L’evoluzione tecnologica e l’ampliarsi dell’offerta di servizi di telecomunicazione da parte di nuovi soggetti, in particolare gli operatori di servizi satellitari, pone al centro dell’attenzione la necessità di ripensare le politiche di gestione dello spettro radio. Questo, nella logica di trovare un equo bilanciamento tra l’esigenza di assicurare agli operatori che stanno investendo e hanno investito nelle infrastrutture un ritorno degli investimenti e la necessità di garantire certezza e prevedibilità a quanti intendano investire nel nostro Paese, oltre ad offrire nuovi servizi e tecnologie ad imprese, cittadini e pubbliche amministrazioni nell’ottica di favorire un uso complementare delle varie tecnologie che garantisca ampio accesso ai servizi digitali. Il tutto, in un contesto europeo che sempre più esorta ad un uso maggiormente armonizzato dello spettro e a politiche più uniformi.
LA GESTIONE DELLO SPETTRO NELLA VISIONE EUROPEA
La capillare disponibilità di reti di TLC fisse e mobili di ultima generazione è un must irrinunciabile per l’UE che, nell’istituire il programma strategico per il decennio digitale 2030, ha fissato obiettivi di connettività molto ambiziosi al 2030, prevedendo connettività gigabit per tutti e per tutte le zone abitate una copertura con reti senza fili ad alta velocità con prestazioni almeno equivalenti al 5G, conformemente al principio della neutralità tecnologica.
La necessità di concentrare gli sforzi ed accelerare lo sviluppo delle reti di telecomunicazione fisse e mobili è stata ampiamente dichiarata nel White Paper “How to master Europe’s digital infrastructure needs?” pubblicato dalla Commissione il 21 febbraio 2024, che ha affrontato tematiche strategiche connesse alla convergenza tecnologica tra telecomunicazioni e cloud, al ruolo critico delle infrastrutture digitali nonché alle sfide presenti e future anche relative alla cybersecurity, declinando 12 scenari suddivisi in tre pilastri (creazione di un “Hub di connettività NextGen, completamento del Mercato Unico Digitale e creazione di infrastrutture digitali sicure e resilienti per l’Europa).
Con riferimento al tema della gestione dello spettro frequenziale, il sesto scenario del pilastro relativo al completamento del Mercato Unico Digitale, esorta ad una governance più armonizzata dello spettro e a valutare soluzioni per condizioni di autorizzazione e selezione più allineate, o addirittura processi di selezione o autorizzazione unici, per le comunicazioni terrestri e satellitari e altre applicazioni innovative, secondo un approccio che sarebbe favorito anche dalle prospettive di sviluppo e dalle caratteristiche proprie delle reti satellitari che, fondandosi su un legame meno saldo col territorio, agevolerebbero un ripensamento del tradizionale approccio.
La gestione dello spettro frequenziale è stata oggetto di attenzione anche nel rapporto Draghi sul futuro della competitività europea che, nell’affrontare secondo una logica di ampio respiro il tema della competitività europea ed i rimedi da apprestare per colmare il gap rispetto a Cina e USA, si è soffermato, con riferimento alle frequenze, su tematiche legate alla sicurezza, raccomandando il rafforzamento delle considerazioni sulla sicurezza nell’approvvigionamento tecnologico, favorendo il ricorso a fornitori di fiducia dell’UE per l’assegnazione dello spettro in tutte le future gare d’appalto.
Da ultimo, lo scorso 29 gennaio è stata pubblicata dalla Commissione europea la comunicazione “A Competitiveness Compass for the EU” che, nel delineare una chiara cornice strategica per orientare i lavori della Commissione e fare in modo che l’Europa diventi il luogo in cui le tecnologie, i servizi e i prodotti puliti futuri sono inventati, fabbricati e commercializzati e, nel contempo, il primo continente a impatto climatico zero, con specifico riferimento alla diffusione dell’innovazione nell’intera economia, annuncia, tra le varie iniziative, l’adozione, nell’ultimo trimestre del 2025, di una legge sulle reti digitali (Digital Networks Act – DNA) che proporrà soluzioni per migliorare gli incentivi di mercato per la costruzione delle reti digitali del futuro, ridurre gli oneri e i costi di conformità e migliorare la connettività digitale per gli utenti finali, creando un mercato unico integrato per la connettività e una politica dello spettro dell’UE più coordinata.
