Il secondo capitolo dello studio I-Com e Cittalia indaga le modalità di gestione delle problematiche connesse al governo del territorio e dell’ambiente, approfondendo la relazione esistente tra poteri pubblici, aziende e comunità locali per definire meglio gli interessi di fondo degli attori coinvolti e le motivazioni di fondo delle posizioni assunte. L’assunzione di base è che la protezione del territorio e dell’ambiente possieda un diverso valore sociale ed economico per ciascuno di questi tre soggetti, e che sia necessario predisporre un insieme di strumenti per cercare di comporre questi interessi.
Problemi di fondo
La parte della ricerca dedicata al governo del territorio definisce così un percorso di analisi delle policy esistenti per il governo territoriale, che parte da alcuni assunti teorici di seguito riassunti:
• Lo sviluppo di attività economiche e infrastrutture comporta dei costi esterni che non sono agevolmente presi in conto da meccanismi di mercato;
• La gestione del territorio, per essere ottimale, deve essere organizzata secondo una suddivisione dei poteri tra diverse entità pubbliche a più livelli, con una ripartizione sia di tipo verticale che di carattere orizzontale, e con la possibilità che la frammentazione del potere decisionale sia adoperata a fini strategici da parte di ciascuna entità coinvolta;
• Le comunità locali possono esprimere una richiesta di inclusione all’interno del processo decisionale, che può essere alla base di forme di opposizione, convenzionalmente riassunte all’interno del c.d. fenomeno NIMBY.
Questi tre processi, che tendono ad alimentarsi reciprocamente, comportano il più delle volte una ripartizione asimmetrica di costi e benefici correlati alle attività economiche sul territorio. Pertanto, è necessario comprendere come possano essere definiti e implementati, da parte degli enti di governo, appositi strumenti per il superamento delle problematiche connesse. Due sono gli strumenti su cui focalizziamo la nostra attenzione: quelli di policy e quelli economici.
Gli strumenti di policy: strumenti “attivi” e “passivi”
A vario titolo i soggetti pubblici provvedono a fissare delle limitazioni alla facoltà di inquinare, sotto forma di regolamentazione tecnica, di divieti, o di quote, cui tutti i soggetti sono tenuti a conformarsi. L’insieme di questi interventi, che possono avere forma di standard, limiti, regolamentazioni, è conosciuto come approccio di “comando e controllo”. Si tratta del primo e più diffuso tipo di interventi, che nel corso degli anni della sua implementazione ha prodotto risultati particolarmente apprezzabili, sia dal punto di vista quantitativo (riduzione delle emissioni complessive di inquinanti), che per quanto riguarda la creazione di sistemi di governance ambientale integrati e capaci di rispondere alle necessità ambientali. Nello specifico, la ricerca sugli strumenti di policy si è focalizzata su due tipologie: quelli di carattere “attivo”, in cui il soggetto pubblico ha un ruolo di pianificazione generale e di promozione dei comportamenti virtuosi, attraverso il coinvolgimento continuo dei destinatari dell’intervento. Sono parte di questa categoria sia gli strumenti generali di pianificazione (come ad es. i Piani Regolatori Generali), che quelli più specifici, come le Valutazioni Ambientali (VIA e VAS). Gli strumenti di tipo “passivo“, invece, sono identificati come quelli in cui gli enti di governo del territorio stabiliscono die requisiti e ne verificano il possesso da parte dei soggetti privati. Ne fanno parte licenze, permessi ambientali, e forme di autorizzazione più evolute, come le autorizzazioni integrate ambientali (AIA). A seguito dell’analisi della letteratura disponibile, delle risposte provenienti dai soggetti coinvolti nei casi studio, nonché dal confronto con esperienze nazionali e internazionali similari, si verifica l‘esistenza di una generale convergenza di caratteristiche tra strumenti di tipo “attivo” e “passivo”. Da un lato, l’adozione di nuove forme di permesso, che comprende elementi di maggiore flessibilità, introduce all’interno degli strumenti passivi forme di incentivazione all’innovazione e alla modifica dei processi aziendali; dall’altro, gli strumenti attivi comprendono in misura maggiore formule vincolanti per orientare i comportamenti dei soggetti interessati. Un’ulteriore similarità è inoltre nell’incentivo che entrambi gli strumenti di policy producono verso comportamenti maggiormente sostenibili. Come verificato attraverso alcuni casi studio, mentre l’evidenza relativa a un miglioramento delle condizioni ambientali attraverso l’introduzione di strumenti flessibili non è presente, in entrambi i casi si è riscontrato un miglioramento in termini di equità del processo e percezione, da parte degli attori coinvolti, dell’importanza del processo in corso e della posta in gioco.
