L’avvio della fatturazione elettronica: uno stop al via?

La fatturazione elettronica, uno dei tanto esaltati volani della digitalizzazione del nostro paese sta per partire. Scatta, infatti, il prossimo sei giugno l’obbligo per la P.A. di accettare soltanto fatture compilate elettronicamente ed in conformità alla disciplina normativa vigente.

La fatturazione elettronica, insieme all’anagrafe nazionale ed all’identità digitale, rappresenta uno dei pilastri su cui si fonda la digitalizzazione della P.A. ed uno degli strumenti attraverso cui assicurare un risparmio di diversi miliardi di euro (si parla di un risparmio di 7 euro a fattura se gestita in formato elettronico e 5,2 euro per ogni singolo documento vidimato con una firma elettronica).

L’obbligo di fatturazione mediante sistemi informatizzati affonda le radici nell’ormai lontano 2007 e nel successivo decreto attuativo n. 55 adottato solo nel 2013. Ciò nonostante, con la scadenza ormai alle porte, sia gli operatori economici che la P.A. mostrano una situazione di grave e preoccupante ritardo.

Ed infatti, per poter funzionare, il sistema richiede che le imprese utilizzino i codici ufficio degli enti, ossia gli identificativi degli uffici destinatari di fatturazione che i fornitori devono necessariamente inserire nel tracciato della fattura elettronica e che indicano anche le modalità di invio della stessa, pena il rifiuto da parte del sistema di controllo centrale della fattura e, dunque, l’impossibilità per le imprese di ricevere i relativi compensi. Ebbene, ad oggi sono ancora molti i codici che ancora non sono stati inseriti nella banca dati Ipa. Tant’è che l’Agenzia per l’Italia digitale ha inserito nella banca dati IPA quasi diciannovemila uffici fittizi denominati Uff_eFatturaPA, al fine di arginare il rischio che le imprese si trovino nell’impossibilità di inviare le fatture a causa delle inadempienze delle amministrazioni con ciò rischiando anche di generare confusione sull’individuazione dei soggetti tenuti ad inserire ed aggiornare i dati.

Non solo le amministrazioni, tuttavia, mostrano una preoccupante incapacità organizzativa. Anche le imprese sono lontane dall’aver predisposto tutte le procedure necessarie alla dematerializzazione delle fatture. Su circa 2 milioni di fornitori della P.A., infatti, soltanto il 2%  è in grado di interagire sul canale MePa.

Ai ritardi sistemici si aggiunge anche la discrasia esistente tra il nostro processo che richiede una firma elettronica qualificata o digitale e la proposta di direttiva Ue relativa alla fatturazione elettronica negli appalti pubblici del giugno 2013 che, invece, disegna un modello standard europeo che dovrebbe prescindere dalla firma elettronica.

A due mesi dall’entrata in vigore dell’obbligo c’è dunque ancora molto da fare. Il rischio di piombare in una situazione di caos assoluto diventa quindi sempre più concreto ed è chiaro che per evitare di disporre una qualche proroga che segni l’ennesima chance mancata per il nostro Paese, è assolutamente necessario uno scatto degno dei migliori centometristi ed una determinazione ed una disciplina che purtroppo ancora sembra mancare.

Vicepresidente dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Giurisprudenza presso l’Università di Tor Vergata nel 2006 ha partecipato, nel 2009, al master di II Livello in “Antitrust e Regolazione dei Mercati” presso la facoltà di Economia della medesima università conseguendo il relativo titolo nel 2010, anno in cui ha conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense.

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