LA GESTIONE DELLO SPETTRO NEL PANORAMA NAZIONALE
In un contesto europeo che esorta ad una maggiore armonizzazione, la gestione dello spettro frequenziale assume particolare rilevanza nel nostro contesto nazionale che vede ancora un forte ritardo nello sviluppo del 5G standalone ed il settore delle telecomunicazioni in una forte crisi. In particolare, in Italia la maggior parte dei diritti d’uso delle radiofrequenze assegnate per lo sviluppo delle reti wireless e dei relativi servizi fissi e mobili ad alta velocità andranno in scadenza il 31 dicembre 2029, fatta eccezione per i diritti di tipo Wireless Local Loop (WLL) nella parte inferiore della banda 26 GHz che scadono nel 2026 e quelli assegnati nel 2018 per il 5G, validi fino al 31 dicembre 2037.
Anche in risposta all’esigenza, più volte sollevata dagli operatori, di un’adeguata e tempestiva pianificazione che consenta una maggior certezza nella pianificazione degli investimenti necessari a garantire lo sviluppo di reti wireless di ultima generazione, Agcom ha condotto due consultazioni, la prima, avviata con delibera 247/24/CONS sulle misure regolamentari concernenti l’assegnazione delle frequenze radio per sistemi terrestri di comunicazioni elettroniche i cui diritti d’uso scadono il 31 dicembre 2029 (conclusasi il 31 ottobre 2024), la seconda, con delibera 21/25/CONS, sulle procedure per l’assegnazione e le regole per l’utilizzo delle frequenze disponibili nella banda 24.25-26.5 GHz (conclusasi lo scorso 13 marzo).
Si tratta di iniziative straordinariamente importanti che oltre a fornire una ricostruzione dello stato attuale delle assegnazioni, descrivono il mercato mobile come fortemente competitivo sia attraverso un approccio “infrastructure-based” (attraverso la presenza di 5 operatori infrastrutturali), che mediante modelli di tipo “service-based” fatti propri da numerosi MVNO ed evidenziano la sussistenza di una contrazione dei ricavi e di un aumento del traffico dati cui si è accompagnata una forte tendenza alla concentrazione.
Per quanto concerne la prima procedura – quella relativa alle frequenze in scadenza nel 2029 – Agcom ha espresso la necessità di definire tempestivamente le procedure amministrative per mettere a disposizione del mercato tali risorse spettrali in tempo utile a garantirne l’impiego senza soluzione di continuità rispetto all’attuale scadenza del 2029, assicurare procedure basate su principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità e in grado di garantire l’uso efficiente dello spettro, il rispetto del principio di neutralità tecnologica, la promozione di una concorrenza sostenibile e l’ampio sviluppo di servizi wireless innovativi e di adeguata qualità sul territorio nazionale, incluse le zone rurali e remote nonché le principali direttrici di trasporto, a beneficio degli utenti finali, considerare le differenti capacità trasmissive delle singole bande di frequenza e i vantaggi per l’offerta di servizi radiomobili derivanti dalla maggiore flessibilità nell’uso combinato e sinergico delle varie bande, nonché la possibilità di sviluppo di tutti i servizi previsti dallo standard 5G e in futuro 6G, considerare la situazione specifica della banda 28 GHz, che in Italia vede attivi i sistemi WLL che condividono la banda con applicazioni del servizio fisso (FS) e fisso via satellite (FSS), come previsto dal vigente PNRF, le cui condizioni tecniche di impiego dello spettro appaiono meno efficienti rispetto ad altre modalità di utilizzo con tecnologie più moderne.
Per quanto attiene le procedure da mettere in campo, Agcom, dopo aver richiamato gli strumenti previsti dal CCE e dunque l’istituto della proroga, il rinnovo e l’adozione di una procedura competitiva o comparativa, ha evidenziato come per alcune bande di frequenza e nello specifico, quelle nelle bande 900 e 1800 MHz, 2100 MHz, 3400-3600 MHz e 28 GHz, sia già stata superata la durata minima prevista dal Codice e ha proposto due diverse tipologie di approccio, uno di tipo orizzontale che da un lato preveda l’identificazione di pacchetti minimi da prorogare o rinnovare e, dall’altro, l’assegnazione dei restanti lotti di frequenze mediante procedura di gara aperta a tutti, inclusi nuovi entranti, operatori già attivi sul mercato ma non assegnatari delle specifiche frequenze in questione, nonché operatori già titolari, che avrebbero così la possibilità di incrementare i predetti layer; l’altro, di tipo verticale, che differenzi per bande l’applicazione degli strumenti previsti dal Codice.
