Riorganizzazione MISE: l’ipotesi di un Dipartimento per le Reti

L’annunciata riorganizzazione del Ministero dello Sviluppo Economico, di cui ho già scritto in questi giorni su Staffetta Quotidiana e formiche.net, preoccupa soprattutto i settori delle comunicazioni e dell’energia, non solo dentro il Ministero ma anche fuori. Per due motivi principali: il piano del Ministro si fonderebbe soprattutto sulla creazione di un megadipartimento per l’impresa, l’internazionalizzazione, l’energia e le comunicazioni, che farebbe scomparire questi ultimi due, e la capacità del Ministero di incidere nei due mercati è decisamente superiore a quella di tutti gli altri, che non sono sottoposti a una normazione cosi stringente oppure lo sono ma da altre amministrazioni (ad esempio, la farmaceutica o i trasporti). Il timore non nascosto dei tanti rappresentanti dei vari interessi che fanno capo alle comunicazioni e all’energia è che questi due settori finiscano nella nuova organizzazione ministeriale come il vaso di coccio accanto a quello di ferro, visto il core business tradizionale del Ministero e la natura tecnica delle due discipline. In poche parole, è facilmente immaginabile che in assenza di un capo dipartimento che non provenga da quei settori o abbia competenze specifiche in materia (scenario altamente probabile), si aggiunga un filtro tra vertice del Ministero e strutture competenti ovvero si perda una capacità di governance integrata.

Fin qui la parte di critica, che tuttavia da sola non è sufficiente, perché il Ministro Zanonato ha correttamente avviato la procedura di riorganizzazione sulla base di obblighi legislativi assunti alla fine della scorsa legislatura che, in base alle esigenze di spending review, lo costringono a tagliare dirigenti di prima e seconda fascia secondo un quantum prestabilito. Occorre dunque pensare a soluzioni più efficienti rispetto a quelle fin qui immaginate dal Ministro, che consentano di centrare lo stesso obiettivo. 

Qualora fosse possibile, la strada forse migliore, per non stravolgere l’assetto attuale, che tutto sommato funziona, potrebbe essere quella di mantenere gli attuali dipartimenti, tagliando il numero delle direzioni generali esistenti. Ad esempio, sulla falsariga del downsizing previsto per quelle che fanno attualmente capo al Dipartimento per le Comunicazioni, quelle relative all’energia potrebbero passare da tre a due, magari una per la fase upstream della filiera (approvvigionamento, produzione e trasporto) e una per quella downstream (distribuzione e vendita). Cosi come potrebbero essere unificate le direzioni generali per la politica commerciale internazionale e le politiche di internazionalizzazione e la promozione degli scambi, anche per assicurare maggiore organicità a quelle che dovrebbero essere due facce delle stessa medaglia. Ma anche i 4 servizi centrali previsti nell’attuale bozza potrebbero essere facilmente ridotti a 3.

In alternativa, se per diverse ragioni i tagli alle direzioni generali non si potessero fare fino al raggiungimento dei valori tabellari previsti e ci fosse un problema di una presenza eccessiva di alti dirigenti esterni, ci permettiamo di avanzare una proposta un po’ immaginifica ma non priva di fascino: un Dipartimento delle Reti, che metta insieme due settori, Comunicazioni ed Energia, che prematuramente hanno condiviso binari aziendali comuni all’apogeo della new economy ma che proprio ora vedono basi tecnologiche e regolamentari andare sempre più in una direzione di convergenza. In questo modo si eviterebbe il fagocitamento da parte di ambiti più vicini al cuore del Ministero e che richiedono minore specializzazione, dall’altra si potrebbero positivamente gettare le basi per una normativa che incoraggi la contaminazione tra i due settori, contribuendo a stimolare una dimensione finalmente concreta a concetti oggi un po’ eterei come quello di smart city o di reti intelligenti. Solo pensando a soluzioni di questo tipo, un obbligo sacrosanto ma meramente contabile può diventare un agente attivo a favore dell’innovazione e della competitività dell’Italia.

Presidente di I-Com, Istituto per la Competitività, think tank che ha fondato nel 2005, con sede a Roma e a Bruxelles (www.i-com.it). Docente di economia politica e politica economica nell’Università Roma Tre.

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