Il settore energetico in Italia: bene le rinnovabili, anche se peggiora la capacità di attrarre investimenti

L’Istat ha pubblicato, lo scorso mese, il nuovo Rapporto Noi Italia 2015, giunto oramai alla settima edizione. Il rapporto offre un quadro d’insieme dei diversi aspetti economici, sociali, demografici e ambientali del nostro Paese, della sua collocazione nel contesto europeo e delle differenze regionali che lo caratterizzano, ed analizza 19 settori, tra cui quello dell’energia, per il quale fornisce 3 indicatori statistici: consumi di energia elettrica, produzione di energia elettrica e consumi di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Il quadro che ne emerge mostra un mercato in contrazione, con valori sia di consumo che di produzione al di sotto delle media europea. Per quanto riguarda i consumi, il dato 2013 si attesta su un valore di 4.856 KWh per abitante, in diminuzione del 2,5% rispetto al 2012 e del 6,8% rispetto al 2011, flessione trainata principalmente dal settore industriale e da quello domestico – crescono invece i consumi nel settore terziario e, seppur marginalmente, in quello agricolo. Nella classifica europea[1] l’Italia, con un consumo pari a 4.983 KWh per abitante (circa il 10% in meno rispetto alla media europea), occupa il 17° posto, seguita da Grecia, Malta, Portogallo, Croazia ed i Paesi dell’est. Sul podio Finlandia, Svezia e Lussemburgo, con consumi all’incirca tre volte quelli italiani.

Qualche posto più in là per l’Italia, in quanto a produzione di energia elettrica, che raggiunge nel 2013 i 48,1 GWh per 10mila abitanti (-4,3% rispetto al 2012). Nel confronto europeo l’Italia, con un valore, nel 2012, di 50,3 GWh per 10mila abitanti – ben al di sotto della media europea (65,3) – si classifica 21°: peggio solo Portogallo, Polonia, Ungheria, Lettonia, Romania, Croazia e Lituania. In cima alla graduatoria sempre i Paesi nordici, con la Svezia che detiene il primato e la Finlandia che tiene il passo (175 GWh e 130 GWh per 10mila abitanti, rispettivamente).

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Il quadro complessivo mostra anche un sistema energetico che fa sempre più affidamento sulle fonti rinnovabili: queste registrano infatti un aumento del 21,5% nel mix di generazione elettrica.

L’incidenza delle rinnovabili nei consumi di energia ha raggiunto il 33,7%, in aumento di 6 p.p. rispetto al 2012, quando l’Italia risultava all’11° posto, con un’incidenza delle rinnovabili nei consumi totali pari a 27,6%, oltre 4 p.p. in più rispetto alla media europea. Il buon risultato è legato in particolare a due regioni, Trentino e Val d’Aosta, dove la generazione elettrica da fonti rinnovabili è ben superiore ai consumi. Valori significativi anche per le regioni meridionali; meno attente allo sfruttamento delle energie rinnovabili Lazio, Liguria ed Emilia Romagna.

Nonostante la crescente attenzione del Paese a sfruttare le fonti alternative di energia, pare che il Paese risulti però sempre meno attraente per gli investimenti nel settore, soprattutto a causa dell’incertezza normativa che incombe su questo settore. Ernst & Young infatti, nell’ultima edizione del Renewable Energy Country Attractiveness, ha ulteriormente declassato l’Italia, scesa dalla quinta posizione di soli due anni fa alla sedicesima, registrando un punteggio di 51,9, molto più vicino ai 40,1 della Russia, ultima classificata di 40 Paesi, che ai 75,6 della Cina prima classificata.


[1] Il confronto avviene sui dati 2012

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata all’Università Commerciale L. Bocconi in Economia, con una tesi sperimentale sull’innovazione e le determinanti della sopravvivenza delle imprese nel settore delle telecomunicazioni.

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