Il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi fissati dall’Agenda Digitale impone una sfida importante dal cui risultato dipende, in buona misura, lo sviluppo dell’Unione Europea nei prossimi anni. Tutti i Paesi dell’Unione – in primis quelli del Nord Europa che detengono la leadership registrando le performance migliori sia nel livello di sviluppo infrastrutturale sia nell’utilizzo di internet da parte dei cittadini/consumatori – hanno intrapreso, seppur con ritmi ed intensità diverse, un percorso di infrastrutturazione ed investimento nelle diverse tecnologie.
L’Italia continua a trovarsi in una situazione di ritardo non solo dal punto di vista infrastrutturale, ma anche in relazione al livello di cultura digitale ed alfabetizzazione informatica che risulta tra le più basse a livello europeo. L’I-Com Broadband Index (IBI) ha fotografato la situazione dell’Italia sintetizzando indicatori concernenti, da un lato, lo sviluppo delle reti e, dall’altro, il livello di maturità della domanda posizionando l’Italia al terzultimo posto nel ranking. Nonostante il basso posizionamento nella classifica europea, il nostro Paese registra, tuttavia, un’importante crescita dell’IBI che è passato da 42,4 nel 2012 a 49,1 nel 2013, trainato da un sensibile aumento del numero di abitazioni connesse alla broadband (rispetto al quale l’Italia ha registrato la performance migliore a livello europeo in termini di incremento sull’anno prima), dalla penetrazione della banda larga mobile e dalla copertura 4G. È chiaro, dunque, che per realizzare gli obiettivi dell’Agenda Digitale e stare al passo col resto d’Europa, è necessaria la progettazione e realizzazione di investimenti che assicurino la disponibilità di reti performanti ed al contempo la predisposizione di misure che stimolino e sostengano efficacemente la domanda rendendola in grado di catturare l’offerta.
Questi sono gli obiettivi che si prefiggono i Piani “Strategia italiana per la banda ultralarga” e “Strategia per la crescita digitale 2014-2020” formulati dal Governo ed attualmente sottoposti a consultazione pubblica. Il primo, in particolare, guardando allo sviluppo infrastrutturale del nostro Paese, fissa un importante obiettivo: garantire entro il 2020 una connettività a banda ultralarga (100Mbps) ad almeno l’85% della popolazione italiana per rispettare il 50% di obiettivo definito dalla Ue. Questo genere di copertura dovrà coinvolgere le sedi Pa, scuole, aree di interesse economico o ad alta concentrazione demografica, ospedali, snodi logistici o industriali. La quota restante, il 15% delle aree più remote, avrà invece una copertura a 30 Mbps. Quanto agli investimenti previsti, il documento del Governo prevede due miliardi di origine privata e sei di origine pubblica da ricondurre, in parte, a programmi europei. Al fine di garantire massima efficacia all’intervento pubblico, il Piano in questione ha suddiviso le aree di intervento in quattro modelli o cluster, che racchiudono le maggiori città italiane dove è più forte l’interesse degli operatori privati, le aree in cui pur essendo stati previsti o già realizzati investimenti privati, le condizioni di mercato non sono in grado di assicurare ritorni agli investimenti in reti ultralarghe, le aree in cui i privati potrebbero investire in reti con più di 100 Mbps solo in presenza di un sostegno statale ed infine le aree a fallimento di mercato in cui solo l’intervento pubblico può garantire alla popolazione residente un servizio di connettività a più di 30 Mbps. Dal punto di vista tecnologico si è scelto di seguire un approccio graduale che evidenzia, sì, la centralità delle soluzioni FTTH riconosciute come strumento ideale per la realizzazione di una rete a banda ultralarga “a prova di futuro” ma al contempo si è optato per l’impiego di tali soluzioni solo nelle aree a maggiore potenziale di business secondo una logica che prevede il dispiegamento, in una prima fase, della fibra nella tratta di rete primaria (Fibra fino agli armadi), per poi essere estesa nella tratta secondaria fino alla prossimità degli edifici (FTTB) ed, eventualmente, fino all’interno delle unità immobiliari (FTTH). Dal punto di vista normativo-regolamentare vengono individuati ambiti di intervento diversi tra cui rilevano, per il forte impatto che esercitano sugli investimenti degli operatori, la disciplina sui limiti elettromagnetici, da un lato, di cui si prospetta l’uniformazione agli standard europei e la disciplina per la posa della fibra, dall’altro. Quanto alla domanda, rilevato il grave ritardo accumulato dall’Italia, i documenti del Governo hanno focalizzato l’attenzione sulla necessità di accelerare lo sviluppo dello switch-off dei tradizionali canali di interlocuzione con la PA prevedendo, al contempo, una serie di misure ed incentivi per sostenere ed alimentare la richiesta di servizi digitali.
È chiara la straordinaria rilevanza di tali Piani. L’approccio generale seguito dal Governo dimostra come sia maturata la consapevolezza della necessità di agire e di farlo in maniera rapida ed efficace. Le tematiche normativo-regolamentari nevralgiche per la realizzazione della rete e lo sviluppo delle tecnologie di quarta generazione quali la disciplina relativa agli scavi e quella concernente i limiti elettromagnetici, nonché la questione della semplificazione amministrativa, hanno assunto la centralità che meritano. Allo stesso modo la suddivisione in cluster – che dovrebbe, forse, tener conto della circostanza che a volte anche nei grossi centri esistono aree ancora in una situazione di grave “sottosviluppo digitale” – senza dubbio consentirà di assicurare interventi pubblici mirati che potranno dare quel quid pluris indispensabile ad assicurare servizi di connettività a più di 30 Mbps anche nelle aree a fallimento di mercato. Anche la domanda ha ricevuto la giusta attenzione e, considerato il profondo gap che ci separa dai Paesi più maturi, non può che condividersi la scelta di apprestare forme di incentivo in grado di favorire l’utilizzo di internet e dei servizi digitali da parte di cittadini ed imprese nonché l’intenzione di accelerare il processo di switch-off della P.A. al digitale.
L’approccio espresso nei Piani appare dunque sostanzialmente condivisibile. È chiaro che serviranno sforzi importanti, che sarà necessario reperire le necessarie risorse pubbliche da destinare allo sviluppo infrastrutturale del nostro Paese, che il processo di acquisizione di conoscenze e competenze informatiche sarà lento e graduale ma è fuor di dubbio che una sterzata è indispensabile e che i Piani del Governo sembrano diretti in questa direzione.