Per molti anni gli unici soggetti interessati allo sfruttamento delle risorse frequenziali sono stati i broadcaster. La straordinaria diffusione dei devices mobili e la conseguente necessità di disporre di una rete mobile in grado di veicolare una larghezza di banda molto superiore a quella necessaria per consentire di effettuare telefonate o inviare sms, ha determinato uno stravolgimento della situazione preesistente segnando l’entrata in scena degli operatori. Di pari passo, si sono affacciati sullo scenario anche i fornitori di servizi over the top che hanno assunto, negli anni, una posizione di assoluta rilevanza ed influenza. L’evoluzione tecnologica e la crescente importanza assunta dalle risorse frequenziali hanno determinato delle importanti opportunità anche per i governi europei che si sono assicurati ingenti entrate attraverso l’organizzazione di aste per l’aggiudicazione delle licenze per l’utilizzo delle porzioni di spettro che nel tempo si sono rese disponibili. Dopo anni in cui si è assistito a posizioni più o meno conservatrici dello status quo, sembra dunque ormai al punto di non ritorno il processo di destinazione delle risorse frequenziali all’internet mobile e, dunque, agli operatori di TLC.
Sempre più urgente, pertanto, risulta l’adozione di politiche chiare orientate ad assicurare una gestione più efficiente delle limitate e preziosissime risorse frequenziali. In tale ottica ricorrono sempre più frequentemente richiami a “spectrum review” e “licensed shared access” (LSA). Ci si riferisce, in particolare, alla tanto richiesta – ed attualmente in corso – revisione dell’attuale allocazione delle risorse frequenziali ai diversi soggetti, in un’ottica di individuazione delle porzioni di spettro sottoutilizzate o male utilizzate. Con LSA, invece, si fa riferimento alla possibilità di concludere accordi tra gli operatori aventi ad oggetto la condivisione di bande di frequenza già assegnate ma non interamente utilizzate. Su quest’ultima opportunità, tuttavia, ancora regna qualche incertezza legata al fatto che a livello europeo si parla di LSA per la banda 2,3-2,4 Ghz, che in Italia è assegnata in piccola parte alla Difesa e prevalentemente a numerosi soggetti privati con i quali non è scontato che si riesca a concludere accordi di condivisione. A ciò devono aggiungersi i timori degli operatori che riguardano sia la gestione degli eventuali rapporti contrattuali, sia le somme da dover versare per essere “ospitati”. È possibile, dunque, che nel breve periodo si continui a procedere con l’assegnazione in esclusiva ai carrier dell’internet mobile della cosiddetta banda “L” (1452-1492 Mhz) per il supplemental downlink.
Il nuovo sta avanzando a velocità sostenuta e se è vero come è vero che l’Europa – e con essa l’Italia – desidera colmare il gap che si creato con Stati Uniti ed Estremo Oriente dove la quarta generazione (LTE et.) è già un’importante realtà, è necessario scampare il pericolo di iniziative non supportate da un progetto politico chiaro e lungimirante. Il rischio da scongiurare è quello di procedere ancora una volta sull’onda di necessità contingenti mettendo a rischio non solo le sorti del settore delle TLC ma il destino dell’intera economia che essendo sempre più digitalizzata è strettamente dipendente dall’abilità dei nostri decisori politici.