primo tampone positivo e, tra pochi giorni, saranno passati 5 anni dall’indimenticabile 11 marzo del medesimo anno, quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiarò l’inizio della pandemia globale. Un lustro dopo, il Coronavirus è ormai nella sua fase endemica (senza tuttavia sparire) e si continua a riflettere sulle lezioni apprese in quel periodo, sui legami dei patogeni con gli ambiti della One Health e su quali precauzioni dovrebbe prendere il nostro sistema sanitario per evitare nuove eventuali emergenze. Una su tutte, l’approvazione del nuovo piano pandemico nazionale, attesa ormai da due anni.

200 MILA MORTI E 30 MILIONI DI CASI, LA CICATRICE DEL COVID IN ITALIA

Alle 21:20 del 20 febbraio 2020 la storia dell’Italia è cambiata e il Paese è entrato in un periodo tra i più stravolgenti degli ultimi decenni: dopo giorni di apprensione e di notizie provenienti dall’Asia, si registrava anche in Italia il primo caso di Covid-19. Da lì a poco sarebbe iniziata la fase più acuta della pandemia, con conseguenti fasi iniziali di caos e mancanza di informazioni precise, il successivo susseguirsi di zone rosse trasformate rapidamente nel primo lockdown e un bollettino di contagi e decessi che diventava di giorno in giorno più drammatico. L’Italia diventava così la prima nazione, dopo la Cina, ad imporre restrizioni sociali per contenere la pandemia da Covid-19 nel tentativo di rallentare l’inarrestabile corsa di questo nuovo virus, mentre sullo sfondo – o meglio dire in prima linea – il personale medico e infermieristico era alle prese con scenari mai realmente considerati o immaginabili. Già dai primi mesi si contavano infatti picchi di 4 mila pazienti in terapia intensiva e 5 mila morti a settimana, mentre a fine 2020 il numero di decessi aveva raggiunto un totale (certificato dall’ISTAT) di 78.673 in Italia.

Solo dopo 3 anni, il 5 maggio 2023, l’OMS dichiarerà ufficialmente la fine dell’emergenza sanitaria, con una conta totale di morti che supera le 7 milioni di persone. I numeri della tragedia italiana sono invece riassunti dal Ministero della Salute: dall’inizio della pandemia ad oggi si sono registrati ben 27.191.249 casi (di cui 500 mila tra gli operatori sanitari) e 197.563 morti.

L’EFFICACIA DELL’IMMUNIZZAZIONE: EVITATI 150 MILA DECESSI IN ITALIA

È innegabile che ad aver inciso in modo significativo nel rallentare il numero di decessi e di contagi, e nell’alleviare le conseguenze degli stessi, è stato il tempestivo sforzo scientifico nella ricerca dei primi vaccini anti-Covid. Dal 27 dicembre 2020, passato alla storia come “Vaccine Day”, iniziarono infatti contemporaneamente in tutti gli Stati UE (in Italia il 31 dicembre 2020) le prime iniezioni del vaccino e le calendarizzazioni per le somministrazioni di più dosi per persona. A meno di un anno dalla rilevazione del nuovo virus, milioni di cittadini europei cominciarono a ricevere il vaccino e le rispettive dosi di richiamo, contribuendo, secondo l’OMS, a salvare oltre un milione di vite in Europa dalla fine del 2020 al 2023. Nella sola Italia, le stime dell’ISS riportate anche dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, indicano che i vaccini anti-Covid hanno evitato circa 150 mila decessi nel corso del solo 2021, oltre che 8 milioni di casi, 500 mila ospedalizzazioni e 55 mila ricoveri in terapia intensiva.

Non a caso, tra i Paesi in cui sono stati registrati più decessi in rapporto alla popolazione si trovano il Perù (660 decessi per 100 mila abitanti) e numerosi Paesi dell’Europa dell’est (come Bulgaria, Ungheria e Romania), dove anche i tassi di copertura vaccinale erano tra i più bassi a livello globale.

Fig.1: Persone vaccinate ogni 1.000 abitanti in Europa (fino al 2023). Fonte: I-Com (2024) su dati OMS.

