Il diritto all’oblio: parte seconda

Un anno fa la Corte di Giustizia Europea ha emanato una sentenza che ha segnato un punto di svolta nella storia di internet: è stato riconosciuto agli europei  il diritto a vedere cancellati sui motori di ricerca i link riguardanti informazioni personali ritenute «inadeguate o non più rilevanti». In esecuzione di tale pronuncia, Google ha iniziato a ricevere un numero importante di richieste da parte dei cittadini europei (250mila circa), molte delle quali provenienti  dai francesi (oltre 50mila di cui il 48% accolte), dai tedeschi (43mila di cui il 48,9% accolte) e dagli inglesi (32mila di cui il 37,6% accolte), molto meno dagli italiani, le cui richieste si sono fermate a 20mila, di cui accolte soltanto il 27,6%.

Ebbene, dopo un anno da questa importantissima pronuncia si riaccende il dibattito sulla competenza territoriale della rimozione dei link e, in particolare, sull’efficacia territoriale della sentenza in questione. La domanda a cui bisogna dare una risposta è questa: Google (così come gli altri motori di ricerca) è obbligato, in virtù della decisione della Corte di Giustizia Europea ad eliminare i link soltanto dalle versioni europee del motore di ricerca oppure è tenuto ad un’eliminazione globale?

Sul punto i regolatori europei hanno evidenziato come la mancata eliminazione dei link sul sito globale di fatto mini l’applicazione della sentenza considerata la semplicità di confronto delle ricerche su una data persona fatte su una delle versioni europee del motore di ricerca con quelle effettuate su google.com. L’organismo pan-europeo che riunisce i vari Garanti Privacy dell’Ue ha in particolare pubblicato un’opinione secondo cui Google dovrebbe rimuovere i link in tutto il mondo ed il capo del regolatore francese per la protezione dei dati Cnil, Isabelle Falque-Pierrotin, ha minacciato l’emanazione di una richiesta formale di compliance contro Google nel caso in cui perseveri nel non eliminare i link in tutto il mondo. I vertici di Google contestano tale approccio circoscrivendo l’efficacia della sentenza all’Europa ed evidenziando come in caso contrario si riconoscerebbe ad una sola regione del mondo il potere di fissare regole che valgono per Internet a livello globale. In questa difficile situazione c’è chi cerca soluzioni di compromesso come Johannes Caspar, capo del regolatore sulla data protection ad Amburgo, il quale ha palesato la possibilità di predisporre un sistema in cui Google usi la geolocalizzione per rimuovere i link da google.com solo per le richieste condotte dall’interno dell’Ue. In questo caso, dunque, chiunque dall’Europa cerchi di accedere a link eliminati sui motori di ricerca europei, ma presenti su quello mondiale, si vedrà preclusa questa possibilità.

È evidente che il problema esiste ed è enorme. La definizione dei limiti territoriali di efficacia di una sentenza è una questione che riguarda da sempre tutti gli ordinamenti e che viene generalmente risolta – in presenza di determinate caratteristiche – con il riconoscimento degli effetti della pronuncia anche in paesi diversi da quello di adozione. Qui però siamo di fronte ad una pronuncia adottata nell’ambito di un partenariato economico e politico, unico nel suo genere, che lega gran parte dei paesi che costituiscono il continente europeo e che va ad impattare su un ambito- quello di internet – che sembra sfuggire, per le sue peculiarità, a qualsiasi governo.

È chiaro dunque che a fronte di diverse sensibilità e differenti politiche industriali – prova ne è l’enorme differenza tra il numero di richieste di eliminazione di link provenienti dai diversi paesi Ue – il principale obiettivo da perseguire è quello della complessa, ma forse ormai irrinunciabile, adozione di un set di regole condivise a livello non più regionale, ma globale, che quantomeno sulle principali questioni legate alla tutela dei diritti degli utenti consenta finalmente di avere certezza del diritto.

Vicepresidente dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Giurisprudenza presso l’Università di Tor Vergata nel 2006 ha partecipato, nel 2009, al master di II Livello in “Antitrust e Regolazione dei Mercati” presso la facoltà di Economia della medesima università conseguendo il relativo titolo nel 2010, anno in cui ha conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense.

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