Gli strumenti di tipo economico: la definizione delle compensazioni come forma di responsabilità delle imprese.
All’altra estremità dello spettro degli strumenti a disposizione dei soggetti pubblici per disciplinare le attività delle imprese, troviamo gli strumenti di tipo economico. Possiamo definire questi come meccanismi che, superando la presenza di costi esterni, definiscono un valore economico per il bene ambientale e creano incentivi di mercato tali da orientare il comportamento delle aziende in materia di inquinamento. Le tipologie di tali strumenti sono molteplici, comprendendo ad es. le tasse ambientali, i permessi commerciabili, i sussidi e le regole sulla responsabilità in tema di consumo di beni ambientali. Le motivazioni per l’adozione di strumenti economici da parte delle autorità pubbliche sono legate principalmente a concetti di efficienza e di gestione ottimale delle risorse scarse, nonché alla possibilità di agire con un unico strumento sia sul lato della domanda che su quello dell’offerta. L’adozione di strumenti come tasse e permessi consente di fare decidere alle singole imprese il livello ottimale di inquinamento, basandosi sulla minimizzazione dei propri costi (che variano, come ricordato, da sito a sito e da settore a settore). Inoltre, l’adozione di questi strumenti riduce i costi burocratici nell’implementazione del comando e controllo da parte degli enti pubblici.
Come empiricamente confermato da diversi studi, l’adozione di strumenti economici può portare a riduzioni di costi significative e allo stesso tempo una riduzione nei livelli di inquinamento complessivi. A un livello locale, e in misura maggiore per quanto riguarda la costruzione e sviluppo di infrastrutture, assumono un interesse particolare quegli strumenti economici che definiscono responsabilità in capo alle imprese per sostenere i costi derivanti da un danno all’ambiente, soprattutto di tipo ex-ante (attività di mitigazione ambientale e compensazione) in applicazione del principio del “chi inquina paga”. La nozione alla base della definizione di compensazioni è costituita dalla possibilità di sostituire un determinato bene ambientale (come ad es. il possesso di una risorsa naturale o di parte di suolo) attraverso la fornitura di un bene alternativo, senza ciò che comporti perdita di benessere individuale da parte dei soggetti coinvolti.
I casi studio osservati mostrano che le compensazioni sono considerate, da parte degli enti locali interpellati, come uno strumento di tipo tecnico, la cui definizione viene demandata ai livelli amministrativi dell’ente locale, e non sono generalmente comprese all’interno degli strumenti di pianificazione. Questo aspetto comporta dunque la mancata assunzione di responsabilità da parte del potere politico relativamente alla scelta dei criteri che poi orientano la definizione delle compensazioni, con conseguente minore capacità di comprendere i reali bisogni della cittadinanza e delle imprese in proposito.
Come conseguenza, si verifica che le modalità preferenziali di compensazione riguardano interventi sul tessuto socio – economico della comunità interessata da attività economiche ed infrastrutturali. Da questo punto di vista, peraltro, esiste un’esigenza da parte delle aziende ad ampliare il novero di interventi ammissibili, in maniera da intervenire in maniera più efficace sul territorio e aumentare il consenso verso le opere e le attività.