LA CAMPAGNA VACCINALE ITALIANA È TRA LE PIÙ RIUSCITE AL MONDO

Tra le campagne vaccinali anti Covid-19 largamente riconosciute tra le più efficaci e meglio riuscite, numerosi osservatori ed esperti indicano quella italiana: l’aver somministrato oltre 128 milioni di dosi di vaccino contro Covid-19 tra il dicembre 2020 e il gennaio 2022 – con l’84% degli italiani vaccinato con almeno una dose, l’80% con due dosi e il 47% con tre dosi – rimane una delle più grandi imprese del nostro Paese degli ultimi decenni. Questo è particolarmente vero se si evidenzia la tempestività con cui l’Italia, in poche settimane, ha costruito un modello organizzativo che ha previsto sistemi di prioritizzazione per soggetti fragili e anziani e ha consentito la copertura l’intero territorio nazionale in tutte le sue particolarità morfologiche, geografiche e sociali.

L’efficacia della campagna vaccinale italiana durante la fase pandemica del virus si osserva, in termini di cittadini immunizzati, anche dal confronto con l’andamento delle vaccinazioni anti Covid-19 in altri paesi europei. Ad esempio, rispetto a Francia, Germania, e Spagna, il dato italiano relativo al numero di persone vaccinate è considerevolmente superiore. Difatti, l’Italia non solo ha raggiunto una copertura dell’80% della popolazione già dalla fine del 2021 (come anche la Spagna), ma ha poi ulteriormente rafforzato tale valore per tutto il 2022 e il 2023, staccando di oltre il 5% gli altri paesi presi a confronto.

Tale efficacia è stata resa possibile anche dall’implementazione di eccezionali nuovi sistemi tecnologici e digitali, che hanno permesso di ottimizzare le operazioni tanto per i singoli cittadini quanto per l’intera catena di montaggio del SSN, consentendo meccanismi di prenotazione online ma anche il monitoraggio nazionale in tempo reale, e dal rafforzamento del ruolo delle farmacie, diventate con il Covid non solo luogo di somministrazione ma anche presidio di prossimità e fiducia nei mesi di crisi.

Fig. 2: Andamento della campagna vaccinale in Italia fino al 24/09/23 e sovrapposizione con il tasso di decessi. Fonte: “Difendersi per Risparmiare”, I-Com (2024).

L’ITALIA NELLA FASE ENDEMICA: 10 MILA DECESSI, RISCHI PER GLI ANZIANI E OLTRE UN MILIARDO DI COSTI DOVUTI ALLA MANCATA VACCINAZIONE

Grazie agli esiti della campagna vaccinale nella fase pandemica del virus, e grazie alle misure preventive essenziali per proteggere la popolazione più fragile, la diffusione del virus è stata fortemente rallentata, consentendo il passaggio da una fase emergenziale del Virus a una endemica. Tra le altre cose, la contrazione del Covid in questo contesto non implica l’obbligo di isolamento né altre restrizioni, e anche il vaccino non è più obbligatorio, ma soltanto raccomandato per fasce specifiche della popolazione.

Tuttavia, il Covid-19 non è completamente debellato. Negli ultimi mesi le varianti si sono moltiplicate e complicate, e l’aggressività del virus continua a causare un numero ingente di casi, ma anche di decessi: in Italia, i giorni di ricovero per Covid nel corso del 2023 sono stati 1,2 milioni, molti dei quali riconducibili a persone non vaccinate, e i decessi oltre 10 mila.

Sebbene questi dati pongano il Covid al pari della tradizionale influenza stagionale per virilità e ripercussioni sulla popolazione, la consapevolezza pubblica del Virus e, soprattutto, i tassi di copertura vaccinale sono ben distanti da essa. Difatti, meno del 5% degli over60 italiani ha ricevuto una dose di immunizzazione nella fase endemica, dato che equivale a un decimo del dato sulla copertura antinfluenzale e che fa dell’Italia uno degli Stati UE con la più bassa copertura persino tra gli Over 80 (7%). Un recente Paper I-Com stima come tale copertura vaccinale insufficiente, e i conseguenti ricorsi alle ospedalizzazioni e alle terapie intensive, abbia portato a oltre €1,6 miliardi di costi riconducibili la mancata vaccinazione nel solo 2023. Queste cifre gravano pesantemente sulla sostenibilità del nostro SSN, e potrebbero essere fortemente contrastate anche con lievi innalzamenti della copertura vaccinale.

