Il fenomeno delle web-serie, ossia i contenuti video seriali prodotti direttamente per il web, sta rapidamente guadagnando l’attenzione degli operatori e degli “addetti ai lavori” dell’audiovisivo, produttori, broadcaster, pubblicità.
Praticamente dal nulla, la creatività del web ha creato fenomeni da milioni di views su Youtube, come quello di Freeks! o Lost in Google in Italia, Malviviendo in Spagna, Le visiteur du Futur in Francia, Sophia’s diary nel Regno Unito. In moltissimi, forse nella quasi totalità dei casi, sono progetti partiti dal nulla, con budget all’osso in cui la voce principale è spesso l’acquisto di una Canon Mac2, in grado di sfruttare la viralità della rete, creando community affezionate e fedeli, che condividono, diffondono e spesso interagiscono perfino nella stessa scrittura degli episodi.
Le web-serie, però, sono ad un bivio: difficile restare unicamente amatoriali viste le crescenti dimensioni del fenomeno ed il costante ampliamento della platea web, persino in Italia. Sviluppare cifre significative con la pubblicità, grazie ad accordi con YouTube è molto difficile e richiede volumi di traffico impossibili anche in mercati nazionali come quelli europei. Il fundraising rimane un’utopia. Molti puntano, con qualche successo, sul product placement, ma è chiaro che le risorse verranno da altre, più consolidate fonti.
Negli USA, il mercato è stimato a 200 milioni di dollari nel 2013, e vede un forte presidio delle major e dai broadcaster, ma anche un sempre più attivo ruolo delle piattaforme web. Un recente rapporto eMarketer, secondo il quale negli USA si è arrivati a quasi 200 milioni di digital video viewers, sottolinea che Amazon Prime, Hulu Plus e Netflix si contendono gli utenti a colpi di titoli di web-serie, puntando su una sempre maggiore disponibilità a pagare da parte degli utenti per fruire di questi contenuti. Celebre è oramai il caso di House of cards (Netflix), altri esempi sono Battleground (Hulu Plus) o Alpha House (Amazon Prime).
Anche in Italia qualcosa si muove e si registrano piccoli segnali. L’iniziativa del Corriere della Sera e Rai Fiction Una mamma (im)perfetta, distribuito sul sito del Corriere (e non su YouTube…). Poco, in confronto ai movimenti che avvengono oltreoceano, ma abbastanza per capire che le cose stanno cambiando anche da noi. C’è un nuovo mercato da far crescere, talenti e creatività da coltivare e lasciare liberi di esprimersi, c’è un nuovo linguaggio da scoprire e modalità di distribuzione da esplorare, ci sono nuove opportunità di business, ma occorre comprende che tutto questo ha poco a che fare con le modalità televisivo-centriche cui siamo abituati, e richiede una forte discontinuità nelle abitudini e nell’approccio.
Un’ultima questione: le web-serie devono essere considerate dei servizi media audiovisivi? Ne riparleremo…