Lo scorso 13 marzo si è chiusa anche la consultazione pubblica relativa alla banda 26 GHz avviata con delibera 21/25/CONS. Tale consultazione, in particolare, ha evidenziato la centralità della banda 26 GHz per il perseguimento degli obiettivi comunitari di sviluppo di reti ad altissima capacità e servizi innovativi, anche attraverso la diffusione del 5G e la capacità di tale banda di fornire servizi di comunicazioni elettronica di elevata capacità (ad esempio mediante il dispiegamento di small cell per densificare le reti) oppure di supportare applicazioni di tipo FWA che ambiscono a raggiungere prestazioni dell’ordine del Gbit/s in tipiche condizioni di punta del traffico, non solo in ambito rurale, o ancora per collegamenti di backhauling e ha delineato la procedura da applicare alla scadenza dei diritti d’uso prevedendo innanzitutto l’assegnazione di blocchi di frequenze a multipli di 200 MHz per complessivi 11 blocchi TDD al netto di una porzione di ampiezza pari a 50 MHz posta all’inizio della banda che si ritiene possa fungere da banda di guardia, nei confronti dei servizi in banda adiacente e di 719 MHz che sono utilizzati dalla Difesa e, dunque, risultano indisponibili. Rispetto ai 7 blocchi TDD disponibili, l’Agcom ha palesato l’intenzione, previa richiesta al MIMIT e ferma restando l’osservanza di specifici obblighi (tra cui quello di stilare un piano di riorganizzazione delle proprie utilizzazioni WLL) di prorogare tutti i diritti d’uso fino al 31 dicembre 2027 e dunque di un ulteriore anno, per poi indire un’unica procedura di assegnazione per l’uso 5G. Quanto alla tipologia di procedura, Agcom si è espressa in favore di una procedura competitiva con meccanismo di tipo aperto a round multipli simultanei ascendenti (SMRA) utilizzato per i blocchi analoghi nella parte alta della banda nel 2018, mentre rispetto alla durata, viene proposta una durata di 16 anni per i nuovi diritti d’uso della banda 26 GHz bassa, utilizzabili a partire dal 1° gennaio 2027, e 15 anni per quelli che saranno invece utilizzati a partire, al più tardi, dal 1° gennaio 2028 così da allineare la scadenza dei diritti d’uso di tutta la banda 26 GHz bassa, al medesimo termine del 31 dicembre 2041 (con possibilità di rinnovo una sola volta per massimo ulteriori 10 anni). L’Autorità propone poi l’introduzione di limiti anti-accaparramento fissando un cap di 800 MHz complessivi nell’intera banda 26 GHz (24.25 – 27.5 GHz) e di 400 MHz nella banda 26 GHz bassa.
Per quanto concerne gli obblighi, entro 24 mesi dal rilascio del diritto d’uso, o dalla disponibilità nominale delle frequenze, qualora successiva, nella banda dei 26 GHz, gli aggiudicatari saranno tenuti ad installare la rete radio a banda larga o ultra-larga e utilizzare le frequenze assegnate col relativo diritto d’uso in tutte le province italiane, geograficamente delimitate dai confini amministrativi riportati negli ultimi dati rilasciati dall’ISTAT, comprese nell’area di estensione geografica del proprio diritto d’uso e dovranno trasmettere al Ministero e all’Autorità, con cadenza annuale, fino al termine del diritto d’uso, lo stato di avanzamento concernente la realizzazione della rete radio a banda ultra-larga impiegante le frequenze aggiudicate e la fornitura del relativo servizio, documentando, in particolare, il numero e la diffusione geografica dei siti, le architetture di rete e le tecnologie implementate, incluse le interfacce API, e il riepilogo delle richieste di accesso soddisfatte.
L’Autorità ha esortato inoltre la condivisione delle frequenze in modalità “club use”, per cui ciascun aggiudicatario può utilizzare anche le frequenze dei lotti di cui non ha la titolarità, ove non utilizzati dagli altri operatori assegnatari, che mantengono comunque il diritto di prelazione sul proprio lotto fino a un limite massimo di 1 GHz complessivo, valutato in analogia e con obiettivo di non discriminazione, con quanto previsto per la banda 26 GHz alta.