Per gran parte della comunità scientifica, il coronavirus rimane ancora oggi da attenzionare, in particolare nell’analisi delle sue mutazioni genetiche, per evitare che possano svilupparsi nuove situazioni di emergenza. Come previsto, infatti, il SARS-CoV-2 non ha smesso di evolvere, e la comunità scientifica ne continua a monitorare le varianti in modo da capire come si diffondono e come potrebbero potenzialmente impattare sulla salute umana. Secondo le analisi settimanali dell’ISS, per quel che riguarda l’Italia la variante attualmente prevalente è chiamata JN.1, che circola ormai da mesi e ha diverse sotto-varianti.

L’ATTESA (LUNGA) PER IL PIANO PANDEMICO: IN BOZZA MENO CENTRALITÀ DEI VACCINI E STOP AI DPCM

Al contempo, la preparazione a nuove eventuali pandemie passa anche da programmazioni nazionali e internazionali. Tuttavia, a quasi due anni dalla fine dell’emergenza Covid, l’Italia è ancora sprovvista del nuovo piano pandemico. Difatti, dopo essere stato presentato alle Regioni nel gennaio 2024, non si hanno ancora certezze su quando verranno pubblicate versioni definitive.

In vista della tanto attesa approvazione da parte della Conferenza delle Regioni, al nuovo Piano Pandemico 2025-2029 l’ultima legge di bilancio ha già stanziato le risorse necessarie (50 milioni per il 2025, 150 milioni per il 2026 e 300 milioni dal 2027). L’ultima bozza, sottoposta a recenti interrogazioni parlamentari al ministro Schillaci, stabilisce linee guida per il quadriennio 2025-2029 per la gestione di future emergenze sanitarie derivanti da diversi virus respiratori, tra cui, oltre al Coronavirus, i virus influenzali, il vaiolo delle scimmie (Monkeypox) e il virus respiratorio sinciziale (RSV).

Tra le novità più importanti, si evidenziano tuttavia diversi elementi che sembrano voler indicare una discontinuità rispetto alle misure adottate nell’emergenza Covid. In particolare, si riconosce l’uso dei vaccini ma “non come unico strumento di contrasto” e si prevedono in alcuni casi restrizioni alla libertà personale ma solo di fronte a “pandemia di carattere eccezionale” e senza il ricorso ai DPCM, ovvero solo tramite “leggi o atti aventi forza di legge” – atti legislativi notoriamente dagli iter molto lunghi e complessi.

CONCLUSIONI

A 5 anni dall’inizio della Pandemia da Covid, nonostante i drammatici dati riferiti a decessi e alle sofferenze di così tanti concittadini, non si può non evidenziare come gli anticorpi del Servizio Sanitario Nazionale avessero all’ora reagito in modo eccelso a scenari del tutto inaspettati. Va infatti riconosciuto che, sebbene il Covid abbia indubbiamente ampliato molte delle discrepanze tra territori già presenti prima della pandemia, l’Italia si è comunque distinta in quegli anni di crisi, diventano un modello per molti altri paesi. Questo è stato indubbiamente merito della grande professionalità e qualità del personale medico e infermieristico di cui il nostro Paese gode, come anche della responsabilità, della collaborazione e della coesione mostrata non solo dalla classe politica e governativa – unita, come mai, nel compiere scelte tempestive e decisive – ma anche dell’intera popolazione.

Quanto ancora il Covid circolerà tra noi, quanto muterà, e quanto ancora graverà sulle condizioni di una popolazione, come quella italiana, caratterizzata da crescente anzianità e presenza di cronicità, non è facile da prevedere. Tuttavia, è indubbio che per prepararsi al futuro occorra rafforzare gli anticorpi del sistema salute così come della popolazione, prevedendo tempestivamente Piani efficacie basati sull’evidenza scientifica, rafforzando la collaborazione internazionale e il ruolo di grandi istituzioni come l’OMS, e favorendo lo sviluppo di un ecosistema nazionale sempre più aperto alla ricerca e all’innovazione sanitaria.

Dopo la laurea triennale in Economics and Business all’Università LUISS, ha conseguito la laurea magistrale in Economics presso l’Università di Roma Tor Vergata con una tesi sperimentale in Economia del Lavoro su come l’introduzione di congedi di paternità influenzi gli esiti occupazionali ed economici delle madri.

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