Occorrerà attendere ancora qualche giorno per conoscere gli esiti dell’indagine commissionata dal Ministero dei Beni e Attività Culturali e del Turismo per verificare se e quanto i consumatori italiani utilizzino effettivamente dispositivi e supporti tecnologici fissi e mobili per custodire copie private di audiovisivi e musica acquistate dai cittadini sul mercato legale. In base ai dati emersi, il Comitato permanente per il Diritto d’Autore presieduto dal Ministro Bray valuterà la congruenza delle proposte SIAE in merito alla rideterminazione dei compensi per copia privata (chi si oppone preferisce parlare di tassa) prevista come aggiornamento triennale del Decreto 30 dicembre 2009 in ossequio a norme comunitarie.
Bene ha fatto il Ministro a richiedere un supplemento di indagine prima di stabilire le nuove aliquote a carico delle società produttrici di smartphone, tablet, pc, decoder e chiavette USB. Indagine necessaria per trovare – così ha detto il Ministro – una soluzione condivisa che non penalizzi il consumatore. Le tabelle provvisorie diffuse sulla stampa che riportano aumenti fino al 500% (con entrate nelle casse della Siae fino a circa 200 milioni di euro)stanno causando infatti una alzata di scudi da parte delle associazioni dei consumatori e delle aziende high-tech preoccupate per l’effetto immediato all’insù sui prezzi provocato dall’adeguamento delle tariffe.
Ci auguriamo che la questione non si risolva – come spesso capita nel nostro Paese – a scapito del consumatore finale e che le parti in causa – grazie ad una mediazione intelligente ed equilibrata del Ministero – raggiungano un compromesso ad esempio attraverso una condivisione equa degli oneri. Soluzione che al momento non sembra realistica almeno stando al braccio di ferro in atto tra le due anime confindustriali (Cultura vs. Digitale) e ai toni tanto accesi quanto sarcastici delle posizioni in campo, vedi la sfida a colpi di blog tra l’Avvocato del Diavolo e quello del Piffero…
La vicenda legata alla remunerazione della copia privata è una delle tante spie di un sistema regolatorio che necessità di essere radicalmente riformato alla luce del nuovo habitat digitale. Pare infatti lecito interrogarsi se con il progressivo spostamento dei consumi verso lo streaming e l’on demand, questa forma di indennizzo conservi la stessa validità che aveva quando si duplicavano videocassette o si copiavano cd musicali dall’originale ad un cd vergine. Dal canto suo la Siae, per bocca del suo Presidente Gino Paoli, ha difeso l’adeguamento tariffario sostenendo che in altri Paesi come Francia e Germania le percentuali di prelievo sono decisamente più elevate. Non è tuttavia chiaro se le tariffe proposte nel documento tecnico comparativo presentato al Comitato del Ministero siano effettivamente in linea con la media europea.
In sede europea ricordiamo che è in atto un ampio confronto sulle modalità più idonee per riformare il diritto d’autore all’interno del nuovo contesto digitale naturale. Forti aspettative sono riposte nella consultazione pubblica indetta dalla Commissione europea in materia, prorogata fino alla fine di marzo 2014 e che dovrebbe sfociare in un Libro Bianco entro la fine dell’anno.
Fermo restando il diritto sacrosanto degli autori ad essere indennizzati per i mancati introiti connessi a determinate abitudini di consumo dei contenuti, riteniamo che le decisioni del Ministero debbano essere assunte in una logica di massima trasparenza ed adottate affidandosi a strumenti (indipendenti) di monitoraggio ed aggiornamento sulle modalità tecniche di distribuzione e sulle relative forme di fruizione delle opere digitali. Al contempo il governo deve moltiplicare gli sforzi per sostenere l’industria digitale – colmando colpevoli ritardi su vari fronti – senza far pesare su di essa ingiustificati oneri che rischiano di frenare i consumi e disincentivare gli investimenti in uno dei pochi comparti in grado di garantire buona occupazione nei prossimi anni.