Con riguardo invece ai contributi economici per i diritti d’uso delle frequenze, il valore minimo di ciascun lotto da 200 MHz viene da Agcom individuato nella misura pari al valore di base d’asta della banda dei 26 GHz di cui al bando di gara del Ministero dello sviluppo economico, pubblicato l’11 luglio 2018, eventualmente rivalutato sulla base del tasso di rivalutazione monetario, nonché rapportato alla quantità di banda, alla popolazione residente nell’area di assegnazione e alla durata del diritto d’uso.
CONCLUSIONI
Le consultazioni Agcom sono intervenute in un momento perfetto per assicurare tempistiche decisionali compatibili con l’esigenza di pianificazione degli investimenti da parte degli operatori già attivi nel contesto nazionale e dei soggetti intenzionati ad offrire nuovi servizi.
L’apprezzamento è emerso forte da parte del mercato che ha richiesto a gran voce una proroga dei diritti d’uso (in luogo di nuove procedure competitive) e la previsione di obblighi di sviluppo delle infrastrutture in luogo di oneri particolarmente gravosi. Non sono mancati rilievi tesi a sottolineare il ritardo nazionale nello sviluppo del 5G SA dovuto a numerosi fattori tra cui scarsità di risorse finanziarie (derivante da forte concorrenza ed elevati oneri per i diritti d’uso delle frequenze) e la mancanza di una domanda trainante, così come è stata evidenziata l’importanza, anche in una logica di completamento dei piani Italia a 1 Giga e BUL del Fixed Wireless Access e la necessità, espressa da vari verticali, in particolare gli operatori in ambito energetico, di assicurare la continuità dei servizi 2G e 3G, indispensabili per i dispositivi utilizzati (es. smart meter, scatole nere ed IoT in generale) onde evitare enormi costi derivanti da una dismissione anticipata degli stessi (con conseguenti ricadute economiche sugli utenti finali e/o sul sistema).
Il satellitare rappresenta senza dubbio l’elemento di grande novità nello scenario generale. Con riferimento allo sviluppo delle applicazioni satellitari, è stato manifestato apprezzamento per l’uso su base co-primaria della banda 28 GHz autorizzato dall’Autorità (pur lamentando tempistiche spesso lunghe) ed è stata evidenziata la necessità, in ossequio al principio di neutralità tecnologica, di disegnare procedure rispettose di tutte le tecnologie compresa quella satellitare che ad oggi sarebbe già in grado di coprire l’intero territorio nazionale con grande semplicità di installazione (in particolare viene enfatizzato il ruolo delle soluzioni Low Earth Orbit – LEO per le aree del paese ancora non servite da reti in fibra).
È chiaro che il momento è cruciale. Certamente è condivisibile l’istanza europea di favorire l’adozione di procedure simili in tempistiche simili nel rispetto, evidentemente, del perimetro di azione della sovranità nazionale. A livello nazionale è evidente la necessità di focalizzare il rilascio dei diritti d’uso (in qualsiasi modalità esso avvenga) sull’impegno degli assegnatari a realizzare le infrastrutture, così come è indispensabile assicurare la continuità di servizi e tecnologie importanti per garantire connettività e accesso ai servizi digitali, nonché combinare l’uso delle frequenze ed assicurare un uso efficiente dello spettro incentivando maggiormente lo spectrum sharing, nelle sue varie accezioni, promuovendo ad esempio l’utilizzo delle bande in pooling tra gli assegnatari e meccanismi quali “use-it-or-lease-it”.
Accanto a ciò non può poi sottovalutarsi, a livello di sistema paese, il più generale tema connesso alla definizione di una strategia di politica industriale che in una logica di medio periodo inizi a ragionare anche sui prossimi sviluppi tecnologici, primo tra tutti il 6G, rispetto al quale in molte parti del mondo la riflessione è già stata avviata e in parte conclusa attraverso l’allocazione della banda 6GHz.
Anche se stiamo ancora agli esordi del 5G SA è chiaro che iniziare a pensare al 6G rappresenta un’esigenza irrinunciabile per non restare indietro nel confronto europeo ed internazionale.