Dal piccolo al grande schermo: Amazon spinge sui contenuti

Fresco dei due Golden Globe portati a casa per la sua serie tv più nota (Trasparent) e dell’arruolamento di Woody Allen per scrivere una fiction il cui soggetto non è ancora noto neanche al celebre regista, Amazon mette a segno un’altra mossa solo in parte sorprendente.

E’ di qualche giorno fa l’annuncio alla stampa da parte del colosso e-commerce, dell’attivazione di una linea di produzione di 12 lungometraggi all’anno che verranno distribuiti prima in sala e a seguire in esclusiva sul servizio vod Prime Instant Video.

Le opere saranno (auto)prodotte presso gli Amazon Studios con un budget che va dai 5 ai 25 milioni di dollari aprendo le porte anche alle produzioni indie. Se ne occuperà la nuova divisione, quella di Amazon Original Movies, capeggiata dal produttore Ted Hope. Alcuni addetti ai lavori hanno letto questa mossa come una adeguata risposta alle aggressive strategie di Netflix sul fronte degli investimenti in contenuti originali e in particolare alla decisione di produrre il sequel de La Tigre e il Dragone e di lanciarlo il 28 agosto 2015 in contemporanea nella sale Imax degli Usa e in streaming sulla rete. Decisione che ha destato non poche polemiche e scontri con la potente lobby degli esercenti USA.

Tornando ad Amazon, l’operazione sembrerebbe finalizzata a presidiare un pezzo ancora importante della filiera, primo canale di remunerazione e valorizzazione di un’opera cinematografica. In realtà si tratta di un nuovo segnale di rottura da parte di un OTT nei confronti del tradizionale modello di business, cui sono abituati da decenni distributori ed esercenti una parte dei quali ancora poco ricettivi rispetto alle nuove dinamiche di accesso e consumo dei contenuti audiovisivi. Da un lato infatti si riconosce ancora un ruolo importante alla sala non solo come fonte (più o meno sostanziosa) di incassi ma soprattutto per il traino che è capace di esercitare a favore dei canali successivi di sfruttamento. Dall’altro si punta ad una drastica riduzione della finestra sala, scendendo dalle canoniche delle 39-52 settimane ad appena quattro/otto per capitalizzare l’esclusività della finestra digitale on demand, garantendo “freschezza” ed appeal al prodotto, prima di approdare eventualmente sui canali pay lineari.

L’ingresso in campo di Amazon e Netflix nel segmento teathrical rappresenta quindi un nuovo tassello nella strategia di ridefinizione dell’intrattenimento globale e modernizzazione del sistema “windowing”. Si mette in discussione il modello classico delle “finestre”, esercitando nei fatti una forte pressione sui meccanismi distributivi dettata dalla progressiva espansione sui mercati internazionali e dalle nuove esigenze  della domanda.

Mentre in Europa si discute sulla opportunità di adeguare la normativa del copyright al nuovo ecosistema digitale e dell’eventuale introduzione di strumenti di armonizzazione e si inizia a discutere delle modalità per attenuare l’eccessiva rigidità della cronologia dei media, le strategie degli OTT puntano spedite ad assecondare i gusti dei consumatori proponendo nuovi modelli di business che assegnano alla sala un nuovo ruolo propulsivo, rendono sempre più redditizio il consumo digitale on demand, contribuendo a rallentare il tasso di pirateria. Un approccio che non mira tanto alla “convergenza”, quanto ad una “coesistenza” tra attori capaci di intercettare le preferenze dei pubblici in un mercato sempre più globalizzato ed affamato di cotenuti originali di qualità.

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